Rocket Lab fa doppietta: torna a volare con Electron e mette in orbita il suo primo satellite

Il decollo del quattordicesimo lancio di Electron, I Can't Believe It's Not Optical. Credits: Rocket Lab.

Il ritorno al volo del 30 agosto del lanciatore Electron ha marcato la ripresa delle attività per Rocket Lab, la compagnia aerospaziale statunitense-neozelandese operante nel settore dei piccoli satelliti.

Il volo precedente, avvenuto in giugno, era fallito risultando nella perdita del carico utile, e la compagnia aveva condotto una campagna di investigazione per determinarne le cause. In un comunicato stampa Peter Beck, fondatore e amministratore delegato della compagnia, ha dichiarato che la causa del fallimento è avvenuta sotto circostanze «uniche e molto specifiche», le quali hanno condotto alla rottura di un componente elettrico causando lo spegnimento del lanciatore.

Questa volta però il lancio è stato un successo e il vettore Electron, costituito da due stadi alimentati a cherosene e ossigeno liquido e un terzo stadio chiamato kick stage, ha trasportato un piccolo satellite di circa 100 chilogrammi chiamato Sequoia. Costruito e operato dalla società statunitense Capella Space, il satellite monta un radar ad apertura sintetica (SAR) ed è il primo elemento di una costellazione pianificata di 30 satelliti per l’osservazione della Terra.

La peculiarità del radar è, rispetto a uno strumento ottico, quella di poter scansionare la superficie terrestre in qualsiasi condizione meteorologica. Secondo Capella Space, il radar su Sequoia può generare immagini con una risoluzione fino a 50 centimetri. «Una volta completata, la costellazione produrrà immagini dell’intera superficie terrestre in un’ora» scrive il fondatore Payam Banazadeh. «Tali capacità possono essere utilizzate per diversi scopi, dal monitoraggio continuo di obiettivi sensibili a impieghi umanitari tramite la determinazione dei danni causati da calamità naturali».

Una sorpresa a bordo

Ma la vera sorpresa di questo lancio è che, oltre a Sequoia, a bordo del lanciatore c’era un secondo satellite chiamato Photon, costruito proprio da Rocket Lab. L’annuncio è arrivato tramite webcast il 3 settembre, qualche giorno dopo il lancio, dimostrando così la capacità della compagnia di costruire piattaforme satellitari e pertanto di fornire una gamma completa di servizi spaziali. Il satellite, chiamato First Light, fisicamente coincide con il kick stage di Electron e ha la missione di dimostrare le tecnologie di base impiegate nella neonata piattaforma satellitare. First Light monta inoltre una fotocamera che ha prodotto immagini del satellite stesso e della Terra.

Una delle prime fotografie catturate da First Light. Credits: Rocket Lab.

Secondo Beck, la dimostrata nuova capacità di Rocket Lab, già peraltro preannunciata ad aprile 2019, può essere interessante per una clientela in cerca di una soluzione “chiavi in mano”, comprensiva di satellite, lanciatore e stazioni di Terra. «È una diversificazione del nostro business necessaria a distinguerci sul mercato del 2020», ha dichiarato Beck, «e offre al cliente il vantaggio di potersi concentrare maggiormente sul carico pagante e cominciare le operazioni in tempi più brevi».

Secondo Rocket Lab, Photon sarà in grado di compiere missioni in orbita bassa, ma anche verso la Luna e altri pianeti del sistema solare. Il suo punto di forza sarebbe una considerevole capacità propulsiva, costruita sull’esperienza acquisita con le operazioni del kick stage, e integrata verticalmente all’interno della compagnia.

Il kick stage di Electron trasformato in Photon, un satellite vero e proprio. Credits: Rocket Lab.

Con questo volo, soprannominato I Can’t Believe It’s Not Optical, Electron marca il dodicesimo successo su quattordici voli. I due fallimenti sono stati il volo inaugurale e il lancio dello scorso luglio, nel quale sono andati perduti sette satelliti di clienti vari.

Nel prossimo futuro, Rocket Lab sta pianificando di rendere Electron almeno parzialmente riutilizzabile. Il piano consiste nel catturare il primo stadio del lanciatore tramite un elicottero mentre ricade nell’oceano rallentato da un paracadute. La compagnia ha già dimostrato la capacità di cattura lo scorso marzo, in un test di caduta con un primo stadio fantoccio. Il prossimo passo attualmente prevede di riportare a Terra il primo stadio dallo splashdown del lancio di Electron numero 17 (attualmente pianificato per febbraio 2021) per un’attenta ispezione, in preparazione ad ulteriori dimostrazioni verso la riusabilità del primo stadio del lanciatore.

Recupero di un primo stadio fantoccio tramite elicottero, per un test verso la riusabilità di Electron. Credits: Rocket Lab.

Fonti: Rocket Lab (13º lancio, First Light), Capella Space, Space.com, SpaceNews.

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