Tre nuovi moduli russi in arrivo sulla ISS?
Buone notizie sul destino dei tre nuovi moduli che dovrebbero completare la parte russa della Stazione Spaziale Internazionale. In una riunione di rappresentanti di Roscosmos e del contractor Khrunichev, tenutasi qualche giorno fa, è infatti emerso che i lavori di completamento del laboratorio multifunzionale (MLM, noto anche come “Nauka”, ossia “Scienza”), dopo innumerevoli ritardi e contrattempi, stanno procedendo secondo i programmi e che è quindi ancora realistica, per il lancio, la scadenza del dicembre 2017. Potrebbero seguire, a distanza di un anno l’uno dall’altro, i moduli “Nodo” (UM) e “Scienza ed Energia” (NEM).
Chi ha seguito le travagliate vicende di questi moduli sa bene che fino ad oggi, per vari ragioni, tutte le date previste sono state puntualmente disattese e che anche questa volta potrebbe verificarsi il medesimo. Può sembrare inoltre paradossale che questo completamento sia realizzato praticamente alla vigilia del pensionamento della Stazione Spaziale Internazionale, la cui vita operativa è stata da poco prolungata al 2024. Ma che i russi facciano sul serio è confermato dal progetto, confermato anche di recente, di fare dei nuovi componenti la base di una stazione spaziale nazionale, separandoli dalla ISS, quando sarà il momento di operarne il rientro distruttivo in atmosfera.
Vediamo allora un po’ più da vicino la storia e le caratteristiche dei tre elementi orbitali che, forse, potremmo vedere in orbita prima della fine del decennio.
L’odissea di Nauka
La costruzione di Nauka va avanti da più di vent’anni. Era infatti il 1995 quando se ne iniziò l’assemblaggio, come backup per il modulo Zayra. Allora era noto con la sigla FGB-2, dal russo per “Blocco Cargo Funzionale”, mentre Zayra era FGB-1. Quando quest’ultima nel 1998 fu messa in orbita, il modulo FGB-2 era già completato per il 65%: ben presto si cominciò a discutere intorno a vari progetti per una sua nuova utilizzazione.
Solo nel 2004 fu presa la decisione di trasformalo in un laboratorio multifunzionale “evoluto” da lanciare nel 2007. Il suo completamento, però, andò per le lunghe e, di rinvio in rinvio, la data del lancio slittò al 2014.
Alla fine del 2012 l’impresa costruttrice, Khrunichev, consegnò una versione ultimata del modulo, completa di fairing e di anello adattatore per il fissaggio sul vettore Proton. Purtroppo i test che i tecnici di Energia effettuarono su Nauka rivelarono una serie di problemi, tra i quali una perdita nel sistema di alimentazione dei motori di cui il modulo è dotato, che richiesero il ritorno in fabbrica e lunghissime operazioni di decontaminazione e riparazione. Nel corso di questi lavori furono sostituite quasi tutte le linee di alimentazione del propellente e gli stessi motori, che ormai avevano superato i loro limiti di garanzia.
Per un po’ di tempo, mentre nei calendari ufficiali la data del lancio continuava a rimbalzare da un anno all’altro, di Nauka si sono perse le tracce. È solo del giugno scorso la notizia, pubblicata sul sito di Energia, che il modulo, integrato con non meglio precisati “nuovi dispositivi”, è finalmente in via di completamento.
Per i responsabili del progetto MLM ha ora assunto la denominazione di MLM-U, dove “U” sta per “aggiornato”. La natura e l’entità di questi aggiornamenti non sono state chiarite e si potrebbe legittimamente sospettare che la nuova sigla sia una sorta di “copertura” per rendere più accettabile agli occhi dell’opinione pubblica locale un progetto dilatatosi infinitamente nei tempi e nei costi. Non a caso i comunicati stampa che trattano di Nauka non mancano mai di sottolineare la “superiorità” del nuovo laboratorio spaziale russo, che si dichiara essere molto più moderno rispetto a Columbus o a Kibo. Tuttavia è anche molto probabile che delle modifiche siano state effettivamente operate, al fine di rendere concretamente attuabile la realizzazione di una stazione spaziale nazionale, sia nel caso di un distacco dalla ISS dopo il 2024, sia nell’eventualità che nuovi moduli non abbiano la possibilità di esservi integrati prima.
La dotazione di MLM
Secondo quanto diffuso da Energia, il nuovo modulo, che dovrebbe essere collegato alla porta nadir di Zvezda (quella orientata verso la Terra, attualmente occupata da Pirs), fornirà 29 postazioni di lavoro standardizzate, con la possibilità di connettere hardware scientifico collocato sia all’interno che all’esterno della stazione. MLM sarà dotato di un portello di attracco in grado di accogliere l’arrivo di una Sojuz o di una Progress e contribuirà con i suoi motori alle manovre di innalzamento dell’orbita della ISS e di controllo di assetto. Migliorerà inoltre la vita dei cosmonauti offrendo loro un nuova “cabina” di alloggio (in modo da non dover più chiedere ospitalità agli americani) e una seconda toilette dotata del sistema per recuperare l’acqua dall’urina (attualmente questa funzionalità – che pure era già presente sulla Mir – è disponibile solo nel settore “occidentale”).
