In volo il primo equipaggio androide di un razzo russo
È partito stamattina presto dal cosmodromo di Bajkonur un razzo Sojuz destinato alla Stazione Spaziale Internazionale con un equipaggio molto speciale: l’unico membro era un androide russo. Si tratta di Skybot F-850, meglio conosciuto con il soprannome di Fedor. L’androide è partito con la missione MS-14, progettata in realtà per il trasporto umano verso la ISS. Tuttavia, data la configurazione sperimentale del lancio, si è optato per mettere a bordo solo un robot.
I lanciatori e i veicoli spaziali Sojuz hanno un passato lungo più di 50 anni e hanno dimostrato negli ultimi decenni un’affidabilità unica per quanto riguarda i voli con equipaggio umano, rimanendo al momento l’unico mezzo sicuro per portare uomini nello spazio. La loro storia inizia nel 1967, con la missione Sojuz 1, realizzata abbastanza in fretta e tralasciando qualche dettaglio tecnico che alla fine risultò fatale per l’unico membro dell’equipaggio Vladimir Michajlovič Komarov; a quei tempi la sicurezza umana non era prioritaria alla realizzazione degli obiettivi del governo. La missione era partita con un lanciatore Sojuz 11A511, evoluzione del razzo R-7, e una capsula Sojuz 7K-OK ed era fallita a causa della mancata apertura del paracadute. Questo modello di capsula è stata l’unica che ha avuto fallimenti con vittime in tutta la storia dei voli spaziali sovietici e russi. Da allora le versioni di lanciatori e veicoli spaziali Sojuz si sono evoluti nel corso degli anni, e molto.
Il lanciatore Sojuz ha al suo attivo migliaia di lanci di successo, viene usato per tutti i lanci con equipaggio e per molte altre missioni ancora, come i rifornimenti della Stazione Spaziale Internazionale con il cargo Progress e il lancio di satelliti. La sua ultima versione Sojuz-2, in esercizio dal 2004, non ha ancora mai eseguito voli con equipaggio umano. È stato concepito per sostituire i modelli Sojuz-U, Molnija-M (anch’esso razzo della famiglia R-7) e Sojuz-FG.
Questa versione porta notevoli miglioramenti rispetto a quelle precedenti, pur conservando grosso modo l’aspetto esteriore. Prima di tutto ha un sistema di guida digitale, che sebbene ai giorni nostri possa sembrare una cosa naturale, è l’esordio per quanto riguarda i lanciatori russi. L’agenzia spaziale russa è stata praticamente costretta ad apportare questa novità. Infatti, il fornitore del sistema di controllo analogico era ucraino e con l’incrinarsi dei rapporti politici tra queste due nazioni anche la collaborazione in ambito spaziale ne ha pagato le conseguenze e la fornitura è cessata. Il nuovo sistema consente di effettuare manovre che erano praticamente impossibili con il sistema di guida analogico, come ad esempio un semplice rollio: precedentemente per cambiare l’orientazione del razzo era necessario ruotare l’intera piattaforma di lancio con il lanciatore issato! Un’altra novità importante che ha portato la digitalizzazione è stata la possibilità di utilizzare ogive più grandi per coprire il carico, che portano degli squilibri aerodinamici difficili da gestire in modo analogico. Oltre il sistema di guida, ci sono dei miglioramenti generali che incrementano l’efficienza dei motori e altri accorgimenti minori. Questo nuovo lanciatore è molto versatile e viene lanciato da vari cosmodromi, Bajkonur, Vostočnyj, Pleseck ma anche da Kourou, la base di lancio dell’ESA, nella Guyana francese.
