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Il 2017 spaziale: uno sguardo all’anno appena passato

Il primo stadio di CRS-8 e SES-10 atterra sulla chiatta-drone, dopo il suo secondo volo. Credit: SpaceX

Come sempre, al concludersi dell’anno tiriamo le somme di questo 2017 appena passato, andando a ripercorrere le principali tappe in ambito spaziale dell’ultimo anno. L’anno appena trascorso è stato un anno campale per le compagnie private americane, e per SpaceX in particolare. Per il resto, come previsto all’inizio dell’anno, il 2017 è stato abbastanza di transizione, ma non per questo noioso. Per noi italiani, poi, è stato anche il ritorno di un astronauta europeo di nazionalità italiana nello spazio, con la missione Vita di Paolo Nespoli, appena conclusa.

La stazione spaziale internazionale (ISS)

Come ormai succede da molti anni, la stazione spaziale internazionale è stato il principale programma spaziale con equipaggi. Come pre-annunciato nel 2016, l’agenzia spaziale russa Roscosmos ha ridotto, nel 2017 il suo impegno a causa di un budget decurtato e del fatto che la sezione russa della ISS non sia ancora completata. Questo ha significato due soli cosmonauti russi per expedition e soli tre voli di rifornimento tramite Progress, invece dei soliti quattro. Ne ha approfittato NASA che ha acquistato cinque voli sulla ISS tra il 2017 e il 2019 da Boeing, che a sua volta li aveva ricevuti dall’azienda russa Energia a rimborso di un contenzioso legale sulla società russo-americana Sea Launch. Questo ha permesso di ristabilire in alcune expedition il numero complessivo di astronauti a 6, con quattro “internazionali” (americani, canadesi, europei e/o giapponesi) e due russi. NASA ha anche cercato di mantenere il numero di astronauti a 6 tramite l’estensione della missione di Peggy Whitson. Si sono anche aperte prospettive future per altre agenzie spaziali internazionali, come ad esempio il recente annuncio degli Emirati Arabi Uniti.

Una splendida immagine della Sojuz MS-02 nelle fasi finali del rientro – Credit: NASA/Bill Ingalls

L’arrivo del 2017 ha visto l’Expedition 50 a bordo della ISS, con sei membri di equipaggio: Shane Kimbrough, Peggy Whitson (NASA), Thomas Pesquet (ESA), Andrei Borisenko, Sergey Ryzhikov e Oleg Novitskiy (Roscosmos). Durante l’expedition sono state compiute ben quattro attività extraveicolari (EVA) da parte degli astronauti americani e Pesquet. Poco prima della conclusione della missione era stata annunciata l’estensione della missione di Peggy Whitson, principalmente per i motivi esposti sopra. L’Expedition si è conclusa ad aprile, con il rientro della Sojuz MS-02 di Kimbrough, Borisenko e Ryzhikov. Alcuni mesi dopo si è anche venuto a sapere che il rientro ha avuto alcuni problemi gravi, con un’inaspettata depressurizzazione della capsula, per fortuna senza conseguenze per gli astronauti.

Con il rientro della Sojuz MS-02 è cominciata ufficialmente l’Expedition 51. Tredici giorni dopo si sono uniti ai tre astronauti a bordo anche i due membri della Sojuz MS-04, il russo Fyodor Yurchikhin e l’americano Jack Fisher, riportando l’equipaggio a 5 elementi, dopo anni di equipaggi a pieno regime. Anche nell’expedition 51 gli astronauti americani a bordo hanno compiuto due EVA, di cui una non pianificata inizialmente.

