ExoMars TGO continua a stupirci con due nuove scoperte

Tracce di cloruro di idrogeno rilevate durante le stagioni delle tempeste di polvere e i processi isotopici del vapore acqueo mentre sale nell’atmosfera prima di perdersi nello spazio: ecco le ultime scoperte della sonda europea in orbita intorno a Marte.

Continua il contributo allo studio del pianeta rosso da parte di ExoMars Trace Gas Orbiter (TGO), la sonda europea realizzata in collaborazione con Roskosmos, operativa in orbita marziana dall’aprile 2018 e già protagonista nella soluzione del cosiddetto mistero del metano marziano. Compito primario di TGO è la caratterizzazione dettagliata dell’atmosfera di Marte, con particolare riguardo verso i composti gassosi potenziali indicatori di attività biologica e geologica.
Analizzando i dati degli spettrometri di bordo, Atmospheric Chemistry Suite (ACS) e Nadir and Occultation for MArs Discovery (NOMAD), lo scorso 10 febbraio due differenti gruppi di ricerca hanno pubblicato contemporaneamente i loro studi sulla rivista Science Advances, mentre un terzo studio verrà pubblicato nelle prossime settimane su Astronomy & Astrophysics.

Il cloruro di idrogeno

La scoperta del cloruro di idrogeno (HCl) nell’atmosfera marziana, che nella sua forma idrata è comunemente noto come acido cloridrico, avvenne inaspettatamente per la prima volta durante la grande tempesta di sabbia del 2018 che per alcuni mesi avvolse completamente il pianeta. Il rilevamento avvenne in entrambi gli emisferi, facendo quindi escludere un fenomeno vulcanico locale, tesi avvalorata dall’assenza di composti solfurei tipici dei fenomeni vulcanici e dal fatto che la sonda NASA InSight non rilevò particolari eventi sismici.

Grafico con le rilevazioni di HCl (cerchi colorati in base alla scala a destra): si notano in marroncino la grande tempesta di sabbia del 2018 (a sinistra) e quella minore del gennaio 2019 (al centro). ©Korablev et al.

Per approfondire l’argomento abbiamo interpellato Lucio Baggio, ricercatore presso il Laboratoire Atmosphères, Milieux, Observations Spatiales di Parigi, e coautore dei due studi riguardanti la scoperta dell’HCl.
«La presenza anche in tracce di composti clorati nell’atmosfera può avere conseguenze non trascurabili rispetto alla sua composizione, vedi per esempio sulla Terra il caso della distruzione catalitica dell’ozono stratosferico da parte di composti clorati. Le osservazioni dello strumento ACS/MIR mostrano come l’HCl sia per lo più assente dall’atmosfera, ma che appaia periodicamente in associazione a tempeste di polvere, sia globali sia regionali. Questo risultato lascia dunque presagire l’esistenza di un ciclo del cloro su Marte che viene liberato in occasione delle tempeste, forse tramite un meccanismo di idratazione del cloruro di sodio presente nella polvere, come avviene sulla Terra ma partendo dagli aerosol oceanici, dando origine a HCl che poi si diffonde sull’intero pianeta».

L’azione abrasiva delle tempeste di sabbia solleva in atmosfera molecole di cloruro di sodio (NaCl) e perclorati (ClO₄⁻) che, reagendo con vapore acqueo, liberano cloro monoatomico radicale. Immediatamente il cloro reagisce con composti contenenti idrogeno formando quindi il cloruro di idrogeno, che può ricadere sulla superficie legato alla sabbia o venire scisso nuovamente in cloro e idrogeno dalla radiazione solare. Il cloro può anche reagire con l’ossigeno a formare ossidi di cloro, tra cui proprio i perclorati. ©ESA.

«Sorprendentemente, il cloruro di idrogeno scompare poco dopo che la polvere si rideposita. Dobbiamo quindi supporre l’esistenza di un meccanismo efficace di rimozione che riporta il cloro sulla superficie, in caso contrario ne rileveremmo la presenza in atmosfera per anni. Ci sono state infine anche due osservazioni avvenute lontano dalle stagioni delle tempeste che rimangono tutt’ora un mistero. Insomma, queste nuove scoperte hanno generato molte più domande che risposte e i tentativi di interpretazione restano da verificare con esperimenti di laboratorio per ricreare le condizioni della microfisica marziana, determinare le reazioni chimiche candidate e infine effettuare simulazioni dinamiche dell’atmosfera».

