Nuovi studi sui probabili batteri marziani in ALH84001

Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA
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Grazie all'utilizzo di strumenti di analisi più avanzati oggi disponibili, un team di ricercatori del Johnson Space Center ha riesaminato le scoperte effettuate nel 1996 sul meteorite ALH84001, che conteneva indizi significativi sull'ipotesi che nell'antichità il pianeta Marte abbia ospitato forme di vita.

La nuova ricerca è stata focalizzata sull'analisi di processi alternativi che potessero portare alla formazione di quelle tracce, a suo tempo interpretate come segnali di antiche forme di vita, presenti sul meteorite. Il recente studio afferma che sono proprio le origini biologiche di tali tracce l'ipotesi più probabile per spiegare la presenza di questi materiali, così come delle particolari strutture che sono state fotografate su ALH84001.

Nel 1996 un gruppo di scienziati guidati da David McKay, Everett Gibson e Kathie Thomas-Keprta del centro NASA del Johnson Space Center (JSC) di Houston, pubblicò un articolo sulla rivista "Science", nel quale annunciavano la scoperta di tracce di natura biologica nel meteorite marziano ALH84001.
Un altro lavoro di recente pubblicazione rivisita l'ipotesi originale con una nuova analisi. L'articolo, intitolato "Origine dei nanocristalli di magnetite nel meteorite marziano ALH84001" ("Origin of Magnetite Nanocrystals in Martian Meteorite ALH84001,") di Thomas-Keprta e coautori Simon Clemett, McKay, Gibson e Susan Wentworth, tutti impiegati presso l' "Astromaterials Research and Exploration Science Directorate" del JSC, sarà disponibile nel numero di Novembre della rivista scientifica "Geochimica ed Cosmochimica Acta" della Geochemical Society and The Meteoritical Society.

I cristalli di magnetite di ALH84001 sono stati al centro del dibattito riguardante la possibilità di vita su Marte. La magnetite è un minerale magnetico di tipo ferroso. Sulla Terra alcuni batteri presenti nell'acqua e nel suolo secernono questo materiale dalle loro cellule. Lo studio del 1996 suggeriva che alcuni cristalli di magnetite, combinati con globli di carbonati rinvenuti su ALH84001, sono di origine biologica poichè condividono numerose caratteristiche con quelli prodotti da batteri terrestri.
Altri studiosi sostenevano invece che la magnetite presente su ALH84001 era con ogni probabilità da attribuirsi a processi inorganici, e che tali processi potevano essere ripetuti artificialmente in ambiente di laboratorio riscaldando dei carbonati in un processo noto con il nome di decomposizione termica, che porta alla formazione di magnetite identica a quella rinvenuta sul meteorite marziano.

In questo nuovo studio i ricercatori del JSC ridiscutono le principali ipotesi alternative di tipo non biologico, che sostenevano come causa della formazione della magnetite fattori legati al riscaldamento o a shock decompositivi. Gli autori sostengono infatti che i loro nuovi risultati non hanno evidenziato prove a sostegno di processi inorganici correlati al calore, concludendo, invece, che la spiegazione biogenetica rimane l'ipotesi più probabile.

"In questo studio, interpretiamo i nostri risultati per illustrare come le ipotesi di processi inorganici verificatisi in situ siano inconsistenti con i dati raccolti, implicando così che l'origine biologica rimanga un'ipotesi del tutto legittima", ha dichiarato l'autore Thomas-Keprta, senior scientist della Barrios Technology presso il JSC.
"Siamo convinti che le ipotesi di origine biologica siano più forti ora di quanto non lo fossero quando le proponemmo per la prima volta 13 anni fa", ha dichiarato Gibson, senior scientist della NASA.

In aggiunta all'articolo riguardante ALH84001, il team del JSC ha anche pubblicato uno studio che identifica le forme e le morfologie dei ritrovamenti nei meteoriti marziani come del tutto analoghe alle strutture di origine microbica ritrovate sulla Terra. Tali strutture, osservate al microscopio elettronico a scansione, sono state battezzate "biomorfe" ("biomorphs" nel testo originale, ndT) a causa della loro forte somiglianza con quelle prodotte da agenti biologici sulla Terra. Le strutture biomorfe osservate nei meteoriti saranno oggetto di ulteriori studi del team del JSC, incluse analisi di tipo chimico e isotopico.

"Le prove a supporto della possibile esistenza di antiche forme di vita su Marte si sono lentamente accumulate nel corso dello scorso decennio", ha affermato McKay, leader della divisione Exploration e Astrobiology della NASA. "Tali prove includono tracce lasciate dall'acqua sull'antica superficie di Marte, come i resti di fiumi, laghi e forse oceani; tracce di attività idrica recente in prossimità della superficie (i c.d. Mars Gullies, ndT); e i recenti apporti di gas metano nell'atmosfera marziana, una scoperta che potrebbe avere diverse spiegazioni, inclusa la presenza di fome di vita microbiche, la principale fonte di metano anche sulla Terra."

Per scaricare i due articoli scientifici e le foto a corredo consultare i seguenti siti:

NASA – [url=http://www.nasa.gov/centers/johnson/news/releases/2009/J09-030.html]http://www.nasa.gov/centers/johnson/news/releases/2009/J09-030.html[/url]
NASA – [url=http://www.nasa.gov/centers/johnson/home/mars_meteorite.html]http://www.nasa.gov/centers/johnson/home/mars_meteorite.html[/url]

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Marco Zambianchi

Spacecraft Operations Engineer per EPS-SG presso EUMETSAT, ha fatto parte in precedenza dei Flight Control Team di INTEGRAL, XMM/Newton e Gaia. È fondatore di ForumAstronautico.it e co-fondatore di AstronautiCAST. Conferenziere di astronautica al Planetario di Lecco fino al 2012, scrive ora su AstronautiNEWS ed è co-fondatore e consigliere dell'associazione ISAA.