L’astronauta ESA Paolo Nespoli durante l’in-flight call del 2 agosto

Il 2 giugno si è conclusa la missione Proxima dell’ESA, con il rientro di Thomas Pesquet e il suo compagno di viaggio Oleg Novitsky nella Sojuz MS-03, dando anche il via all’Expedition 52. A causa dell’estensione della missione di Peggy Whitson, la capsula era partita con tre membri di equipaggio e ritorna con soli due elementi. Il giorno dopo, un’altra missione spaziale storica veniva lanciata da Cape Canaveral: la missione di rifornimento di SpaceX, Dragon CRS-11. Si è trattato, infatti, della prima capsula di SpaceX ad essere riutilizzata per un viaggio verso la ISS, dopo aver concluso originariamente la missione Dragon CRS-4. L’equipaggio dell’expedition 52 è rimasto a tre elementi fino a fine luglio, quando è partita la Sojuz MS-05 e con lei Sergey Ryazansky (Roscosmos), Randy Bresnik (NASA) e, naturalmente, Paolo Nespoli (ESA) e la sua missione VITA. Il loro arrivo riporta l’equipaggio totale a sei elementi, con 3 astronauti americani, 1 europeo e 2 russi. Durante la breve Expedition 52 si registra soprattutto un’EVA russa, la 43esima in totale, ma la prima da oltre un anno, compiuta ovviamente dagli unici due cosmonauti russi a bordo.

Mark Vande Hei durante il collaudo del Latching End Effector. Credit: NASA

Con il rientro della Sojuz MS-04 il 3 settembre si conclude sia l’expedition 52 che la lunga missione di Peggy Whitson, che quindi rientra insieme a Yurchikhin e Fisher. L’equipaggio torna a numero pieno pochi giorni dopo con il lancio della Sojuz MS-06, in cui oltre al russo Alexander Misurkin, c’erano gli americani Mark Vande Hei e Joseph Acaba, di cui uno beneficiario dell’accordo con Boeing ed Energia per l’acquisto del seggiolino russo vacante. Oltre alla prosecuzione della missione di Paolo Nespoli, l’Expedition 53 si è distinta anche per le tre attività extraveicolari degli astronauti americani compiute ad ottobre, soprattutto per riparazioni e manutenzione del braccio robotico CanadArm-2.

Il 14 dicembre si è conclusa anche la bellissima missione di Paolo Nespoli, con il rientro a terra della Sojuz MS-05. L’Expedition 54, attualmente in orbita, è stata poi completata dai membri dell’equipaggio della Sojuz MS-07,  Scott Tingle di NASA, Anton Shkaplerov di Roscosmos e Norishige Kanai di JAXA, arrivati sulla ISS il 19 dicembre.

4 giugno 2017, la Cygnus OA-7 lascia la ISS

Come al solito, oltre agli astronauti, si sono avvicendati sula ISS anche numerosi veicoli cargo che hanno portato rifornimenti ed esperimenti scientifici, quest’anno senza alcun incidente. Ci sono stati ben sei missioni americane,  Dragon CRS-10 (febbraio-marzo), Cygnus CRS OA-7 (aprile-giugno), Dragon CRS-11 (giugno-luglio), Dragon CRS-12 (agosto-settembre), Cygnus CRS OA-8E (novembre-dicembre) e Dragon CRS-13 (dicembre-ancora sulla ISS). Come pre-annunciato lo scorso anno per via della riduzione temporanea dell’impegno russo ci sono stati solo tre lanci di capsule Progress, la MS-05 (febbraio-luglio), MS-06 (giugno-dicembre) e la MS-07 (ottobre-in orbita). Non ci sono stati lanci giapponesi, l’anno scorso, ma la prossima missione di Kounutori/HTV sarà a febbraio di quest’anno.

Non ci sono state variazioni della configurazione della ISS nell’anno passato. Non abbiamo visto arrivare il “nuovo” modulo russo Nauka, anzi è stato annunciato un ulteriore ritardo. Adesso la data più probabile del lancio sembra essere tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019. È stata invece estesa di altri 3 anni la permanenza del modulo espandibile BEAM della Bigelow Aerospace, che quindi entra a far parte a tutti gli effetti della stazione spaziale dopo l’iniziale sperimentazione.

