L-417: Riflessioni conclusive su Gravity

La Soyuz TMA-7 lascia la ISS. Fonte: NASA
La Sojuz TMA-7 lascia la ISS. Fonte: NASA

Dal Diario di bordo di Samantha Cristoforetti (questo articolo contiene spoiler):

Houston (USA), 10 ottobre 2013—Sono appena arrivata a Houston dopo un lungo volo in cui ho avuto il tempo di buttare giù qualche parola conclusiva su Gravity. Per favore vedete la nota L-418 di ieri e specialmente la L-420 di lunedì per le mie riflessioni generali sul film. Per farla breve: andate a vederlo, sarà una grande esperienza estetica e un incontro ravvicinato con alcune macchine spaziali straordinarie che gestiamo in orbita. Ora.

Come ho detto prima, il modo in cui è reso l’hardware è straordinariamente realistico, gli eventi e le operazioni non altrettanto. Ecco qualche altra riflessione su quello (spoiler alert!).

Samantha Cristoforetti sfila la tuta Sokol in addestramento a Star City. Fonte: Gagarin Cosmonaut Training Center

Come si sfila la tuta Sokol. Fonte: Gagarin Cosmonaut Training Center

  1. Pilotare un rendezvous—Siete seduti nella vostra minuscola Sojuz e volete volare verso la Stazione Spaziale Internazionale? Questo viene fatto quattro volte l’anno, tra l’altro—ogni volta che un nuovo equipaggio viene lanciato verso la Stazione. È chiamato rendezvous ed è quello che tecnicamente la Dr. Stone cerca di fare quando punta verso la Tiangong e tenta di accendere il motore principale della Sojuz. Eccetto che non funziona a quel modo. Diciamo che state seguendo la stazione. Per raggiungerla, avete bisogno di essere su un’orbita più bassa. Ecco il trucco: ogni orbita ha la sua specifica velocità orbitale. Più bassi siete, più veloci andate. Così, se vi trovate su un’orbita più bassa del vostro bersaglio, recuperate il distacco: lo chiamiamo phasing. Quindi a un certo punto avete bisogno di salire verso l’orbita del vostro bersaglio. Per questo, farete due accensioni prograde (significa in avanti) in due momenti precisi. Questo, che ci crediate o no, vi farà finire più lenti. Ma vi porterà su un’orbita più alta, così avrete raggiunto i vostri obiettivi: raggiungete il bersaglio e uguagliate la sua velocità più bassa. Avete capito: anche nel caso più semplice possibile che ho appena descritto, un rendezvous implica accendere il motore diverse volte con accensioni di estrema precisione, orientamento e durata. Nessun “punta e spara” qui!
  2. Non potete ingannare la Sojuz…—…A pensare che si trovi a 3 metri dal suolo. Non c’è nessun formato di controllo per inserite manualmente l’altezza rispetto al suolo e i razzi di atterraggio morbido vengono accesi automaticamente su comando di un altimetro radar. Inoltre, per esporli non solo dovreste separare i moduli della Sojuz (che hanno effettivamente fatto, mi è piaciuto!), ma anche staccare lo scudo termico che protegge il fondo del modulo di rientro durante la discesa. E, avete indovinato, anche questo avviene automaticamente.
  3. Cavalcare l’estintore—Non importa che non abbiamo un portello laterale nel modulo di discesa della Sojuz (perché dovrebbe servirvene uno?), ma quali sono le probabilità di arrivare alla ISS usando un estintore? Ricordo un vecchio annuncio pubblicitario di pneumatici che diceva “La potenza è nulla senza controllo”. In questo caso direi “La spinta è nulla senza controllo”. Diciamo che volete muovervi dritti all’indietro. Prima di tutto, avete bisogno di assicurarvi di orientare il corpo in modo che il vostro bersaglio sia dritto dietro di voi (come?). Poi la direzione del getto dell’estintore deve essere perfettamente allineata con il centro di massa del vostro sistema corpo-tuta. Se è solo leggermente disallineata, inevitabilmente ruoterete su voi stessi. Appena iniziate a ruotare, il vostro bersaglio, che abbiamo assunto eravate in qualche modo stati in grado di mettere dritti dietro di voi, non sarà più dietro di voi… iniziate a vedere un problema qui?
  4. Rientro—Quando ci addestriamo al rientro nel simulatore della Sojuz a Star City c’è una cosa che dobbiamo fare a tutti i costi, nonostante l’istruttore ci bombardi di combinazioni di malfunzionamenti degni di, beh, un film: dobbiamo assolutamente fare un’accensione di frenata con il corretto orientamento e con il ΔV (differenza di velocità) richiesto. In breve significa che rallentiamo giusto quanto richiesto per incontrare l’atmosfera con l’angolo corretto. Perché questo è importante? Beh, si da il caso che questa sia la chiave del vostro tornare a casa in un unico pezzo. Vi lascerò giudicare se il tipo di scenario da giorno dell’apocalisse raffigurato nel film potrebbe essere finito bene per la Dr. Stone.
  5. E per finire…—…Si sappia che i russi non sono stupidi e certamente non gli ultimi arrivati nel business spaziale. Credo che uno possa sostenere che l’hanno inventato loro. Questa catastrofica reazione a catena di detriti spaziali non è realistica così com’è. Che i russi, che hanno tre membri dell’equipaggio sulla ISS tutto il tempo, possano causarla, è una sciocchezza!

