12 novembre 2014, Philae atterrava sulla cometa 67/P CG

Rappresentazione artistica dell'atterraggio di Philae. Credit: ESA

EduINAF, il magazine di didattica e divulgazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), per celebrare il 7º anniversario dello storico atterraggio del lander europeo Philae sulla cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko, nell’ambito della missione Rosetta, lancia l’iniziativa Cattura la cometa.

In collaborazione con l’Associazione Italiana per l’Astronautica e lo Spazio (ISAA), l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA), l’Unione Astrofili Italiani (UAI) e l’associazione AstronomiAmo, l’iniziativa propone agli astrofili e agli appassionati di astronomia una serie di attività fra cui fotografare la cometa in occasione di questo mese di massima visibilità. Infatti in queste settimane l’attività di espulsione di gas, e quindi la presenza della coda, è al suo massimo a causa del passaggio al perielio di oggi 2 novembre. Inoltre il giorno di minima distanza dalla Terra avverrà proprio il 12 novembre, in coincidenza quindi con l’anniversario dell’atterraggio di Philae.

Nata come naturale seguito della missione Giotto, che nel marzo 1986 passò a 596 km dal nucleo della cometa di Halley, la missione Rosetta venne approvata dall’agenzia spaziale europea ESA nel 1985 all’interno del programma Horizon 2000, insieme ad altre notevoli missioni scientifiche quali: SOHO, XMM-Newton e il lander Huygens della sonda NASA Cassini. Obbiettivo della missione è stata la cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko, scoperta nel 1969 dagli astronomi sovietici Klim Ivanovyč Čurjumov e Svetlana Ivanovna Gerasimenko, che completa un’orbita ellittica intorno al Sole ogni 6,45 anni, muovendosi tra le orbite della Terra e Marte al perielio e appena oltre l’orbita di Giove all’afelio. La missione Rosetta ha raggiunto tutti gli obiettivi prefissati, tra cui anche alcuni primati: prima sonda a raggiungere il nucleo di una cometa, stabilirsi in orbita intorno a esso per 786 giorni e primo atterraggio morbido sulla superficie.

7 novembre 2014, Philae riprende uno dei due lunghi moduli fotovoltaici di Rosetta con la cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko sullo sfondo a circa 16 km di distanza. Credit: ESA

La preparazione al grande giorno

Dopo aver viaggiato per oltre 10 anni attaccato alla sonda madre Rosetta, lanciata il 2 marzo 2004, Philae venne risvegliato il 10 novembre per consentire almeno 24 ore di riscaldamento dei sistemi e condurre una serie di test in preparazione del rilascio e il successivo atterraggio. A differenza dei 77 risvegli precedenti operati nel corso della missione, questo 78º e più atteso non andò a buon fine, infatti dopo soli 10 minuti dall’inizio, tutte le comunicazioni si interruppero inaspettatamente. Dopo una notte di test e infruttuosi tentativi di ristabilire i contatti, il team del controllo missione optò per il classico “spegni tutto e riavvia” che, come vuole la tradizione, funziona sempre. Ristabilite le comunicazioni e scaldati i sistemi, a poche ore dall’inizio della discesa, parve evidente che qualcosa non funzionava nel sistema di pressurizzazione del propulsore a gas freddo, il cui unico compito al momento dell’atterraggio era di schiacciare al suolo il lander impedendogli un eventuale rimbalzo dovuto alla debolissima gravità della cometa (circa 1/10.000 di quella terrestre).

Philae, con le zampe di atterraggio dispiegate, ripreso da Rosetta dopo il rilascio. Credit: ESA

Ipotizzando un malfunzionamento del sensore di pressione e comunque non potendo far nulla per risolvere il problema, il controllo missione diede quindi il GO per il distacco da Rosetta, che avvenne senza problemi alle 08:35 UTC, quando la sonda si trovava a 22,5 km di distanza dalla cometa, seguito dal dispiegamento delle tre zampe di atterraggio confermato da un’immagine ripresa da Rosetta.

L’atterraggio… triplo

Lo storico atterraggio sulla cometa, nella zona prevista denominata Agilkia, avvenne dopo 7 ore di “volo” alle 15:34 UTC, alla velocità di 1 m/s, con la conferma che arrivò a Terra 28 minuti dopo. Secondo il programma al momento del contatto con il suolo dovevano avvenire contemporaneamente una serie di operazioni: sparare i due arpioni di ancoraggio posizionati sotto il corpo del lander, accendere il propulsore superiore, avviare le lunghe viti da ghiaccio delle zampe, spegnere la ruota di reazione del controllo d’assetto e iniziare a raccogliere dati e inviarli a Rosetta per la trasmissione a Terra. Man mano che i dati iniziavano ad arrivare al controllo missione, parve però subito evidente che gli arpioni erano ancora al loro posto, il propulsore non si era acceso e le viti non avevano fatto presa. La telemetria indicava inoltre che i moduli fotovoltaici venivano illuminati alternativamente e il fatto che le comunicazioni con Rosetta erano altalenanti era sintomo del fatto che Philae non era stabile sulla superficie ma era rimbalzato (alla velocità di 38 cm/s), tornando nuovamente in volo e in rotazione incontrollata.

Mosaico di immagini riprese da Rosetta che parte da 20 minuti prima dell’atterraggio e comprende anche Philae in volo 9 minuti dopo il rimbalzo. Le immagini sono state effettuate da 15,5 km di distanza. Credit: ESA

Dopo quasi 2 ore di volo, in cui Philae urtò anche il bordo di una depressione per poi raggiungere 1 km di quota; alle 17:25 il lander toccò per la seconda volta la superficie della cometa, ma purtroppo la relativamente bassa velocità dell’impatto, pari a 3 cm/s, non impedì un secondo breve rimbalzo terminato alle 17:32 quando Philae atterrò per la terza e definitiva volta.

