Sarà SpaceX a riportare l’umanità sulla Luna

A un anno dall’annuncio della selezione dei tre concorrenti principali, con una mossa inattesa che ha sorpreso gli addetti del settore e gli altri concorrenti, la NASA ha aggiudicato unicamente a SpaceX il contratto HLS (Human Landing System – Sistema per l’atterraggio umano). SpaceX avrà dunque il delicato incarico di realizzare il sistema destinato ad atterrare sulla Luna con un equipaggio umano nel contesto delle missioni Artemis, per la prima volta dopo la missione Apollo 17 nel dicembre 1972.

Protagonista di questo storico “ritorno alla Luna” sarà una versione specificamente sviluppata delle Starship, il sistema di trasporto orbitale i cui prototipi sono attualmente in sviluppo nel sito di Boca Chica, in Texas.

La convocazione di una semplice teleconferenza per un annuncio di questa importanza ha destato qualche perplessità, ma sembra sia stata il risultato di una fuga di notizie a cui la NASA ha voluto rispondere nel giro di poche ore, per non lasciare la narrativa in mano agli organi di stampa.

Starship SN10 durante il volo di test. Credits: SpaceX via Flickr

La vittoria della sola SpaceX ha preso molti in contropiede, così come inaspettata è l’assegnazione a un solo appaltatore di tutta la fase A del contratto. La lettura del documento tecnico a firma di Kathy Lueders, la dirigente a capo delle missioni di esplorazione umana dello spazio, con il quale NASA giustifica la sua scelta, rivela le motivazioni che hanno portato alla selezione di SpaceX:

  • SpaceX ha presentato la proposta tecnicamente più convincente, oltre a farsi carico di oltre metà dei costi di sviluppo previsti nella “fase A” del contratto HLS. Ha inoltre accettato di modulare il calendario delle attività in modo da rientrare nelle limitate disponibilità di bilancio di NASA per il 2021;
  • le proposte tecniche di SpaceX e Blue Origin hanno ricevuto un giudizio positivo simile, ma il prezzo offerto da Blue Origin (non rivelato) è stato definito significativamente più alto di quello dell’azienda di Musk, e con maggiori rigidità sull’aspetto dei pagamenti;
  • pessimo risultato per il consorzio guidato da Dynetics (di cui faceva parte anche Thales Alenia) che non solo ha formulato l’offerta economica più gravosa, ma ha anche ricevuto il peggiore giudizio di merito tecnico, ritenuto insufficiente a soddisfare i requisiti minimi.
Il video dell’annuncio rilasciato da NASA su YouTube.

L’aggiudicazione del contratto HLS a una sola azienda appare in contrasto con le intenzioni espresse dalla NASA lo scorso anno, quando aveva spiegato che la procedura avrebbe individuato due concorrenti per la fase finale. È evidente che le risorse di bilancio approvate dal Congresso USA a sostegno del programma Artemis sono state insufficienti per finanziare un secondo vincitore.

Nel documento di analisi delle proposte dei tre concorrenti, Kathy Lueders ha sottolineato i vari vantaggi che un mezzo massiccio come Starship offre allo scenario delle operazioni sulla Luna, non solo in termini di equipaggi ma anche di carichi scientifici e materiali trasportabili, tanto che il collo di bottiglia vero e proprio sarà rappresentato dai limiti di SLS.

Ad esempio, il grande vano carico di Starship consentirà la spedizione di oggetti particolarmente ingombranti o dalle forme meno facili da stivare in spazi ristretti. Inoltre SpaceX ha promesso che grazie alle capacità del suo veicolo sarà possibile supportare un numero di EVA per ogni missione più alto rispetto a quanto richiesto da NASA. Lueders ha affermato che lo svantaggio di avere un portello di accesso al vano carico così in alto è più che compensato da queste performance extra.

