SpaceX mette in orbita EchoStar-23 ma non recupera il primo stadio

Credit: SpaceX

Dopo vari rinvii e un ultimo scrub a causa dei venti in quota, lo scorso martedì 12, quando il Falcon 9 era già sul pad e mancavano 40 minuti al decollo, SpaceX ha messo in archivio il suo terzo lancio del 2017 (e il terzo successo dopo l’incidente di settembre), collocando in orbita di trasferimento geostazionaria il satellite per comunicazioni EchoStar-23.

Esposizione prolungata del decollo del Falcon 9 con a bordo EchoStar-23. Credit: SpaceX

Il liftoff è avvenuto alle 2:00, ora locale, quando in Italia erano le 7:00 (gli USA sono già passati all’ora legale, per cui la differenza tra il nostro fuso orario e quello della costa orientale sarà per alcuni giorni di sole cinque ore). Si è trattato del primo lancio notturno dalla piattaforma 39A dopo quello che aveva dato inizio a STS 131, la penultima missione dello Shuttle Discovery, nell’aprile dal 2010. È un passato un po’ ingombrante quello che aleggia dalle parti del Kennedy Space Center, costantemente evocato dalle storiche e monumentali strutture del pad, che le fiamme del Falcon 9 hanno illuminato per qualche istante e poi fatto sparire in una nuvola di fumo, prima che il razzo si allontanasse rapidamente nella sua corsa in direzione equatoriale verso la GTO e, per quanto riguarda il primo stadio, verso un’oscura fine nelle acque dell’Atlantico.

Un primo stadio senza “zampe”

Il logo della missione EchoStar-23. Credit: SpaceX

Per questo volo, infatti, il lanciatore dell’azienda di Hawthorne si presentava vistosamente in versione expendable, ossia non recuperabile. Sul primo stadio, come evidente sino dall’emblema della missione, erano assenti, alla base, le zampe di atterraggio e, in testa, le grid fin, ossia le alette mobili, che consentono di orientare il veicolo durante le delicate manovre di rientro. Questi dispositivi avrebbero costituito un inutile carico: il peso del payload, non dichiarato ufficialmente, ma stimato intorno alle 5,6 tonnellate (ossia il massimo fino ad oggi traportato da un Falcon 9), e il profilo della missione non avrebbero consentito di conservare nemmeno il propellente necessario per tentare l’atterraggio sulla chiatta-drone.

Ci eravamo quasi dimenticati dell’esistenza di questa opzione, dal momento che l’ultimo volo di SpaceX in cui non fu fatto alcun tentativo di recupero risale al marzo del 2015, quando non era ancora operativa l’attuale versione Full Thrust (o 1.2) del Falcon 9 e quando nessun booster era ancora atterrato. Da allora, anche se ha avuto alterna fortuna, il tentativo di atterraggio è diventato un’abitudine ed è atteso dagli appassionati che seguono i lanci più dell’ingresso in orbita del payload. Anche per lo sfortunata missione Amos-6, con un carico utile che si avvicinava alla soglia-limite, pesando 5,5 tonnellate, si era ipotizzato il recupero in mare.

È tuttavia probabile che nei prossimi mesi assisteremo ai lanci di altri primi stadi a perdere, come ad esempio quelli destinati portare in orbita Inmarsat-5 F4 e Intelsat-35e, “pesi massimi” oltre le 6 tonnellate. A meno che, come Elon Musk ha promesso, non entri in funzione prima della fine dell’anno una nuova variante del Falcon 9, la 1.3, generalmente indicata come Block 5, che dovrebbe costituire la versione definitiva del lanciatore, finora in costante sviluppo.

Oltre a essere più facilmente riutilizzabile, la nuova versione dovrebbe permettere anche un aumento della prestazioni, in modo da rendere possibile il recupero in tutti i comuni voli commerciali.

Il 31° volo di un Falcon 9

Il decollo del trentunesimo Falcon 9. Credit: SpaceX

Dopo il liftoff, la trentunesima missione di un Falcon 9 si è svolta in modo nominale per tutta la sua durata programmata di 34 minuti. Il primo stadio ha bruciato tutto il suo propellente in 2 minuti e 43 secondi, raggiungendo dopo poco più di un minuto il momento critico del massimo stress aerodinamico (Max Q). Dopo la separazione dello stadio esausto, il motore Merlin del secondo stadio si è acceso a T+2:55, per una durata di 5 minuti e mezzo. Nel frattempo, ormai superati gli strati densi dell’atmosfera, veniva rilasciato il fairing di protezione, esponendo il satellite allo spazio.

