Il modulo BEAM consegnato a NASA per il lancio

William Gerstenmaier e Jason Crusan di NASA davanti all'esemplare di volo del modulo BEAM lo scorso 12 marzo, a Las Vegas, nella sede di Bigelow Aerospace. Credit: NASA/Stephanie Schierholz

William Gerstenmaier e Jason Crusan di NASA davanti all’esemplare di volo del modulo BEAM lo scorso 12 marzo, a Las Vegas, nella sede di Bigelow Aerospace.
Credit: NASA/Stephanie Schierholz

È pronto al debutto il modulo gonfiabile BEAM di Bigelow Aerospace, consegnato ufficialmente alla NASA lo scorso venerdì 12 marzo durante una cerimonia ufficiale seguita da una conferenza stampa. Trasportato nella parte posteriore non pressurizzata della capsula Dragon CRS-8, il cui decollo è fissato al momento per il prossimo 2 settembre 2015, il modulo sarà agganciato ad uno dei boccaporti del Nodo 3 preparati dagli astronauti di Epedition 42.

La missione di BEAM

Lo scopo primario della missione BEAM (acronimo di Bigelow Expendable Activity Module) è di investigare le proprietà strutturali, termiche, acustiche e il livello radioattivo interno di un modulo gonfiabile, che per la prima volta sarà aggiunto alla Stazione Spaziale Internazionale. Il contratto di fornitura del modulo BEAM era stato firmato lo scorso 16 gennaio 2013 per un valore di quasi 18 milioni di dollari, e prevedeva la costruzione di un esemplare dimostrativo capace di restare operativo per due anni dal lancio.

Un simulacro del modulo BEAM in scala reale durante la sigla del contratto tra NASA e Bigelow Aerospace nel gennaio  2013 - Credits: (NASA/Bill Ingalls)

Un simulacro del modulo BEAM in scala reale durante la sigla del contratto tra NASA e Bigelow Aerospace nel gennaio 2013 – Credits: (NASA/Bill Ingalls)

Con una massa di poco superiore a 1.300 kg, il gonfiaggio completo di BEAM richiderà 4 minuti e mezzo. La struttura del modulo è paragonabile a quella degli pneumatici rinforzati con fasce di fibre metalliche. Secondo quanto dichiarato da Robert Bigelow, i risultati dei test di impatto ad alta velocità sul tessuto di cui si compongono le pareti ha dato risultati migliori dell’alluminio attualmente usato per i moduli della ISS. Non ci si deve aspettare quindi, in caso di impatto, un “effetto palloncino bucato” perché che la struttura garantisce agli astronauti un buon margine di intervento per tappare eventuali falle. Valore aggiunto sono anche alcune “mattonelle” di acqua poste ad ulteriore protezione della salute degli astronauti contro le radiazioni ionizzanti.

Dotato di un boccaporto standard di aggancio fornito da Sierra Nevada per 2 milioni di dollari, BEAM non è però corredato da un sistema autonomo di supporto vitale, pertanto il ricircolo dell’aria dovrà essere garantito dalla posa in opera di apposite tubazioni flessibili. Una volta conclusa la sua vita utile il modulo verrà distaccato e si distruggerà al rientro in atmosfera.

Secondo le dichiarazioni rilasciate lo scorso 12 marzo durante l’evento presso la sede di Bigelow Aerospace da William H. Gerstenmaier, Amministratore associato della NASA con delega all’esplorazione umana del cosmo e alle operazioni, l’equipaggio della ISS sarà libero di fare uso di BEAM senza limitazioni quando gli esperimenti strutturali non saranno in corso, anche per semplici attività ricreative durante il loro tempo libero.

Nel video NASA possiamo vedere la ricostruzione in computer grafica dell’aggancio di BEAM al corpo principale della stazione.

Il futuro dei moduli gonfiabili

Il valore aggiunto dei moduli gonfiabili in vari scenari di missione abitata è notevole, sia dal punto di vista del comfort dell’equipaggio, soprattutto per missioni di lungo periodo. sia per la ridotta occupazione di spazi nell’ogiva del lanciatore grazie alla struttura estremamente compatta combinata (a parità di volume finale) ad un significativo risparmio in termini di massa.

Uno spaccato del modulo TransHab così come originariamente immaginato da NASA - Credits: NASA

Uno spaccato del modulo TransHab così come originariamente immaginato da NASA – Credits: NASA

Va sottolineato come l’idea di utilizzare nello spazio dei moduli gonfiabili non sia un’invenzione di Robert Bigelow, fondatore e presidente dell’omonima azienda, cui va però certamente riconosciuto il merito di aver intuto il potenziale del programma Transhab della NASA, dopo che l’ente spaziale americano ne aveva abbandonato lo sviluppo (si veda anche il documento “Inflatable Structures Technology Handbook Chapter 21 Inflatable Habitats” nell’archivio NTRS)

Al momento Bigelow Aerospace non ha concorrenti dichiarati, e punta a lanciare due stazioni spaziali BA-330 attorno al 2018.

Per Bigelow Aerospace un buon successo di BEAM sarà la chiave per il futuro: sono già stati progettati e lanciati con successo a spese di Mr. Bigelow due moduli gonfiabili, Genesis I nel 2006 e II nel 2007, ma una risultato positivo di questa esperienza congiunta con NASA contribuirà con ogni probabilità a sciogliere ogni residua riserva da parte di potenziali clienti che volessero commissionare la realizzazione delle prime stazioni spaziali private.

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Marco Zambianchi

Spacecraft Operations Engineer per EPS-SG presso EUMETSAT, ha fatto parte in precedenza dei Flight Control Team di INTEGRAL, XMM/Newton e Gaia. È fondatore di ForumAstronautico.it e co-fondatore di AstronautiCAST. Conferenziere di astronautica al Planetario di Lecco fino al 2012, scrive ora su AstronautiNEWS ed è co-fondatore e consigliere dell'associazione ISAA.