Il New Shepard di Blue Origin porta degli esperimenti NASA nello spazio e punta a voli abitati entro l’anno

Decollo del New Shepard Credits: Blue Origin
Decollo del New Shepard Credits: Blue Origin

Mercoledì 23 gennaio alle 15.05 GMT (le 16.05 in Italia) la compagnia spaziale Blue Origin (fondata dal miliardario Jeff Bezos, famoso per aver fondato anche Amazon) ha svolto la decima missione del suo sistema di volo suborbitale New Shepard e tutto si è svolto secondo programma. Il razzo ha fatto raggiungere alla capsula l’altezza di circa 107 Km (350.000 piedi) sul livello del mare partendo dal sito di lancio di proprietà della compagnia poco a nord di Van Horn, nella parte più occidentale del Texas.

Raggiunto l’apogeo, sia la capsula che il razzo sono rientrati a terra in maniera nominale. Il razzo vettore dopo una prima fase di caduta libera, ha aperto i freni aerodinamici appena rientrato negli strati più densi dell’atmosfera e quindi ha eseguito un perfetto atterraggio propulso sulla piazzola appositamente, posizionata a circa 3 km dal punto di lancio, poggiandosi sulle gambe appena estese. La capsula invece, appena le condizioni dell’atmosfera glielo hanno permesso, ha utilizzato dei classici paracadute per rallentare la propria caduta e ha ammortizzato il contatto con il suolo mediante degli appositi razzi che si sono attivati appena prima che la toccasse il suolo.

Come oramai avviene in quasi tutte le missioni spaziali, di collaudo o effettive che siano, anche questa missione è stata trasmessa in diretta web e l’azienda ha affidato la gestione e il commento a Ariane Cornell, una direttrice di vendite della compagnia. Sono stati quindi resi noti subito diversi dati riguardanti la missione in cui il vettore New Shepard (questo esemplare specifico era al suo quarto volo) ha tenuto acceso il suo motore BE-3, alimentato a idrogeno e ossigeno liquidi, per quasi 2 minuti e mezzo mentre la missione nel suo complesso è durata circa 10 minuti e 15 secondi. Il volo, secondo quanto affermato da Cornell, ha seguito un “profilo di missione nominale”, in pratica la stessa traiettoria che verrà usata per le ricerche commerciali e i voli di turismo spaziale. Secondo le dichiarazioni ufficiali con questo profilo di volo i passeggeri (potranno essere fino a 6 contemporaneamente) e il carico a bordo sperimenteranno 3 o 4 minuti di “assenza di peso” e potranno godere di spettacolari vedute grazie alle 6 finestre della capsula, che secondo quanto affermato da Blue Origin, sono le più grandi che abbiano mai volato nello spazio.

Blue Origin inizia a guadagnare con i lanci 

L’azienda rimane fedele al proprio motto (Gradatim ferociter) e procede per piccoli passi verso il suo obiettivo finale di questo programma: il trasporto di esseri umani in voli suborbitali. Infatti nelle installazioni di Blue Origin in Texas è già presente un nuovo esemplare di New Shepard che non ha mai volato e che sembra destinato al primo volo con essere umani a bordo previsto entro la fine dell’anno. In quest’ottica il volo è definito ufficialmente di test ma secondo qualche osservatore questa definizione andrebbe rivista denominando la missione come commerciale poiché nella capsula erano presenti 8 carichi scientifici sponsorizzati da NASA e per cui l’azienda è stata pagata.

Il modulo per i carichi scientifici del New Shepard. Credits: Blue Origin

Infatti da tempo l’agenzia spaziale statunitense cerca di stimolare sia la ricerca scientifica in ambito spaziale che lo sviluppo di sistemi di lancio commerciali attraverso il programma Flight Opportunities con cui fornisce a enti di ricerca (pubblici o privati) l’accesso all’ambiente spaziale per effettuare loro sperimentazioni o test di materiale per usi futuri. In questo volo del New Shepard erano presenti diversi esperimenti e strumentazioni rivolte allo studio generale dei carburanti in microgravità ma anche degli esperimenti sull’esplorazione planetaria, in particolare:

  • Collection of Regolith Experiment (CORE) della University of Central Florida di Orlando volto a valutare i meccanismi di recupero di materiale da asteroidi 
  • Collisions into Dust Experiment (COLLIDE) sempre della University of Central Florida che simulava e valutaca le interazioni della polvere nelle operazioni su altri corpi celesti caratterizzati da un ambiente polveroso 
  • Electromagnetic Field Measurements della Johns Hopkins University di Baltimora in Maryland comprendeva una serie di sensori per caratterizzare i campi elettromagnetici all’interno e tutto attorno al New Shepard in modo da poter raccogliere nei successivi voli informazioni sui campi elettrici dell’atmosfera terrestre per capire il ruolo che giocano in questo ambito gli aerosol e i raggi cosmici 
  • Flow Boiling in Micrograp Coolers – Embedded Thermal Management for Space Applications del centro NASA Goddard Space Flight Center a Greenbelt nel Maryland dedicato a tecnologie di controllo termico per generatori elettrici circuiti integrati da utilizzare nelle future missioni di esplorazione robotica 
  • Microgravity Propellant Gauging Using Modal Analysis del Carthage College di Kenosha nel Wisconsin incentrato su misuratori di livello del carburante in microgravità, cosa non così semplice come sulla Terra 
  • Validating Telemetric Imaging Hardware for Crew-Assisted and Crew-Autonomous Biological Imaging in Suborbital Applications della University of Florida di Gainesville specializzato sugli effetti della microgravità sulle piante da studiare mediante una particolare camera 
  • Vibration Isolation Platform (VIP) della Controlled Dynamics Inc. di Huntington Beach in California che testava un’interfaccia di isolamento dalle vibrazioni per i carichi scientifici durante le fasi più critiche di un volo spaziale 
  • Zero-Gravity Green Propellant Management Technology della Purdue University di West Lafayette in Indiana dedicato allo sviluppo di tecnologie per il controllo di carburanti non tossici nei serbatoi dei mezzi spaziali 

Questi esperimenti supportati da NASA ci aiuteranno a sviluppare le tecnologie della propulsione nello spazio, dei sistemi di sostentamento, della strumentazione scientifica e delle altre capacità cruciali per l’esplorazione

ha detto Jim Bridenstine, amministratore NASA. 

