Sarà il Falcon Heavy di SpaceX a lanciare la missione Dragonfly della NASA
Con un comunicato rilasciato nella mattinata di martedì 26 novembre 2024, l’agenzia spaziale statunitense (NASA) ha reso noto di aver scelto il Falcon Heavy di SpaceX per lanciare la missione Dragonfly verso Titano, il satellite più grande di Saturno. Il contratto ha un valore complessivo di circa 256,6 milioni di dollari e indica il Launch Complex 39A del Kennedy Space Center (KSC), in Florida, come base di lancio.
Se lo sviluppo della sonda proseguirà senza intoppi, la prima opportunità di partenza sarà il 5 luglio 2028, ma in caso di problemi sarà possibile tentare il decollo fino al 25 luglio. L’arrivo su Titano è previsto sei anni e mezzo dopo, nel dicembre 2034.
La missione
Sebbene la caratteristica principale di Dragonfly sia l’essere dotato di quattro coppie di eliche, il drone trascorrerà la maggior parte dei 40 mesi della missione primaria sulla superficie: il drone effettuerà un volo ogni trentadue giorni terrestri (due giorni su Titano). Tra gli obiettivi ci sono studiare le strutture geologiche del suolo, effettuare rilevazioni sull’attività sismica interna, caratterizzare le componenti chimiche del suolo e monitorare le condizioni atmosferiche.
Dragonfly è anche una missione di archeoastrobiologia: si cercheranno tracce chimiche che potrebbero indicare l’esistenza di forme di vita passate basate sull’acqua o sugli idrocarburi, due composti che potrebbero aver interagito in alcune regioni per un lungo periodo di tempo.
La possibilità di volare permetterà a Dragonfly di esplorare siti molto distanti e potenzialmente diversi in poco tempo: è stimato che percorrerà poco meno di 200 km, quasi il doppio di quanto abbiano fatto tutti i rover marziani complessivamente. Durante queste fasi di volo avrà comunque la possibilità di compiere indagini scientifiche, fornendo immagini aeree del suolo, di individuare potenziali zone di interesse e di studiare il profilo dell’atmosfera, ovvero la variazione di pressione, densità e temperatura a quote diverse.
A causa della grande distanza di Titano dal Sole e dall’atmosfera opaca, Dragonfly utilizzerà un generatore a radioisotopi (MMRTG) per ricaricare le batterie che gli consentono di volare.
La scelta di un veicolo in grado di volare è stata fatta per via delle caratteristiche dell’atmosfera di Titano, quattro volte più densa di quella terrestre. L’idea non è completamente nuova: già alcuni studi della fine degli anni ’90 avevano individuato nei mezzi aerei il fattore chiave per l’esplorazione del satellite.
La struttura
Il Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (JHUAPL), che ha progettato, costruito e che dirigerà la missione per conto della NASA, ha definito Dragonfly come un «doppio quadricottero» o un «ottocottero» per via delle quattro coppie di eliche di cui è dotato: hanno un diametro di 1,35 m ciascuna e sono state inserite a coppie per garantire ridondanza in caso di problemi.
La parola “drone” può però risultare fuorviante: ha una massa di 875 kg e le dimensioni di una piccola automobile (3,85 m × 1,75 m × 1,75 m).
La suite di cinque a strumenti a disposizione, secondo quanto riportato dal sito ufficiale della missione, sarà «la più costosa mai portata su qualsiasi corpo celeste». A corredo ci saranno un’antenna ad alto e una a medio guadagno, una radio in banda X progettata dal JHUAPL, un sistema lidar e camere di navigazione, oltre ai sensori di pressione e del vento.
Il principale strumento di Dragonfly è lo spettrometro di massa DraMS (Dragonfly Mass Spectrometer), un dispositivo in grado di analizzare i materiali e determinarne la composizione chimica. DraMS sarà utilizzato in combinazione con DrACO (Drill for Acquisition of Complex Organics), un trapano a percussione che consentirà il carotaggio del suolo e la raccolta di campioni da inviare con un sistema pneumatico proprio a DraMS.
