Accordo ASI-Polimi per “Attività di Ricerca e Innovazione”

La sede ASI a Roma. Credit: Simone Montrasio

Far partire il futuro dalla ricerca

Mario Cosmo, direttore ASI di Scienza e Innovazione

Nel 2018, l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e il Politecnico di Milano (Polimi), siglarono un accordo attuativo quindicennale di collaborazione a supporto dell’innovazione nel settore spaziale. L’intesa strategica di lungo termine promuove la ricerca applicata, la formazione di giovani ricercatori e il trasferimento tecnologico finale verso l’industria nazionale con la nascita di start-up e spin-off multidisciplinari.

Lo scorso 15 ottobre, presso il quartier generale ASI a Roma, si è tenuto l’incontro di aggiornamento di medio termine in cui ASI e Polimi hanno presentato quanto realizzato finora. In questi primi sette anni di lavoro 30 ricercatori, 20 dottori di ricerca e 20 assegnisti di ricerca hanno prodotto oltre 40 pubblicazioni scientifiche, 40 atti di convegno e 50 tesi di dottorato e magistrali.
Il progetto coinvolge diversi dipartimenti del Polimi e si divide in tre aree:

  • tecnologie d’avanguardia per payload spaziali;
  • materiali avanzati per applicazioni nello spazio;
  • nuove tecnologie di produzione additiva.

Il tutto è supportato in parallelo dallo sviluppo di nuovi software di simulazione e modellazione matematica anche sfruttando l’intelligenza artificiale.

Tecnologie innovative per payload spaziali

Credit: M. Lavagna/Polimi/ASI

Il lavoro per individuare e sviluppare nuove tecnologie si è incentrato su due temi principali: scenari di superficie e scenari di prossimità.
Il primo riguarda l’esplorazione robotica della Luna, Marte e gli asteroidi, e prevede il perfezionamento della conoscenza del suolo granulare al fine di realizzare un affidabile ambiente virtuale per progettare e testare nuovi hardware quali sistemi di atterraggio, ruote/gambe, bracci manipolatori, campionatori o esperimenti scientifici, come per esempio ORACLE per l’estrazione di ossigeno dalla regolite lunare.
Lo scenario di prossimità invece riguarda i casi in cui un satellite si avvicina a un altro satellite sia per operazioni di on orbit servicing (manutenzione e rifornimento) sia nel caso di obiettivo non cooperativo (satellite fuori uso o asteroide). Sono stati quindi sviluppati nuovi modelli matematici e algoritmi di apprendimento per perfezionare la dinamica e robustezza dei manipolatori robotici durante le fasi di cattura e eventuale aggancio definitivo.

Per entrambi gli scenari si stanno sviluppando:

  • Tecnologie avanzate per la componentistica di bordo e la strumentazione scientifica.
  • Progettazione di missione e astrodinamica avanzata: miglioramento della gestione del ciclo operativo di una missione attraverso la digitalizzazione e l’analisi dei dati raccolti usando diversi sistemi (per esempio utilizzando l’elaborazione del linguaggio naturale).
  • Tecnologie avanzate di guida, navigazione e controllo: sviluppo di sistemi di misurazioni ottiche (infrarosso e visibile) innovativi per missioni in prossimità di oggetti non cooperativi (asteroidi).
  • Infrastrutture di verifica sperimentale: sviluppo di un’infrastruttura di laboratorio per simulare le dinamiche software e hardware di prossimità orbitale e gravità ridotta.

Responsabile: Prof.ssa Michèle Lavagna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali

Materiali avanzati per applicazioni nello spazio

Il Prof. Bettini durante la presentazione. Credit: Simone Montrasio

Quest’area si occupa dello sviluppo di materiali e strumenti di progettazione per componenti avanzati da utilizzare nello spazio. I nuovi componenti, prendendo spunto dalla natura, dovranno essere leggeri, compatti, semplici e facili da assemblare, multifunzionali e autonomi (con capacità di cambiare forma, dotati di sensori per monitorare il proprio stato di salute e l’ambiente operativo, e la capacità di autoripararsi).

  • Sensori: è stata scelta la tecnologia delle fibre ottiche in quanto di piccolissime dimensioni (diametro da 25 a 40 µm), immuni ai campi elettromagnetici, facili da incorporare nelle strutture composite a matrice polimerica (anche con percorsi complessi). Inoltre, sfruttando la birifrangenza della luce, ciascuna fibra può trasportare due segnali differenti (per esempio temperatura e sforzo meccanico).
  • Materiali auto-riparanti: sviluppo di materiali a matrice polimerica epossidica, in grado di auto-riparare piccole fessurazioni grazie all’azione di legami covalenti dinamici a base di zolfo. La matrice viene quindi utilizzata per impregnare superfici in fibra di carbonio per realizzare materiali strutturali.
  • Effetto memoria di forma: realizzare strutture flessibili, anche stampate in 3D, che sfruttino le transizioni tra la fase austenitica e martensitica delle leghe metalliche, attivate dalla temperatura e sforzo applicato, per recuperare la propria forma in seguito a una deformazione. Realizzando in questo modo dei pannelli radianti di un satellite, essi si aprirebbero e chiuderebbero dipendentemente dal calore da dissipare senza l’utilizzo di motori, attuatori e cerniere meccaniche.
  • Ricostruzione della forma: sovrapposizione di diverse membrane, provviste di sensori e un algoritmo che monitora diversi punti delle stesse per rilevarne la variazione della forma globale, avviando quindi il ripristino della forma originale.

Responsabile: Prof. Paolo Bettini, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali

Nuove tecnologie di produzione additiva

Una giornata a diretto contatto con il futuro della ricerca italiana in ambito spaziale
Credit: B.M. Colosimo/Polimi/ASI

Un settore relativamente nuovo in campo aerospaziale che attualmente ha ancora un costo superiore alla normale manifattura ma che, a parità di prodotto realizzato, porterà diversi vantaggi:

  • riduzione della massa (il che facilita anche la distruzione durante il deorbiting);
  • prestazioni avanzate e riduzione dei componenti;
  • riduzione del periodo che trascorre dalla richiesta da parte del cliente alla consegna;
  • stampa di prodotti unici o in serie;
  • nuove funzionalità, quale per esempio la capacità di aumentare le prestazioni termomeccaniche attraverso la stampa multimateriale (fino a tre), che sceglie il materiale adatto e lo mette precisamente dove serve.

La sperimentazione si è concentrata sull’utilizzo di rame puro, leghe di rame, simulante della regolite lunare e bioprinting (pelle e cartilagine), utilizzando la stampa a letto di polvere laser (L-PBF), a fascio di elettroni (EBM), Material Extrusion (MEX) e Binder Jetting (BJ).
Per facilitare la scelta del metodo più adatto da utilizzare è stato sviluppato anche un modello decisionale che tiene conto del costo, sicurezza, facilità nell’utilizzo, adattabilità del sistema, gradi di libertà nella progettazione e qualità finale.

Per aumentare la qualità, ridurre i difetti e quindi gli sprechi, si è lavorato anche sulla raccolta dei dati durante tutto il processo di stampa che fornisce molteplici segnali, immagini e video nel visibile e nel termico. Analizzando in tempo reale i dati è quindi possibile prevedere l’inizio di un difetto (energia eccessiva rispetto alla geometria da realizzare in un determinato punto) e intervenire adeguatamente, anche automaticamente, senza aspettare la fine della stampa e magari scartare il pezzo.

Responsabile: Prof.ssa Bianca Maria Colosimo, Dipartimento di Meccanica

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.

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