Fonte: Transient HCl in the atmosphere of Mars, Seasonal reappearance of HCl in the atmosphere of Mars during the Mars year 35 dusty season.

Perdita di vapore acqueo

È noto che in un passato molto remoto sulla superficie di Marte l’acqua liquida fosse presente in grande quantità, mentre attualmente è perlopiù ammassata sotto forma di ghiaccio nelle calotte polari o sotto la superficie. La perdita di vapore acqueo dall’atmosfera verso lo spazio esterno continua tutt’ora ed è oggetto di studio per capire l’evoluzione del clima del pianeta.

Gli spettrometri di TGO sfruttano il parziale occultamento della luce solare da parte dell’atmosfera marziana per rilevarne la composizione. ©ESA.

La sonda TGO, attraverso gli spettrometri NOMAD, monitora il rapporto isotopico tra deuterio e idrogeno (D/H) nel vapore acqueo, man mano che quest’ultimo sale di quota nell’atmosfera. Il deuterio è un atomo di idrogeno che nel nucleo, oltre a un protone, ha in più un neutrone. Una molecola d’acqua (H₂O) in cui uno dei due atomi di idrogeno è sostituito da uno di deuterio, viene chiamata acqua semi-pesante (HDO).

Abbiamo chiesto delucidazioni a Giuliano Liuzzi, ricercatore presso l’American Unversity di Washington D.C. e il NASA Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland e coautore dello studio.

«Negli ultimi anni le missioni inviate attorno a Marte ci hanno svelato in dettaglio la distribuzione verticale del vapore acqueo nell’atmosfera del pianeta e abbiamo capito che questa ha un legame profondo con la meteorologia di Marte, in particolare con le tempeste di sabbia, che a volte si estendono su scala globale. Comprendere questo legame è fondamentale: per esempio questi eventi sono in grado di portare il vapore acqueo ad alte quote, alzando l’igropausa e da qui il vapore acqueo può essere più facilmente fotodissociato in idrogeno e ossigeno e sfuggire al pianeta».

Rilevazioni stagionali di vapore acqueo (a sinistra) e del rapporto D/H (a destra), per l’emisfero nord (in alto) e sud (in basso). ©Villanueva et al.

Grazie agli strumenti di TGO i ricercatori sono in grado di seguire l’ascesa del vapore acqueo dalla superficie fino a oltre 100 km di quota. In particolare i dati raccolti tra aprile 2018 e aprile 2019 hanno evidenziato tre eventi che hanno accelerato la perdita d’acqua dall’atmosfera: la grande tempesta di polvere dell’estate 2018, una piccola ma molto intensa tempesta nel gennaio 2019 e la sublimazione dei ghiacci del polo sud durante i mesi estivi.

«I nostri studi ci confermano che Marte ha perso consistenti quantità d’acqua nel corso della sua storia. Un modo per indagare questo aspetto è la misurazione simultanea del vapore d’acqua (H₂O) e della sua forma semi-pesante (HDO); proprio quest’ultima avendo una massa superiore all’H₂O, riesce a sfuggire con più difficoltà al pianeta. Misurando il rapporto D/H si riesce quindi ad avere un’idea di quanta acqua possa essere stata persa da Marte nella sua storia e di quali sono i processi fisici che fanno variare questo rapporto oggi. Col nostro studio abbiamo mostrato che nella medio-bassa atmosfera di Marte l’acqua semi-pesante è in media 6 volte più abbondante che sulla Terra, testimoniando che il pianeta rosso ha perso tanta acqua nel corso della sua storia».

Antico letto di un fiume nella Reull Vallis, ripreso dalla sonda ESA Mars Express nel 2012. L’ampiezza del letto è di 7 km e la profondità di 300 metri. ©ESA.

La misurazione del rapporto D/H è inoltre un sistema certo per catalogare le diverse riserve di acqua e capirne la storia geologica. Calotte polari, regoliti delle medie latitudini e ghiaccio sub-superficiale delle alte latitudini, ciascuna di queste riserve d’acqua potrebbe avere un proprio caratteristico rapporto D/H.

Le osservazioni future si concentreranno particolarmente sugli strati alti dell’atmosfera, incrociando i dati con altre sonde, tra cui la NASA MAVEN, operativa dal 2014.

Fonte: Water heavily fractionated as it ascends on Mars as revealed by ExoMars/NOMAD.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.