Il Gamma-ray and Neutron Spectrometer (DraGNS) sarà utilizzato per bombardare il suolo con neutroni e raggi gamma, prodotti tramite un generatore pulsante (PNG, pulsed neutron generator): così facendo si potranno determinare i punti con le concentrazioni maggiori di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto e stabilire se sia necessario effettuare un’analisi più approfondita con DraMS.
Prima di ogni decollo saranno attivati i sensori di DraGMet (Dragonfly Geophysics and Meteorology), che verificheranno la velocità del vento, la pressione e la temperatura, mentre immediatamente dopo l’atterraggio dei sensori sui pattini di Dragonfly permetteranno una rapida analisi della texture del terreno. DraGMet potrà anche verificare la presenza di attività sismica all’interno del satellite.
Infine DragonCam permetterà di caratterizzare i processi in atto sulla superficie a quote diverse, oltre a studiare le caratteristiche del paesaggio in generale.
Titano
Il fatto di essere un satellite di un pianeta non implica limiti alle dimensioni che questo può avere: Titano, oltre ad essere il più grande tra quelli di Saturno, è anche poco più grande di Mercurio e molto di più della Luna. Ma l’interesse non è dovuto solamente alle sue dimensioni: dalle analisi effettuate nel corso degli anni si è concluso che la superficie di Titano, a causa della temperatura superficiale di circa -180 °C, sia uno spesso strato di acqua ghiacciata. Il satellite possiede anche altre caratteristiche interessanti, come un sistema di mari, laghi e fiumi alimentati da piogge e nuvole, oltre ad un oceano di acqua salata al di sotto della crosta ghiacciata.
La densa atmosfera (come detto, quattro volte superiore rispetto a quella della Terra), unitamente ad un giorno molto lungo (16 giorni terrestri) e una stagionalità altrettanto lunga, porta a condizioni meteorologiche molto calme. Inoltre, i venti presenti sono molto deboli a causa della piccolissima variazione di temperatura (1 °C) nei vari luoghi in superficie. Infine, Titano ha una gravità quasi comparabile a quella lunare e il 14% di quella terrestre: tutti questi fattori permettono di poter effettuare lunghi voli senza necessità di temere eventi meteorologici estremi o consumare troppa energia.
Nonostante rappresenti l’ambiente più simile alla Terra a distanze tali da poter essere esplorato direttamente con una sonda, le prime vere informazioni sull’ambiente di Titano sono giunte con la missione Cassini–Huygens della NASA, che effettuò 127 sorvoli ravvicinati nel corso dei 13 anni di missione di esplorazione di Saturno e del suo complesso sistema di anelli e satelliti. Le immagini della superficie giunsero però dal lander Huygens. dal nome dello scopritore del satellite: sviluppato dall’agenzia spaziale europea (ESA), era progettato per inviare dati e rilevazioni durante la lunga discesa in atmosfera e per un breve periodo una volta atterrato.
L’importanza di Dragonfly risiede quindi nella possibilità di studiare una potenziale copia della Terra primordiale, quando la concentrazione di metano nell’atmosfera era maggiore di quella attuale. Questo gas avrebbe donato un colore arancione all’atmosfera, rendendola opaca e proteggendola dalle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole e in grado di recare danni alle molecole di DNA delle forme di vita in sviluppo. A differenza della Terra su Titano non è però presente acqua liquida, considerata fondamentale per lo sviluppo della vita. La significativa percentuale di metano, tuttavia, ne potrebbe avere però permesso lo sviluppo di altre basate sugli idrocarburi.
Fonti: NASA (1), NASA (2), sito web della missione, sito del JHUAPL, presentazione di Elizabeth Turtle, PI di Dragonfly
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