L’omonimo veicolo spaziale Sojuz, ovvero la capsula che ospita gli astronauti per intenderci, ha circa 150 voli al suo attivo, contando tutte le sue versioni. Viene usata quasi esclusivamente per i voli con equipaggio umano e può essere lanciata solo con un lanciatore Sojuz dal cosmodromo di Bajkonur. La sua ultima versione è la Sojuz MS, evoluzione della Sojuz TMA-M, che ha apportato migliorie principalmente al sistema di comunicazione e navigazione. Finora aveva volato sempre con un lanciatore Sojuz-FG, ma oggi è stata lanciata per la prima volta con l’ultima versione del razzo Sojuz-2 (per la precisione la versione Sojuz-2.1a), ed è stato questo il motivo per cui è assente un equipaggio umano: si è deciso di evitare rischi testando per la prima volta il funzionamento di Sojuz-2 e Sojuz MS insieme.
Il volo è stato un successo, il razzo ha acceso i motori oggi 22 agosto alle 8:38 di mattina ora locale dal cosmodromo di Bajkonur in Kazakistan, quando in Italia erano le 5:38. Il viaggio è proseguito senza problemi, spegnendo e separando i booster dopo un minuto e 58 secondi, i quali hanno danzato attorno al vettore prima di precipitare nella steppa desolata. Questo balletto dei booster prima della caduta è usuale, molto noto e visibile dalla zona di lancio come una croce attorno al razzo: viene denominata croce di Korolëv in onore di Sergej Pavlovič Korolёv, l’ideatore del razzo originario R-7. Il secondo stadio, quello principale, ha continuato per la sua traiettoria, prima della separazione a T+00:04:48 e il terzo stadio ha impresso la velocità orbitale al vicolo tenendo accesi i motori fino al decimo minuto dal lancio.
A bordo non c’è solo Skybot, ma anche tanto equipaggiamento per gli esperimenti che andranno eseguiti dall’expedition in corso e dalle successive. Tra questi, c’è anche l’esperimento Mini-EUSO (Multiwavelength Imaging New Instrument for the Extreme Universe SpaceObservatory), un telescopio all’ultravioletto in grado di catturare 400.000 immagini al secondo e che verrà attivato da Luca Parmitano a ottobre di quest’anno. Il dispositivo, sviluppato dall’INFN, osserverà la Terra di notte e fornirà la prima mappatura del nostro pianeta in questa lunghezza d’onda, analizzando fenomeni di natura completamente diversa, dalla bioluminescenza all’attraversamento di meteore nell’alta atmosfera, difficilmente osservabili con efficienza dalla Terra. L’esperimento richiede particolare riguardo in quanto, deve essere collocato nell’unico oblò privo di schermatura UV, la finestra 9 del modulo Zvezda. Produce una quantità di dati tale da superare la capacità di banda assegnata alla ISS per gli esperimenti scientifici e si dovrà attendere quindi il rientro di una navetta che trasporti i dati salvati su memorie flash.
Ora Skybot sta viaggiando silenziosamente nello spazio, in assenza di peso, avvicinandosi lentamente alla ISS; l’attracco è previsto per domani. Durante la sua permanenza a bordo sarà affidato alla supervisione di Skvorcov, arrivato a bordo con Parmitano il mese scorso, che lo controllerà durante le operazioni da svolgere, per il momento solo in via sperimentale. Gli astronauti hanno già avuto in passato dei robot aiutanti, uno dei più famosi è stato Robonaut 2, un androide americano al lavoro sulla stazione dal 2011 al 2018 e che tornerà presto a bordo, probabilmente entro la fine del 2019. Skybot non si fermerà così a lungo, tornerà a Terra dopo due settimane con la sua navetta personale, MS-14.
Skybot è molto attivo sui social network, ha un suo account Twitter e VK (VKontakte, il social network più diffuso in Russia) che aggiorna regolarmente con le sue attività giornaliere.
Fonti: Roskosmos, Tass
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Ciao! Hai dimenticato un altro tragico fallimento di una missione Soyuz, la numero 11 (giugno 1971).
La Sojuz 11 aveva lo stesso modello di capsula della Sojuz 1: Sojuz 7K-OK. Questo modello è stato l’unico che ha portato a fallimenti in volo con casualità.
E’ un primo passo verso i robot spaziali, sarebbe interessante se questi in futuro potranno compiere degli EVA ed effettuare operazioni esterne alle stazioni senza mettere a rischio gli astronauti!