SpaceX e le compagnie private

La Dragon CRS-12 ripresa dalla ISS – Credits: NASA/Flickr

Il 2017 è stato un anno record per SpaceX su diversi fronti. L’anno per l’azienda di Elon Musk comincia con il ritorno al lancio di un Falcon 9 per la missione Iridium NEXT-1 da Vandenberg dopo l’esplosione sulla rampa del settembre 2016. Il secondo lancio del 2017 è un’altra pietra miliare: Dragon CRS-10 viene lanciato con successo dalla storica rampa 39A del Kennedy Space Center, da cui sono partite missioni lunari e lanci dello shuttle. A fine marzo un altro successo storico: lanciato il satellite geostazionario SES-10 utilizzando un primo stadio recuperato da una precedente missione, la Dragon CRS-8 del 2016. Il primo stadio è stato poi recuperato nuovamente dopo l’atterraggio sulla chiatta-drone. Altri tre primi stadi recuperati sono poi stati lanciati e recuperati nuovamente nel 2017, per il satellite BulgariaSat-1, la missione SES-11/EchoStar 105 e il lancio di Dragon CRS-13 verso la ISS. Quest’ultimo volo aveva anche la particolarità di utilizzare una capsula Dragon già usata in precedenza, in particolare per la missione Dragon CRS-6 (2015). Una Dragon usata era stata usata per la prima volta a giugno per la missione Dragon CRS-11 (primo volo con CRS-4, 2014). Dragon CRS-13, inoltre, ha segnato il ritorno all’utilizzo della rampa di lancio SLC-40 di Cape Canaveral a oltre un anno dall’esplosione del Falcon 9 con Amos-6. Un altro attestato di fiducia importante per SpaceX è arrivato dall’aeronautica militare statunitense, che ha deciso di utilizzare un Falcon 9 per l’ennesimo lancio del mini-shuttle X-37B, avvenuto a settembre. In totale nel 2017 SpaceX ha lanciato con successo ben 18 missioni (più del 20% dei lanci orbitali avvenuti nell’anno) da tre rampe di lancio diverse. Ha inoltre recuperato tutti i primi stadi di cui ha tentato il recupero, facendone atterrare con successo 6 sulla piazzola di atterraggio LZ-1 di Cape Canaveral e 8 sulle chiatte-drone “Just read the instructions” e “Of course I still love you”. L’esordio del lanciatore Falcon Heavy, inizialmente previsto per il 2017, è invece stato rimandato alle prime settimane del 2018.

Il Dream Chaser durante l’atterraggio nel test del 2017

Come accennato nella sezione ISS, anno da record anche per il programma CRS (Commercial Resupply Services) che prevede il servizio di rifornimento per la stazione spaziale. Le due compagnie coinvolte, SpaceX e Orbital ATK, hanno effettuato ben 6 missioni, il numero più alto da quando è cominciato il servizio. In preparazione alla seconda fase del programma, che vedrà unirsi alle due aziende anche Sierra Nevada, il piccolo spazioplano Dream Chaser in versione cargo ha effettuato numerosi test durante l’anno, culminati con il secondo test di volo planato ed atterraggio. Sierra Nevada ha anche annunciato che lancerà le prime due missioni (nel 2020 e 2021) utilizzando un lanciatore Atlas V di ULA.

Nel 2017 ci siamo anche avvicinati all’esordio del Commercial Crew Program, anche se dal punto di vista pratico si è visto poco. All’inizio dell’anno la NASA ha assegnato 4 nuove missioni ciascuna a SpaceX e Boeing, portando il totale delle missioni sotto contratto a 6 per entrambe. Sia SpaceX che Boeing hanno presentato le tute spaziali che intendono utilizzare, rispettivamente, per gli equipaggi su Dragon-2 e CST-100 Starliner. Le due capsule si stanno sottoponendo a diversi test, in previsione del debutto che avverrà nel 2018, come i test sul sistema ambientale di Dragon, o il drop-test della capsula CST-100 Starliner. SpaceX ha inoltre annunciato che la Dragon-2 ammarerà tramite paracadute, invece di atterrare propulsivamente come inizialmente pianificato.

Il passeggero del recente volo di test del New Shepard, Mannequin Skywalker ripreso subito dopo l’atterraggio.

