Conclusa con successo la missione lunare cinese Chang’e 5

Il momento del ritrovamento della capsula. Credit: CNSA/CCTV.

Missione compiuta! La sonda Chang’e 5 è riuscita a riportare campioni lunari a Terra, dopo ben 44 anni dall’ultima missione ad aver compiuto tale impresa.

Tutto è andato secondo i piani fin dall’inizio: partita dalla Terra il 24 novembre è arrivata in orbita lunare il 28, il lander è sceso sulla superficie il 1º dicembre, mentre l’orbiter è rimasto in attesa delle operazioni. Il 3 dicembre il modulo di ascesa è ripartito dalla superficie, lasciando il lander al suo destino e riagganciandosi all’orbiter il 5 dicembre.

Non è stato necessario usare il carburante di riserva che il modulo di ascesa aveva a bordo, per cui dopo l’operazione per cui era stato programmato, cioè la consegna di campioni lunari, la CNSA ha deciso di deorbitare il modulo sulla superficie lunare per evitare di farlo diventare un detrito spaziale pericoloso per le operazioni future. L’impatto con la superficie è avvenuto la notte tra il 7 e l’8 dicembre, in una zona in ombra e fuori dalla copertura visiva degli orbiter attivi, quindi non è stato possibile acquisire nessuna immagine dell’evento.

L’8 dicembre era rimasto quindi solo l’orbiter con due componenti: un modulo di servizio e un modulo di rientro, in cui era stivato il prezioso carico prelevato dalla superficie. È iniziato quindi un periodo di attesa ben motivato, privo di manovre o eventi di alcun tipo; bisognava solo attendere che la Luna raggiungesse una posizione ideale per permettere all’orbiter di inserirsi in una traiettoria di trasferimento verso la Terra, TEI (Trans-Earth Injection), senza eccessivo dispendio di carburante.

Il 12 dicembre alle 2:54 italiane è stata effettuata una manovra per passare da un’orbita circolare a 200 km di quota con periodo di 8 ore a un’orbita ellittica con periodo di 24 ore circa. È stata una manovra propedeutica al TEI del giorno dopo. Infatti il 13 dicembre alle 2:51 la sonda ha acceso 4 motori da 150 N per 22 minuti e si è inserita nella traiettoria giusta per tornare a casa. Il veicolo pesava molto meno di quando era partito, sia perché due moduli e vari adattatori sono stati eliminati, sia perché il carburante a bordo (che costituiva circa il 75% del peso del veicolo) era stato consumato nel frattempo. Per questo, se per la manovra equivalente di inserimento in orbita lunare (LOI, Lunar Orbit Insertion) era stato necessario utilizzare il motore da 3.000 N, per ottenere lo stesso effetto sono bastati 600 N di spinta per un tempo più o meno simile.

Schema della fase finale della missione Chang’e 5: la traiettoria verde rappresenta la strada di ritorno verso la Terra con massimo tre manovre correttive previste. Credit: CNSA/CGTN.

La sonda ha così lasciato definitivamente il nostro satellite. Per pura coincidenza, il 14 dicembre la Luna ha mandato i suoi saluti a Terra, manifestandosi di giorno con un’eclissi solare. Questi fenomeni astronomici, benché non abbiano influito in alcun modo sulla missione, possono essere degli utili punti di riferimento per un appassionato attento ai dettagli. Infatti due giorni dopo il LOI ci fu un’eclissi di Luna e il fatto che l’eclissi di Sole sia avvenuta un giorno e mezzo dopo il TEI ci fa capire che le due manovre sono state effettuate in punti diametralmente opposti rispetto alla Terra. Quest’esigenza è dettata dai vincoli di meccanica orbitale: in parole povere è molto dispendioso e difficile cambiare piano orbitale, ed è molto più semplice aspettare che l’oggetto di destinazione si allinei al piano. È stato questo il motivo della lunga attesa in orbita lunare.