Un altro elemento per il quale SpaceX ha raccolto giudizi estremamente positivi è la sostenibilità di Starship nel contesto dell’architettura finale del “ritorno alla Luna”. Gli ampi spazi disponibili su Starship rispetto ai sistemi concorrenti saranno tali da offrire rifugio agli astronauti per lunghi periodi anche senza la presenza di infrastrutture pre-trasportate sulla superficie. Sebbene questo requisito assumerà un’importanza fondamentale nella “fase B” del contratto HLS, NASA ha riconosciuto da subito il potenziale di questa flessibilità e ha deciso di premiarlo. L’effetto cumulativo di tutte le performance extra offerte da Starship ridurrà sensibilmente la necessità di riprogettare o sviluppare hardware dedicato (con relativo finanziamento pubblico) per trasformare le capacità iniziali dimostrate con la “fase A” in una configurazione più sostenibile per le missioni routinarie della “fase B”.

NASA e SpaceX lavoreranno ora allo sviluppo di due esemplari dello stesso veicolo, il primo assegnato alla missione senza equipaggio, l’altro allo storico sbarco lunare. L’ente spaziale americano inizierà già dalla prossima settimana a lavorare su un nuovo contratto, lo Human Lunar Landing Services Procurement. Questo nuovo appalto porterà all’individuazione di ulteriori partner che faranno la spola tra Terra e Luna con missioni di supporto alle attività umane in superficie. In questo contesto sarà possibile per Blue Origin e Dynetics rientrare in gioco, se lo vorranno, con proposte adeguatamente aggiornate.

Qualche dettaglio sulla Lunar/Moon Starship

Alla teleconferenza non erano presenti rappresentanti delle aziende coinvolte. Inoltre NASA e SpaceX non hanno diffuso nessun documento che illustri l’architettura di massima con qualche dettaglio, quindi vi sono domande a cui per ora è impossibile rispondere senza cadere in speculazioni. A darci qualche idea di come sarà la Starship lunare e di come si inserirà nell’architettura di missione prevista da NASA sono state le risposte dei dirigenti dell’agenzia spaziale alle domande dei giornalisti.

Quello che sappiamo a oggi è che la Starship lunare non ritornerà a Terra dopo ogni missione, ma resterà a fare da “traghetto” orbitale come parte di un sistema più ampio che include Gateway e SLS/Orion. Il veicolo di SpaceX sarà in grado di restare “dormiente” in attesa di equipaggio per circa 100 giorni, contro i 90 richiesti da NASA.

Il rendering di Starship in versione lunare diffuso da NASA. Credits: NASA / SpaceX

La Starship lunare sarà in grado di fare rifornimento in orbita terrestre, sarà dotata di una cabina molto spaziosa per l’equipaggio insieme a un generoso vano carico. Sarà anche equipaggiata da due portelli/camere di equilibrio (airlock): uno sulla parte sommitale dell’ogiva, probabilmente destinato anche alle manovre di agganciamento con Gateway e Orion, e uno sul fianco, sopra ai serbatoi, per dare accesso al vano carico.

Il rendering diffuso da NASA mostra anche un sistema di “zampe” di atterraggio che sembra una versione analoga e più muscolare di quelle installate sui Falcon 9, certamente più realistica delle zampette praticamente invisibili nelle immagini del 2020. Data l’altezza del portello di accesso al vano carico, che si trova ad almeno una trentina di metri dal suolo, appare chiara la necessità di un montacarichi adatto a trasferire persone ed equipaggiamenti (effettivamente visibile nella zona delle zampe di atterraggio).

Il profilo di missione

Rispondendo alla domanda di un cronista, Lisa Watson-Morgan, manager NASA a capo del programma HLS, ha delineato come dovrebbero svolgersi le operazioni coordinate tra Starship lunare e SLS/Orion il giorno del fatidico ritorno di esseri umani sulla Luna. Ricordiamo che questa specifica missione sarà preceduta da un volo di validazione dove l’allunaggio avverrà in modo automatico con una Starship senza equipaggio.

