XMM e NuStar artefici di una nuova scoperta sui buchi neri

Rappresentazioni delle deboli emissioni curvate e riflesse dal disco di accrescimento. Credits: Dan Wilikins et al.

Grazie ai telescopi spaziali ESA XMM-Newton e NASA NuStar, per la prima volta sono stati rilevati raggi X provenienti dal lato a noi nascosto di un buco nero.

Un team internazionale guidato da Dan Wilkins della Stanford University in California, ha recentemente pubblicato sulla rivista Nature uno studio che dimostra come i raggi X emessi dalla corona di un buco nero vengono riflessi, oltre che dal lato del disco di accrescimento a noi visibile, anche come deboli eco provenienti dal lato nascosto.

La scoperta è avvenuta osservando il buco nero supermassiccio che si trova al centro della galassia I Zwicky 1, distante 870 milioni di anni luce dalla Terra e di massa pari a 10 milioni di volte il nostro Sole, utilizzando simultaneamente per 5 giorni (11–16 gennaio 2020) il telescopio spaziale europeo XMM-Newton e la sua controparte statunitense NuStar. Entrambi i telescopi osservano il cosmo in banda X, ma mentre XMM-Newton opera nel campo inferiore rilevando radiazioni con energia compresa tra 0,1 e 10 keV, NuStar opera al limite superiore rilevando radiazioni comprese tra 3 e 79 keV.

Rappresentazione dei campi di operatività in banda X dei due telescopi. Credits: Caltech/JPL

La scoperta è avvenuta abbastanza fortuitamente mentre veniva investigata la corona del buco nero, un elemento ancora misterioso che si ipotizza essere composta da elettroni generati dalla materia che cade all’interno del nucleo. La corona del buco nero di I Zwicky 1 è estremamente variabile, può raggiungere un’altezza di 60 milioni di chilometri ed emettere lampi di raggi X visibili per oltre due ore. Il buco nero è però anche circondato radialmente dal cosiddetto disco di accrescimento, formato da materia gassosa che costantemente viene inghiottita dal nucleo.

Rappresentazione della corona sovrastante un buco nero e del disco di accrescimento circostante. Credit ESA

La regione del disco di accrescimento più vicina all’orizzonte degli eventi, il limite oltre cui nulla può sfuggire, è fortemente irradiata dai raggi X emessi dalla corona, che in parte vengono riflessi verso l’esterno. Analizzando la linea spettrale K del ferro, i due telescopi spaziali hanno per la prima volta rilevato deboli emissioni di raggi X emergere mentre svaniscono quelle più forti riflesse dal disco. La comparsa di queste deboli emissioni è quindi stata associata a raggi X provenienti dal lato inferiore del disco di accrescimento, invisibile ai telescopi, che grazie all’estrema deformazione dello spazio causata dall’immensa gravità del buco nero, vengono curvati e riverberati come deboli eco, osservabili con un certo ritardo dal lato a noi visibile.

La stella rappresenta un’emissione a raggi X generata nella corona e direttamente visibile dall’osservatore. Le linee rosse rappresentano i raggi X che illuminano il disco di accrescimento. La linea blu A rappresenta un raggio riflesso direttamente dal disco, mentre la linea B rappresenta un raggio curvato dalla gravità proveniente dal lato inferiore del disco. Credits: Dan Wilikins et al.

La scoperta, oltre che aggiungere un ulteriore tassello alla nostra conoscenza dei buchi neri, è doppiamente importante perché conferma quanto predetto da Einstein su come lo spazio-tempo viene curvato in presenza di enormi masse cosmiche, e descritto nella teoria della relatività generale pubblicata nel 1916.

Fonte: ESA, Caltech, Nature.

  Questo articolo è © 2006-2024 dell'Associazione ISAA, ove non diversamente indicato. Vedi le condizioni di licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.

Commenti

Discutiamone su ForumAstronautico.it

Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.