Infine il modulo Nauka sarà dotato del nuovo braccio robotico europeo (ERA). Questo dispositivo, realizzato in fibra di carbonio e alluminio, lungo 11,3 metri e in grado di spostare masse fino a 8 tonnellate, permetterà, tramite l’airlock di MLM, di trasferire carichi dall’interno all’esterno della stazione, riducendo la necessità di attività extraveicolari.
Durante le passeggiate potrà inoltre essere utilizzato per trasportare gli astronauti in varie posizioni di lavoro all’esterno della ISS. Tra l’altro, essendo dotato di due estremità simmetriche (ciascuna può funzionare come base o come “mano”), sarà anche in grado di spostarsi autonomamente in altri punti di aggancio collocati sulla stazione.
Realizzato per conto di ESA dall’olandese Dutch Space (oggi parte di Airbus Defence and Space), il braccio europeo giace da oltre un decennio nei magazzini del cosmodromo Bajkonur, in attesa dei destini del modulo russo. Paradossalmente i suoi pezzi di ricambio sono già in orbita dal 2010, portati sulla stazione, insieme al modulo Rassvet, dallo Shuttle Atlantis, durante la missione STS 132.
Il modulo “Nodo” (UM)
Noto anche con il nome russo di “Prichal” (“ancoraggio”), UM è un hub, di forma sferica, del peso di 4 tonnellate, che racchiude uno spazio pressurizzato di 16 m3 e ospita sei porte di attracco, due per ciascun asse. Una di esse, dotata di dispositivi attivi, sarà collegata a sua volta alla porta nadir di Nauka, mentre le altre cinque resteranno a disposizione per altri moduli. Secondo i tecnici russi potrebbe essere il nucleo attorno a cui far crescere la stazione spaziale nazionale dopo il 2024.
Prichal è stato ultimato nel 2014 e da allora attende nei depositi di Energia. Anche se il razzo Sojuz 2.1b che dovrebbe portarlo in orbita, connesso ad un veicolo Progress modificato (denominato Progress M-UM), è già stato ordinato sin dal 2012, la sua partenza deve necessariamente seguire quella del laboratorio multifunzionale e subirne i ritardi. Al momento, come si è detto, il liftoff è programmato entro gli ultimi quattro mesi del 2018.
Il modulo “Scienza ed Energia” (NEM)
Sin dagli anni ’90 i piani della parte russa della Stazione Spaziale Internazionale prevedevano un modulo destinato a fornire spazio alla ricerca scientifica e, al tempo stesso, garantire la produzione di energia elettrica. Il progetto, tuttavia, naufragò ben presto per mancanza di fondi. Al suo posto, utilizzando una parte del lavoro di sviluppo già svolto, si pensò in seguito di realizzare due moduli gemelli (NEM-1 e NEM-2), di concezione più semplice, da collocare ai due lati del nodo Prichal. Al momento è stata finanziata la costruzione del solo NEM-1 che si spera possa raggiungere la stazione alla fine del 2019.
Il modulo è caratterizzato da un ampio spazio pressurizzato di ben 92 m3; un volume ragguardevole, se paragonato ai 70 m3 di Nauka e ai 203 complessivi dell’attuale sezione russa della ISS. La parte abitabile di NEM sarà strutturata in modo flessibile: vi si potranno ricavare spazi per ulteriori cabine per i cosmonauti o da dedicare a payload scientifici. Queste caratteristiche, unite alla presenza di sistemi autonomi di supporto alla vita e ad ampi pannelli solari, rendono NEM capace di trasformarsi in una stazione spaziale a sé stante. Non a caso i tecnici di Energia ipotizzano che NEM e NU potrebbero in futuro anche diventare parte di grandi complessi abitati interplanetari o di una stazione in orbita lunare.
Il nome “Scienza ed Energia” sottintende che una delle principali funzioni del modulo sarà quella di aumentare la produzione di elettricità della stazione. I 155 m2 di superficie dei pannelli solari di NEM dovrebbero assicurare 18 kW che, insieme ai 2,5 kW prodotti da Nauka, permetteranno di garantire l’autonomia energetica della sezione russa. Una caratteristica indispensabile, nella prospettiva di una eventuale separazione. L’autonomia sarà perseguita anche per quanto riguarda le comunicazioni: le nuove antenne di NEM consentiranno un costante contatto con le basi russe a terra, sfruttando la rete dei satelliti Luch-5.
NEM peserà al lancio 20 tonnellate e richiederà per essere messo in orbita un Proton-M; a causa delle dimensioni non standard dovrà essere realizzato e testato dal punto di vista aerodinamico un fairing costruito ad hoc.
Fonti: TASS, Russian Space Web
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