Il programma New Shepard 

Si è trattato del decimo lancio nell’ambito del programma New Shepard di Blue Origin. Il programma prevede di realizzare un vettore riutilizzabile per lanci abitati suborbitali e infatti prende il nome da Alan Shepard, primo americano ad andare nello spazio con un volo suborbitale il 5 maggio del 1961. Parimenti il programma per realizzare un vettore in grado di portare in orbita una capsula abitata si chiama New Glen da John Glenn, primo statunitense in orbita il 20 febbraio del 1962.

Il razzo New Shepard durante l’atterraggio nella 9 missione. Credits: Blue Origin

Per questo esemplare specifico, il terzo della famiglia, si è trattato della quarta missione completa e coronata da successo, cosa che fa ben sperare per il prosieguo del programma con l’obiettivo di lanciare la prima missione abitata entro l’anno ma con un razzo nuovo senza utilizzare quelli dei test. Nei precedenti test il primo vettore era andato perso alla prima missione il 29 aprile 2015 a causa di un problema all’atterraggio, mentre il secondo esemplare ha effettuato ben 5 missioni prima di essere ritirato il 5 ottobre 2016 dopo un test di annullamento effettuato alla massima pressione aerodinamica (Max Q in gergo spaziale).

Il programma di Blue Origin è rivolto al mercato dei voli suborbitali e in particolare sia al turismo di chi vuole provare l’ebrezza di andare nello spazio senza affrontare gli stress di un volo orbitalesia agli scienziati che necessitano spesso di brevi voli di test in microgravità prima di effettuare le investigazioni vere e proprie in costose missioni orbitali.

La “conduttrice” della diretta dell’evento ha detto che l’azienda pensa di essere pronta per il trasporto di esseri umani nello spazio per la fine di questo anno.

Puntiamo alla fine di quest’anno – entro la fine di quest’anno – ma come abbiamo sempre detto, non siamo in gara. Vogliamo prenderci il nostro tempo. Vogliamo fare le cose bene. Come sapete in Blue Origin manteniamo un approccio conservativo, siamo pazienti, vogliamo mettere insieme per voi il più sicuro e affidabile sistema di volo abitato.

Sulla stessa lunghezza d’onda le sue dichiarazioni rilasciate l’8 gennaio durante una conferenza dell’industria aerospaziale:

Fidatevi di me, se potessi, salterei in cima a questo razzo domani. Abbiamo già avuto numerosi test positivi con il New Shepard, e quindi io desidererei andare. Ma non stiamo ancora vendendo biglietti. Non abbiamo ancora stabilito un prezzo, a dispetto di quello che potreste aver letto. Non abbiamo stabilito quando inizieremo a vendere biglietti. Quindi attualmente siamo concentrati nel testare ancora e ancora il New Shepard.

La concorrenza

Nel mercato del turismo spaziale il diretto concorrente di Blue Origin è Virgin Galactic, l’azienda fondata da Richard Branson, che al contrario ha da tempo pubblicato i prezzi del biglietto (circa 250.000 dollari) e, secondo le dichiarazioni ufficiali, ha centinaia di prenotazioni con tanto di deposito delle caparre. Ma anche l’azienda del magnate britannico si trova ancora nelle fasi di collaudo e l’ultimo volo del suo sistema è avvenuto il 13 dicembre 2018, non senza qualche polemica. Il sistema di volo scelto da Virgin Galactic è totalmente diverso ed è costituito da un aerorazzo (denominato SpaceShipTwo) aviotrasportato in quota da dove parte una volta sganciato dall’aereo madre.

La SpaceShipTwo agganciata all’aereo (Credits Virgin Galactic/Mark Greenberg – CC BY-SA 3.0)

Proprio le prestazioni di questa navetta hanno fatto nascere qualche polemica poiché in questo storico volo ha raggiunto l’altezza massima fino a ora: 51,4 miglia, circa 83 km. Si è trattato di un volo storico poiché è stato il primo di un veicolo statunitense con esseri umani a bordo che abbia volato oltre le 50 miglia dall’ultima missione shuttle del 2011. Le polemiche erano incentrate sulla definizione di spazio: U.S. Air Force (l’aviazione militare statunitense) e la Federal Aviation Administration (l’ente federale di gestione dei voli) stabiliscono il limite delle 50 miglia di altezza per ricevere le ali da astronauta a significare il raggiungimento dello spazio. A livello internazionale però viene normalmente definita la linea di Karman, fissata a 100 km (circa 62 miglia), come confine dello spazio.

Ora non resta che aspettare i voli commerciali, Virgin Galactic prevede l’inizio entro l’anno, per vedere come presenteranno i voli le due compagnie e quale definizione utilizzeranno.

Fonte: Blue Origin e NASA

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Commenti

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Rudy Bidoggia

Appassionato di spazio e di tutto ciò che è scienza dalla tenera età, scrive dal 2012 per AstronautiNews. Lavora come tecnico informatico presso un'azienda metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia.

Una risposta

  1. MayuriK ha detto:

    Finalmente, l’inizio del turismo spaziale!