La prima immagine ferma inviata da Philae dalla superficie, a sinistra si vede chiaramente l’estremità di una zampa di atterraggio. Credit: ESA

30 minuti dopo il definitivo atterraggio, le comunicazioni tra Philae e Rosetta si interruppero a causa dell’orbita di quest’ultima intorno alla cometa, ma quando durante la notte europea furono ristabiliti i contatti, insieme alla telemetria arrivarono anche le prime immagini dalla superficie e anche la certezza che il piccolo lander era in qualche modo rovesciato. Con 1,5 ore di luce ogni 12 ore (il periodo di rotazione della cometa) per ricaricare le batterie e solo due possibilità di contatto al giorno con Rosetta, tutti i programmi furono rapidamente ripianificati per attivare, secondo una nuova e meno energivora sequenza, gli strumenti scientifici di bordo. Nonostante tutto, dopo 48 ore l’80% degli esperimenti era stato effettuato, i dati erano già stati trasmessi a Terra e cominciava ad avvicinarsi il momento in cui le batterie si sarebbero scaricate, con conseguente spegnimento di tutti i sistemi. Intanto al controllo missione continuava ininterrotta l’analisi delle immagini ad alta risoluzione riprese da Rosetta, per riuscire a individuare l’esatta posizione di Philae.

Alle 00:36 UTC di sabato 15 novembre, dopo 56 ore dall’arrivo sulla superficie, dopo aver trasmesso a Terra tutti i preziosi dati scientifici raccolti dai 10 strumenti di bordo e infine dopo aver utilizzato le ultime energie per ruotarsi di 35° grazie al movimento delle zampe di atterraggio (esponendo alla luce una maggior superficie fotovoltaica), le batterie di Philae scesero sotto la soglia dei 20 V, ponendolo quindi in stato di ibernazione. Il tutto avvenne durante uno dei brevi momenti di collegamento con il controllo missione, che quindi fu testimone diretto dell’evento.

7 mesi dopo…

Il 13 giugno 2015, favorito dall’avvicinarsi della cometa al Sole, Philae inviò a Terra tramite la sonda Rosetta, che intanto aveva continuato la sua missione scientifica, un messaggio in cui dichiarava di aver ricaricato le batterie a 24 W, di trovarsi a −35 °C e di avere qualche migliaio di pacchetti dati arretrati da trasmettere, sintomo che negli ultimi mesi si era già risvegliato ma non aveva avuto possibilità di contatto. Nelle settimane successive avvennero altri contatti ma le comunicazioni si dimostrarono molto difficili da mantenere, sia per il problema della poca illuminazione, sia perché Rosetta, che fungeva da ripetitore, era impossibilitata ad avvicinarsi troppo alla cometa a causa del graduale risveglio della sua attività di espulsione di gas.

L’ultima comunicazione di Philae venne ricevuta il 9 luglio successivo e nei mesi seguenti ogni tentativo di comunicazione non ebbe risposta. Il 27 luglio 2016, quindi a più di un anno dall’ultimo contatto, venne spenta l’unità di comunicazione a bordo di Rosetta che fungeva da interfaccia con Philae, dichiarando quindi definitivamente conclusa la missione del lander.

Intanto, con la cometa che in agosto aveva superato il punto di massimo avvicinamento al Sole e che quindi si stava nuovamente allontanando, anche la missione di Rosetta stava per concludersi, ma non prima di aver finalmente individuato Philae sulla superficie.

Immagine zoomata, con annotazioni, del lander Philae nella sua destinazione finale. Credits: ESA

Il 2 settembre 2016 infatti, grazie alla camera OSIRIS di Rosetta che intanto si era avvicinata a 2,7 km dalla cometa, il lander integro fu individuato infilato sotto una sporgenza, girato su un lato e con due delle tre zampe ben visibili illuminate dalla luce. Negli ultimi mesi ESA aveva investito molte energie per individuare la posizione esatta in cui Philae avrebbe passato il resto della sua esistenza, salvo la remota possibilità di essere sparato nello spazio da un getto di gas della cometa.

Il turno di Rosetta

Al fine di ottenere il massimo ritorno scientifico e avendo valutato tutti i fattori in gioco, già nel novembre 2015 venne deciso che la missione di Rosetta si sarebbe conclusa con un atterraggio più o meno controllato sulla cometa. Grazie all’esperienza di Philae ogni dettaglio venne preparato minuziosamente, compresi anche eventuali imprevisti e il 30 settembre 2016 alle 10:38 UTC, avvenne infine l’impatto controllato con la superficie alla velocità di 89 cm/s, quindi poco inferiore a quella di Philae. In seguito all’impatto il computer di bordo spense definitivamente il trasmettitore radio, in accordo con quanto prescritto dalle regole dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni dell’ONU, ponendo fine alla storica missione.

Composizione di immagini riprese dalla camera OSIRIS di Rosetta durante le ore della sua discesa finale verso la superficie della cometa. Credit: ESA

Questa affascinante missione nei suoi 12 anni di durata e che ha catturato l’interesse di tutta la redazione sin dai nostri esordi, ha prodotto ben 100.000 immagini e oltre 220 GB di dati che, sono stati, e continuano a essere utilizzati in oltre 1000 studi scientifici da ricercatori di tutto il mondo.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.