C’erano naturalmente molte altre piccole cose, dalla caduta della pressione parziale dell’ossigeno nel modulo di discesa senza perdita complessiva di pressione, a uscire dalla tuta Sokol sott’acqua in pochi secondi (in realtà non è una tuta da togliere rapidamente, come potete vedere nella foto), ma mi fermerò qui da parte mia. Domani riprendo ad addestrarmi io!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Leggi il Diario di bordo di Samantha Cristoforetti e l’introduzione.

  Questo articolo è © 2006-2024 dell'Associazione ISAA, ove non diversamente indicato. Vedi le condizioni di licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.

Samantha Cristoforetti

Ingegnere ed ex ufficiale dell'Aeronautica Militare, dal 2009 è un’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Ha volato nello spazio per 199 giorni, dal 23 novembre 2014 all'11 giugno 2015 per la missione Futura, svoltasi a cavallo tra Expedition 42 ed Expedition 43.

4 Risposte

  1. Michele Scarparo ha detto:

    Leggere il commento di un astronauta (VERO) ad un film del genere è una delle cose più interessanti che mi siano capitate ultimamente.
    Complimenti ed un grandissimo in bocca al lupo!

    ps: ma gli astronauti hanno dei particolari modi di dire “scaramantici”? in fondo anche atleti di altissimo livello hanno una ritualità di questo tipo che li aiuta a scaricare la tensione…

    • Paolo Amoroso ha detto:

      Uno dei modi di dire più frequenti fra gli astronauti e nel settore spaziale è “godspeed!”, una augurio che una missione o un’attività riesca al meglio e senza problemi.

  2. Luis Iuvara ha detto:

    Leggendo il tuo commento mi confermi quello che pensavo. Infatti, pur essendo incompetente in materia, mi è bastato guardare filmati di veri astronauti per capire che l’EVA è molto più lenta a causa della tuta pressurizzata.
    Lo stesso quando si è tolta la tuta ad una velocità impossibile nella realtà.
    Grazie per questo approfondito e chiaro commento!
    Non vedo l’ora di vederti in orbita (scusa il gioco di parole). 🙂
    Grazie e buon lavoro!

  3. Fabio Monteneri ha detto:

    ho letto i 3 articoli, beh.. immaginavo ci fossero delle falle nel film ma non così tante! quando l’ho visto la settimana scorsa ho pianto (in senso positivo).. è uno dei film che mi ha appassionato di più, e rivederlo di nuovo mi farà pensare alle tue parole!