Perseverance rileva nuove molecole organiche nelle rocce marziane

Il braccio robotico di Perseverance al lavoro su affioramenti di rocce sedimentarie lo scorso 15 settembre.

Impegnato dallo scorso giugno nell’esplorazione del delta del fiume che alimentava l’antico lago all’interno del cratere Jezero, il rover NASA ha raccolto ulteriori 4 campioni destinati al ritorno sulla Terra e contenenti composti organici.

Non è la prima volta che Perseverance rileva molecole organiche tramite il suo strumento SHERLOC (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals), ma questa volta sono presenti in concentrazioni finora mai registrate.

«Abbiamo scelto di esplorare il cratere Jezero proprio perché pensavamo avesse grandi potenzialità dal punto di vista del ritorno scientifico», ha affermato Thomas Zurbuchen, amministratore associato per la ricerca scientifica alla NASA. «Ora siamo certi di aver inviato Perseverance nel posto giusto. Queste prime due campagne di esplorazione hanno fruttato un’interessante varietà di campioni raccolti che verranno riportati a Terra dalla prossima Mars Sample Return Mission».

L’area del delta che il rover sta esplorando risale a 3,5 miliardi di anni fa ed è ricca di rocce sedimentarie formatesi man mano che il materiale trasportato dalle acque si depositava sul fondo nel corso delle ere geologiche.
A differenza delle rocce campionate all’interno del cratere, tutte di origine magmatica, quelle del delta hanno una composizione che varia da strato a strato.

«Queste stratificazioni ci racconteranno la storia geologica del cratere dalla sua formazione», precisa Ken Farley del California Institute of Technology. «Abbiamo per esempio trovato arenaria composta da frammenti provenienti da zone distanti dal cratere e soprattutto abbiamo roccia argillitica formatasi da fanghi, in cui abbiamo rinvenuto interessanti composti organici».

I composti organici rilevati sono dei solfati contenenti zolfo e ossigeno, che sulla Terra possono essere sia biomarcatori sia di origine geologica.
L’eccitazione dei ricercatori del NASA Jet Propulsion Laboratory di Pasadena in California, che ha realizzato e gestisce Perseverance (unitamente al suo gemellone Curiosity), è giustificata dal fatto di aver trovato molecole organiche in un ambiente una volta acquifero, quindi potenzialmente favorevole alla vita.
Le molecole organiche sono state rilevate analizzando un campione ricavato da una singola roccia riaffiorante larga circa 1 metro e battezzata “Wildcat Ridge”.

La roccia Wildcat Ridge, su cui Perseverance ha effettuato due trivellazioni e un’abrasione.

La ricerca di molecole organiche su Marte, iniziata nel 1976 con i lander statunitensi Viking 1 e 2, è l’obbiettivo primario di quasi tutte le missioni esplorative, sia di superficie sia orbitali.
Giusto un anno fa Curiosity rilevò per la prima volta acido benzoico, ammoniaca, acido fosforico e diversi composti organici azotati, mentre l’anno precedente la sonda europea ExoMars Trace Gas Orbiter fece chiarezza sulle controverse misurazioni del metano atmosferico.
Come però è stato più volte chiarito, nessun robot marziano è equipaggiato per dare risposte certe sull’origine delle molecole. Per questo motivo Perseverance sigilla alcuni dei suoi campioni, attendendo l’arrivo di un futuro lander a cui consegnarli, che li porterà sulla Terra per essere analizzati dettagliatamente.

La missione di recupero dei campioni e ritorno a Terra, attualmente nella fase di sviluppo da parte di NASA ed ESA, nella sua più recente versione prevede un lander che atterrerà nel cratere Jezero con a bordo due elicotteri derivati dal prototipo Ingenuity per il recupero dei tubi sigillati e un MAV (Mars Ascent Vehicle) per decollare dalla superficie.
Raggiunta l’orbita marziana il MAV si aggancerà con la sonda europea ERO (Earth Return Orbiter) che prenderà in consegna i campioni e farà rotta verso la Terra. Stivati in una speciale capsula di rientro, il prezioso carico impatterà in tutta sicurezza nel deserto dello Utah senza l’ausilio di paracadute o altri sistemi frenanti, dove sarà recuperato per le analisi.

Il prototipo della capsula di rientro Earth Entry System subito dopo il primo drop test effettuato lo scorso 1 marzo 2022 presso la U.S.A.F. Utah Test and Training Range

Fonte e foto credits: NASA.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.