Progressi nel 2017 anche per Jeff Bezos e la sua azienda Blue Origin. Per quel che riguarda i voli suborbitali, Blue Origin ha continuato lo sviluppo del New Shepard, culminando l’anno con il primo volo suborbitale per la capsula abitata. Dopo l’annuncio nel 2016, sono continuati anche i lavori sul sistema orbitale New Glenn e sui propulsori BE-4, che equipaggeranno sia il New Glenn che il nuovo vettore di ULA, Vulcan.

Il programma spaziale cinese

È stato un anno di stallo per il programma spaziale cinese, anche se non sono mancati eventi molto importanti. Per quel che riguarda i voli con equipaggio non c’è stato nessun lancio nel 2017. La seconda stazione spaziale cinese, la Tiangong-2 è ancora in orbita e ad aprile i cinesi hanno testato per la prima volta il lancio e l’attracco di un veicolo cargo automatico, la Tianzhou-1. La capsula ha compiuto nei mesi successivi diversi test di rifornimento, distacco e ri-attracco, concludendo la sua missione a settembre con il rientro in atmosfera. Il successo di questa missione spiana la strada ai piani di costruzione della futura stazione spaziale modulare, quando i rifornimenti cargo saranno essenziali alla sopravvivenza degli equipaggi a bordo. La Tiangong-2 resta in orbita con esperimenti comandati da terra. Sempre in orbita, anche se ormai inattiva, la Tiangong-1 il cui rientro in atmosfera, probabilmente incontrollato, sembra imminente.

Tianzhou-1 ripresa da Tiangong-2 al momento del contatto. (C) CCTV

Purtroppo l’evento più importante dell’anno per il programma spaziale cinese è stato il fallimento del secondo volo del ChangZheng-5 (Lunga Marcia 5). Il nuovo lanciatore pesante cinese è al centro degli sviluppi futuri sia per quel che riguarda i voli con equipaggio, essendo il vettore che dovrà lanciare i grandi moduli abitativi della nuova stazione spaziale modulare, sia per quel che riguarda le missioni robotiche, in quanto doveva essere il lanciatore con cui lanciare Chang’e 5, la missione di recupero campioni lunari che avrebbe riportato campioni freschi del nostro satellite naturale dopo oltre 40 anni dall’ultima missione sovietica. L’inchiesta sul fallimento ha posto tutti questi programmi in stand-by e la missione di Chang’e 5 è slittata almeno al 2019. Il lancio del primo modulo della nuova stazione spaziale, Tianhe, era pianificato per il 2018 su un Lunga Marcia 5, ma nessuna nuova data è stata fornita alla luce del fallimento di luglio e quindi potrebbe slittare ulteriormente.

Orion e SLS

Un attimo prima del touch down durante il test sui paracadute di Orion. Credit: U.S. Army

Nel 2017 si è continuato a lavorare sia in NASA che in ESA per preparare la missione EM-1. La missione prevede il secondo lancio della capsula Orion, il primo con un modulo di servizio funzionante, e il debutto del lanciatore super-pesante Space Launch System (SLS). A gennaio è cominciata l’installazione del propulsore di manovra per il modulo di servizio di Orion, in costruzione a Brema per conto di ESA. Si tratta di un motore storico, in quanto era utilizzato come motore di manovra nello shuttle. I lavori di integrazione sullo European Service Module per la missione EM-1 sono proseguiti per tutto il 2017, e l’ESA ha annunciato che il modulo verrà consegnato alla NASA nell’estate del 2018. Sono inoltre cominciati anche i lavori per il secondo modulo di servizio, quello per la missione con equipaggio EM-2.

Per quel che riguarda il modulo di comando, ovvero la capsula Orion vera e propria, quella che conterrà gli astronauti, sono proseguiti i vari test sui paracadute che permetteranno l’ammaraggio. Sono stati compiuti, inoltre, i primi test sul propulsore che sarà installato sulla torre di fuga, elemento essenziale per la sicurezza degli astronauti. Tra le milestones principali sullo sviluppo della capsula Orion, c’è stata la prima accensione dei sistemi della capsula che volerà in EM-1.