Durante il viaggio di ritorno sono state necessarie delle leggere manovre correttive (almeno due secondo quanto riportato dal sito ufficiale del programma lunare cinese) per aggiustare il tiro e puntare con precisione all’altopiano della Mongolia interna in Cina. La prima è avvenuta il 14 dicembre alle 4:13, con l’accensione di due motori da 25 N per 28 secondi, la seconda alle 2:15 del 16 dicembre, lo stesso giorno del rientro, con gli stessi motori ma solo per 8 secondi.

Arrivati a 5.000 km di quota il modulo di rientro e il modulo di servizio si sono separati. Quest’ultimo ha effettuato una manovra evasiva per evitare di schiantarsi contro la Terra poiché a bordo ha abbastanza carburante per poter effettuare una missione secondaria, se pur con strumentazione scientifica ridotta. Il modulo di rientro invece si è diretto contro l’atmosfera terrestre a più di 40.000 km/h.

Convoglio di recupero e riepilogo missione.

La velocità era elevata e un rientro diretto avrebbe potuto compromettere l’integrità strutturale del modulo di rientro. Per ridurre l’energia cinetica della sonda prima di entrare nell’atmosfera è stata effettuata una manovra identica a quella eseguita dalla missione di test Chang’e 5 T1 sei anni fa, chiamata in inglese boost-glide. Per certi versi è qualcosa di simile a quando si fa saltare sull’acqua un sasso piatto lanciandolo con un angolo ridotto rispetto alla superficie. Il sasso effettua uno o più rimbalzi e quando la sua energia è diminuita entra nell’acqua. Allo stesso modo il modulo di rientro è saltato sul bordo dell’atmosfera terrestre, a circa 60 km dalla superficie, riducendo la sua velocità prima del tuffo definitivo.

Al secondo tuffo, il modulo, pur viaggiando ancora a 26.000 km/h, è riuscito a entrare nell’atmosfera proteggendo il carico all’interno grazie allo scudo termico. Una volta ridotta ulteriormente la velocità di caduta, ha potuto aprire i paracadute per atterrare dolcemente alle 18:59. Ad aspettare l’arrivo della sonda nella Bandiera di Siziwang (conosciuta precedentemente anche come Bandiera di Dorbod), una zona della Cina settentrionale, c’era un team addetto al recupero, presente lì già da giorni per prepararsi all’evento con varie simulazioni, nonostante le temperature abbiano toccato i −25 °C.

La bandiera cinese sventola accanto al modulo di rientro leggermente bruciacchiato dal rientro atmosferico. Credit: CNSA/CGTN.

A bordo del modulo di rientro, oltre ai campioni di regolite lunare già annunciati dalle maggiori testate giornalistiche, c’era anche un piccolo carico secondario: dei semi di varie piante che la sonda aveva con sé al momento della partenza. Lo scopo è scoprire se ci sono state delle mutazioni genetiche dovute al viaggio nello spazio, anche se questo non si può scoprire con analisi dirette: questi semi verranno piantati per vedere se la crescita sarà simile o difforme da quella delle piante originali terrestri.

La missione astronautica si è quindi conclusa con successo, ma per molti il lavoro inizia solo ora. I campioni recuperati vanno conservati con cura per evitare la contaminazione con materiale terrestre e andranno esaminati approfonditamente in laboratori specializzati. Qualche risultato scientifico potrebbe arrivare già all’inizio dell’anno prossimo, ma analisi più approfondite richiederanno più tempo.

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Commenti

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Gianmarco Vespia

La scienza è importante. Ne ho fatto parte tanti anni fa, ma ho dovuto abbandonare la carriera. In Italia manca il supporto agli scienziati, in molti modi: sostegno, fiducia, credibilità, rispetto e finanziamenti. ISAA mi ha dato la possibilità di diventare divulgatore e di raggiungere un pubblico interessato e appassionato in questo piccolo settore che è l'astronautica. La scienza si muove troppo in silenzio, occorre pazienza e attenzione per capirla e apprezzarla, per spiegarla alle nuove generazioni, appassionarle e permettergli di costruire un futuro migliore per sé e per il mondo intero.

Una risposta

  1. Luigi ha detto:

    ancora un grazie per questa precisa e chiara cronaca