  1. Starship sarà inviata nella particolare orbita lunare dove sarà inserito anche il Gateway, la Near Rectilinear Halo Orbit (NRHO), ma senza equipaggio a bordo. Il lancio della Starship lunare avverrà grazie allo stack completo di Booster e Starship, e sarà supportato da una serie di Starship “tanker” per rifornimenti in orbita.
  2. Una volta che Starship sarà giunta in NRHO saranno effettuate varie verifiche e diagnostiche interne per accertarsi che il veicolo spaziale sia in buono stato, che il suo supporto vitale sia efficiente e che tutto sia in ordine per effettuare la discesa verso la superficie selenica.
  3. Se i controlli su Starship daranno esito positivo, allora dalla Terra partirà un razzo SLS con la capsula Orion, a bordo del quale si troverà l’equipaggio. Anche Orion si trasferirà dunque nell’orbita lunare NRHO dove effettuerà un rendez-vouz con la stazione Gateway. Questo sarà lo scenario standard previsto per le missioni operative, mentre per il volo “demo” sarà deciso se trasferire l’equipaggio dal Gateway o direttamente da Orion. SLS/Orion dovranno dunque essere pronti in ogni caso per supportare il primo sbarco lunare effettuato tramite Starship.
  4. Ricevuto il suo equipaggio, Starship atterrerà sulla superficie.
  5. L’equipaggio effettuerà le EVA e condurrà esperimenti scientifici previsti dalla missione, per poi rientrare in Starship, che si occuperà di riportarli in orbita.
  6. Gli astronauti lasceranno quindi Starship per rientrare verso Terra a bordo della capsula Orion.
Il rendering di Starship lunare risalente al 2020. Ben visibile il montacarichi per equipaggiamenti e astronauti. Credits: SpaceX

Qualche dettaglio extra sul contratto HLS

Il contratto HLS è un appalto sostanzialmente diviso in due fasi: la “fase A” quella aggiudicata a SpaceX e che consta di due voli dimostrativi, e la “fase B”, ancora da appaltare e che individuerà i soggetti che supporteranno il programma lunare in una fase successiva.

Quindi, a fronte di un compenso fisso, onnicomprensivo e non rinegoziabile di 2.941.394.557 dollari offerto per la “fase A” del contratto HLS, SpaceX dovrà realizzare entro il 2024 due missioni lunari: un volo dimostrativo senza equipaggio e un’ulteriore missione demo, questa volta con astronauti a bordo. Ulteriori missioni saranno invece aggiudicate tramite la “fase B” del contratto HLS, a cui NASA inizierà a lavorare già dalla prossima settimana.

I punti distintivi dell’offerta di SpaceX sono stati la grande capacità di carico da e per la Luna, e la garanzia di coprire con fondi propri oltre la metà dei costi del programma di sviluppo.

Un altro fattore importante è che, come per il contratto attualmente in essere tra NASA e SpaceX per il trasporto di equipaggi e beni alla Stazione Spaziale Internazionale, NASA non acquisirà la proprietà del veicolo realizzato da SpaceX (come invece è avvenuto fino all’epoca dello Space Shuttle), e probabilmente non curerà nemmeno tutte le operazioni.
I dettagli del contratto HLS “fase B” non sono ancora noti, ma di fatto ci si può ragionevolmente attendere che lo stesso tipo di accordi riguarderanno le Starship lunari. La NASA, pur esercitando un controllo serrato in quanto ente appaltante nonché garante della sicurezza dei suoi astronauti, di fatto staccherà un biglietto per un servizio “chiavi in mano”.