Il motore del secondo stadio durante la sua prima accensione. Credit: SpaceX

Trascorsa una fase di volo inerziale di poco meno di 18 minuti si verificava una seconda accensione di appena 60 secondi. Lo spegnimento definitivo del secondo stadio avveniva a circa 27 minuti dal decollo, seguito, dopo 7 minuti dalla separazione di Echostar-23, sopra i cieli della Tanzania. Il satellite provvederà autonomamente nei prossimi giorni ad innalzare il perigeo della suo orbita di trasferimento, fortemente ellettica, per raggiungere la posizione geostazionaria.

Il momento della separazione di EchoStart-23 dal secondo stadio del Falcon. Credit: SpaceX

Uno sguardo al payload

EchoStart-23 durante le fasi finali della sua costruzione. Credit: Space System/Loral

EchoStar-23 è un satellite commerciale per comunicazioni realizzato dalla Space Systems/Loral per conto della statunitense EchoStar Corporation. Costruito sulla classica piattaforma LS-1300, è in grado di operare su tre bande (monta 32 transponder per la banda Ku, più altri per le bande Ka e S) ed è pensato come strumento flessibile, in grado di svolgere missioni diverse, spostandosi in differenti posizioni orbitali.

Il satellite dispone di pannelli solari a cinque moduli che forniscono una potenza 15 kW e, oltre a propulsori chimici per l’innalzamento dell’orbita e il controllo di assetto, è dotato di un sistema a propulsione elettrica (4 thruster SPT-100, in grado di assicurare una spinta di 83 mN ciascuno) che lo rendono potenzialmente capace di una vita operativa superiore al comune standard di 15 anni.

Inizialmente EchoStar-23 si posizionerà in orbita geostazionaria a 86,4° Ovest, dove si fermerà per tre mesi, effettuando una lunga serie di test. Successivamente raggiungerà il suo primo slot orbitale, posto a 44,9° Ovest, ove opererà per conto del governo brasiliano, supportando trasmissioni televisive e altri servizi di comunicazione.

In attesa dal 2008

Solitamente tra il momento della costruzione di un satellite e quello della sua entrata in servizio passano diversi mesi e spesso anni ma, nel caso di EchoStar-23, si è trattato di una storia particolarmente lunga. La piattaforma su cui è stato costruito, infatti, era in origine destinata ad un altro progetto, denominato EchoStar-13 o CMBStar, che doveva fornire servizi video durante i giochi olimpici di Pechino nel lontano 2008. L’accordo tra l’azienda statunitense e il governo cinese saltò, quando apparve chiaro il satellite non poteva essere lanciato in tempo. L’hardware fu messo da parte nei magazzini della Space Systems/Loral fino al 2014, quando fu ordinato il nuovo satellite: con alcune modifiche EchoStar-13 fu aggiornato ad EchoStar-23.

Il Falcon 9 con EchoStar-23 fotografato sul pad 39A poche ore prima dello scrub. Credit: SpaceX

Il lancio era inizialmente pianificato per il terzo trimestre del 2016, ma poi, passato all’ultima parte dell’anno a causa dei cronici ritardi di SpaceX, è stato vittima della sospensione di oltre 4 mesi dei voli del Falcon 9, seguita all’incidente del 1° settembre. In seguito, EchoStar-23 è apparso brevemente tra i candidati per il primo volo del 2017, posto che è però andato ai dieci satelliti Iridium NEXT (decollati da Vandenberg il 14 gennaio), ed è stato il lizza per il primo volo dalla piattaforma 39A del Kennedy Space Center, ove ha avuto la precedenza la missione di rifornimento alla ISS Dragon CRS-10 (19 febbraio).

Di rinvio in rinvio si è arrivati a marzo e finalmente allo static fire del 10 che, superate le incertezze meteorologiche, ha aperto la strada al fortunato volo di oggi. Un successo giunto per la EchoStar Corporation sul filo della scadenza dei suoi obblighi contrattuali con il governo brasiliano, con il rischio di pesanti penali, qualora il servizio acquistato non diventi operativo entro la metà del 2017. L’operatore statunitense ha dichiarato di essere ancora in grado di rispettare la deadline per quanto riguarda le trasmissioni televisive in banda Ku, mentre cercherà di ottenere una proroga per gli altri servizi.

 

Video della diretta del lancio (webcast tecnico)

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Roberto Mastri

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