Procedono invece un più a rilento i lavori su SLS, lo Space Launch System che dovrà portare Orion in orbita. Dopo una prima notizia positiva, a gennaio, con il completamento di un grande impianto per i test sugli enormi serbatoi di idrogeno liquido di SLS, le cose hanno cominciato ad andare malino: un uragano prima e un altro incidente su uno dei serbatoio di ossigeno liquido presso il sito di Michoud hanno ritardato ulteriormente i lavori. Un riesame dello stato dei lavori da parte di NASA ha stabilito un nuovo obiettivo sulla data di lancio, aggiungendo un anno di ritardo sul lancio di EM-1 che ora è fissato per il dicembre del 2019, ma che molti ritengono verrà posticipato ulteriormente al 2020.

 

L’anno dell’agenzia spaziale europea

Addestramento con gli astronauti cinesi per Samantha Cristoforetti.

Altro anno piuttosto ricco per la “nostra” agenzia spaziale europea per quel che riguarda i voli abitati. Il 2017 è cominciato con il francese Thomas Pesquet a bordo della ISS e si è concluso con il rientro di Paolo Nespoli dalla sua missione di circa 5 mesi. Sono proseguiti poi i preparativi per la missione Horizons di Alexander Gerst, che nel 2018 tornerà sulla ISS e ne assumerà anche il comando. Il 2017 era iniziato anche con l’annuncio di un nuovo astronauta europeo, Matthias Maurer. Tra gli sviluppi più interessanti c’è da segnalare l’inizio di una collaborazione con l’agenzia spaziale cinese, con la partecipazione di Maurer insieme a Samantha Cristoforetti ad un addestramento congiunto con gli astronauti cinesi.

In ambito hardware, come accennato sopra, proseguono spediti i lavori sull’European Service Module della capsula Orion. Continua, inoltre, lo sviluppo del nuovo lanciatore pesante Ariane 6, con l’inizio della produzione del prototipo destinato ai test a terra. Sono continuati anche i lavori su Vega-C, versione più potente del piccolo lanciatore europeo che dovrebbe debuttare nel 2019.  Dopo l’annuncio alla scorsa ministeriale ESA, inoltre, è ufficialmente iniziato lo sviluppo di Vega-E, ulteriore evoluzione del lanciatore leggero, e di Space Rider, un piccolo spazioplano a corpo-portante derivato dall’IXV.

A fine anno sono stati lanciati altri 4 satelliti della costellazione Galileo, il sistema di navigazione satellitare dell’Unione Europea, portando il totale a 22. Il sistema è ormai attivo da più di un anno. In futuro si pensa di utilizzare il nuovo Ariane 6 per i lanci di nuovi satelliti. Sempre per quel che riguarda le missioni dell’UE, sono continuati nel 2017 i lanci del programma Copernicus, con i satelliti di osservazione della Terra Sentinel-2B e Sentinel-5P.

In ambito di esplorazione robotica del sistema solare, non ci sono stati nuovi lanci europei nel 2017, ma l’ESA ha proseguito lo sviluppo di BepiColombo, CHEOPS, Solar Orbiter, Euclid e JUICE, oltre a contribuire alla preparazione del lancio del James Webb Space Telescope. Il Trace Gas Orbiter, della missione ExoMars 2016, ha passato il 2017 a circolarizzare la propria orbita intorno a Marte tramite aerobraking, in attesa di cominciare la missione scientifica vera e propria nel 2018. Si è conclusa con pieno successo, inoltre, la missione dimostrativa di LISA-Pathfinder, dando il via libera alla missione LISA vera e propria che verrà lanciata negli anni ’30 per studiare le onde gravitazionali.

 

Esplorazione robotica del sistema solare

Il protagonista del 2017 nel sistema solare è stata senz’altro Cassini. La sonda NASA/ASI/ESA ha concluso la sua missione più che decennale tuffandosi a settembre tra le nubi di Saturno, non prima di averci regalato momenti bellissimi con osservazioni ravvicinate dei satelliti e degli anelli del gigante gassoso.