La proposta di lander lunare di National Team, seconda classificata. Credits: Blue Origin

Senza addentrarsi troppo nei risvolti legali più tecnici dei contratti a importo fisso non rinegoziabile (Firm Fixed Price), di cui HLS fa parte, vale la pena notare che questi strumenti legali sono la prova più concreta del “nuovo corso” NASA nel campo del procurement di sistemi spaziali. Mentre nel passato le varie forme contrattuali adottate tendevano a scaricare su NASA i costi imprevisti che emergevano durante lo sviluppo di un dato programma, gli FFP spostano sul contraente il massimo rischio e l’intera responsabilità per tutti i costi extra e l’eventuale mancato profitto. In questo senso sono uno strumento brutale per incentivare l’appaltatore a controllare i suoi costi e a lavorare efficientemente. In altre parole, mentre i vecchi contratti si trasformavano quasi sempre in vere e proprie fonti di sussidio per programmi che finivano inevitabilmente in ritardo, dato che i costi in aggiunta all’importo base del contratto venivano coperti da NASA, gli FPP mandano all’appaltatore un messaggio chiaro: il premio economico è noto in partenza, non sarà aumentato a nessun titolo, e di fatto serve a finanziare i costi dello sviluppo. Eventuali profitti dovranno scaturire o da economie realizzate durante questa prima fase, oppure dall’eventuale assegnazione di un successivo contratto di servizio a NASA, quando il progetto sarà pronto a entrare in esercizio.

Le sfide per il futuro

A oggi sono ancora molte le incognite ancora senza risposta: quali razzi saranno utilizzati per la fase finale di avvicinamento, dove i Raptor potrebbero semplicemente essere troppo potenti anche a regime minimo? Come saranno effettuati gli atterraggi di un oggetto con un centro di massa presumibilmente molto alto, su superfici inclinate e/o non adeguatamente preparate? Per avere una risposta esauriente a queste domande non ci resta che attendere ulteriori comunicazioni o documenti da NASA o SpaceX.

Un rendering del 2018 raffigurante una Starship in avvicinamento alla Luna. Credits: SpaceX

Le sfide aperte per SpaceX sono innumerevoli e danno una misura del cambio di passo rispetto alle capacità dei veicoli lunari degli anni ’70. L’azienda di Musk dovrà dimostrare, nel giro di tre anni, alcune tecnologie e capacità chiave che oggi esistono solo sulla carta o allo stato prototipale:

  • andrà portato a termine lo sviluppo delle Starship, attualmente allo stato prototipale con lanci mensili dal centro di Boca Chica, Texas;
  • andrà costruito e lanciato con successo il booster di Starship, Super Heavy, di cui al momento è stato realizzato solo un modello ingegneristico;
  • dovrà essere sviluppato un modello “cisterna” (tanker) della stessa Starship;
  • dovrà essere messa a punto praticamente da zero la capacità di rifornire in orbita la Starship destinata agli equipaggi, che dovrà incontrarsi, connettersi e trasferire propellente in modo sicuro e affidabile dalla Starship tanker;
  • dovrà dotare Starship di tutti i sistemi adatti a supportare la vita dell’equipaggio, oltre a due camere di equilibrio (airlock) e di un boccaporto di attracco compatibile con la capsula Orion;
  • dovrà sviluppare e dimostrare con il primo volo della fase A di HLS la bontà del software di atterraggio automatico sulla Luna.

Anche il più accanito sostenitore di SpaceX non può che rimanere allibito di fronte alla magnitudine di mettere a punto tutte queste tecnologie entro poco più di tre anni. È pur vero che Musk ha dimostrato di saper spingere SpaceX in modo decisivo verso traguardi impensabili fino a 10 anni fa, come la completa padronanza della tecnica di recupero e riutilizzo dei primi stadi e lo sviluppo di due versioni della capsula Dragon, che tra solo pochi giorni partirà alla volta della ISS per la sua seconda missione operativa (con capsula e lanciatore riutilizzati).

La conferenza stampa integrale di questo annuncio è disponibile su YouTube

Fonti: NASA, SpaceX, ForumAstronautico.it

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Marco Zambianchi

Spacecraft Operations Engineer per EPS-SG presso EUMETSAT, ha fatto parte in precedenza dei Flight Control Team di INTEGRAL, XMM/Newton e Gaia. È fondatore di ForumAstronautico.it e co-fondatore di AstronautiCAST. Conferenziere di astronautica al Planetario di Lecco fino al 2012, scrive ora su AstronautiNEWS ed è co-fondatore e consigliere dell'associazione ISAA.