Ricostruzione artistica dell’ultimo tuffo di Cassini nel cielo di Saturno. Credit: NASA/JPL-Caltech

È proseguita su Giove la missione della sonda Juno, anche se con qualche cambiamento di programma. La sonda ha continuato comunque ad inviare immagini straordinarie dal pianeta più grande del sistema solare. Le sonde New Horizons (diretta verso un oggetto della fascia di Kuiper), Hayabusa 2 (diretta verso l’asteroide Ryugu) e OSIRIS-REx (diretta verso l’asteroide Bennu) hanno continuato ad avvicinarsi al loro prossimo obiettivo. OSIRIS-REx ha anche compiuto a settembre un flyby della Terra con assist gravitazionale. Sono continuate, inoltre, le missioni di Lunar Reconnaissance Orbiter, Artemis, Chang’e 3 (Luna), Akatsuki (Venere), Mars Odyssey, Mars Express, Opportunity, Mars Reconnaissance Orbiter, Curiosity, MAVEN, Mars Orbiter Mission, Trace Gas Orbiter (Marte), Dawn (Cerere), Voyager 1 e 2 (sistema solare esterno).

Non ci sono stati grossi sviluppi, invece, nell’ambito del Google Lunar X-Prize. Il termine per aggiudicarsi il premio è stato esteso a fine marzo del 2018, ma al momento nessuno dei 5 team che hanno un contratto di lancio assicurato sembra essere in grado di lanciare prima del termine.

Numeri e statistiche

Il 2017 si chiude con 4 lanci orbitali manned (uno in aprile, uno in luglio, uno in settembre e uno in dicembre) e 11 persone portate in orbita. Numeri leggermente inferiori rispetto ai tre anni precedenti (5 lanci e 14 persone nel 2016, 4 lanci e 12 persone sia nel 2014 che nel 2015) a causa della decisione russa di diminuire il numero dei cosmonauti sulla ISS.

Degli 11 astronauti portati in orbita quest’anno, quindi, cinque sono americani, quattro russi, uno italiano e uno giapponese. Quattro di loro erano al primo lancio spaziale (Fisher, Vande Hei, Tingle, Kanai), tre erano al secondo lancio (Ryazansky, Bresnik, Misurkin), tre al terzo (Nespoli, Acaba, Shkaplerov) ed uno al quinto (Yurchikhin).

Grazie al prolungamento della sua terza missione spaziale, terminata il 3 settembre, Peggy Whitson è diventata l’astronauta di nazionalità americana ad aver passato più tempo in orbita (665 giorni) togliendo il primato a Jeff Williams, che lo aveva fissato l’anno precedente (534 giorni) al ritorno dalla sua quarta missione. Whitson è diventata anche la donna ad aver passato il maggior tempo in assoluto nello spazio.

L’anno appena passato ha visto il maggior numero di EVA (dieci) sulla ISS dal 2013, in cui ce ne furono 11. L’anno passato ce ne sono state appena 4. Il 2017 ha visto il lancio di 90 missioni orbitali (quattro in più dell’anno scorso), di cui 84 con successo (una in più del 2016). Per il secondo anno consecutivo, dopo alcuni anni in cui non accadeva, la maggior parte (29, di cui 18 effettuati da SpaceX) sono stati eseguiti dagli Stati Uniti, seguiti a distanza dalla Russia (20, di cui 19 con successo – contando anche i 2 lanci di un vettore Sojuz dalla Guyana Francese) e dalla Cina (18, 16 con successo). Stabile il numero di lanci con lanciatori europei (Ariane 5 e Vega) con un totale di 9 lanci, tutti coronati da successo. Seguono il Giappone (7 lanci, 6 con successo), l’India (5, 4 con successo), l’Ucraina (1 lancio da Bajkonur del lanciatore Zenit-3F) e la Nuova Zelanda (1 lancio, fallito).

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