Polaris Dawn, ce l’abbiamo fatta!
Dopo settimane di attesa e di meteo incerto, alle 11:23 italiane il Falcon 9 di SpaceX è decollato dal Launch Complex 39A del Kennedy Space Center (KSC), in Florida, negli Stati Uniti d’America, con l’obiettivo di portare in orbita la Crew Dragon Resilience e il suo equipaggio composto da: Jared Isaacman (comandante), Scott Poteet (pilota), Anna Menon (medico di bordo e specialista di missione) e Sarah Gillis (specialista di missione).
Dettagli sulla missione
La missione, che durerà cinque giorni, non avrà come destinazione la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), dove solitamente la Crew Dragon e la versione senza equipaggio Cargo Dragon sono dirette: si tratta infatti di una missione in cosiddetto volo libero, in cui la capsula non viene agganciata ad alcuna stazione orbitante ma garantisce da sola l’abitabilità per tutta la durata del viaggio. Non si tratta della prima missione di questo tipo per SpaceX, e in particolare per questa capsula: nel settembre 2021, Resilience aveva portato l’equipaggio di Inspiration4 in orbita terrestre, per quella che era stata definita la «prima missione con soli civili nella storia». In questo caso la definizione di «civili» non si riferisce tanto alla provenienza o meno da forze armate da parte dei membri dell’equipaggio, quanto al fatto che tutti e quattro non erano astronauti di professione.
Polaris Dawn segue una filosofia simile: a differenza di Inspiration4 si tratta però della prima di tre missioni nell’ambito del Programma Polaris, finanziato da Isaacman, e che vedrà un altro volo a bordo della Crew Dragon e infine una missione a bordo di Starship, il lanciatore superpesante in fase di sviluppo da parte di SpaceX a Boca Chica, in Texas.
Gli obiettivi di Polaris Dawn sono però più ambiziosi: oltre alla maggior durata, la traiettoria della missione è stata studiata per fare in modo che la capsula passi attraverso la South Atlantic Anomaly (SAA), una regione delle fasce di Van Allen situata a quota più bassa delle altre e localizzata sulla parte meridionale del Sud America. La quota raggiunta dalle radiazioni scende fino a 200 km ed è pertanto un’area in cui il transito dei satelliti o della ISS è osservato in particolar modo: spesso sui satelliti le attrezzature vengono spente per evitare letture errate, dovute alla presenza di particelle cariche che impattano la sonda. Passare attraverso la SAA permetterà quindi di testare l’effetto delle radiazioni sulla capsula e quindi anche sul corpo umano.
L’altro grande obiettivo della missione sarà l’esecuzione di un’attività extraveicolare (EVA) durante il terzo giorno. Non sono stati diffusi dettagli su cosa effettivamente gli astronauti faranno, ma si sa che saranno Isaacman e Gillis ad uscire di alcuni metri dal portellone superiore, con i piedi ancorati a un supporto. A differenza dei primi giorni dall’annuncio, la modalità di svolgimento dell’EVA è stata cambiata: inizialmente gli astronauti avrebbero dovuto fluttuare nel vuoto senza alcun ancoraggio.
Per effettuare questa operazione, l’intera Dragon verrà depressurizzata, dal momento che la capsula non dispone di una camera di equilibrio (airlock), come sulla ISS. Gli astronauti non indosseranno nemmeno le ingombranti tute che sono regolarmente utilizzate nel corso delle EVA a bordo della Stazione e che sono dotate di un sistema di supporto vitale in grado di fornire ossigeno e mantenere la temperatura e l’umidità corrette per operare nello spazio. In questo caso un tubo collegato alla capsula permetterà tutte queste azioni e gli astronauti dovranno solamente indossare le tute che avevano al momento del lancio.
Seppur esteticamente molto simili a quelle utilizzate nel corso delle altre missioni Dragon, SpaceX sul suo sito le descrive come «tute per le attività extraveicolari» proprio per differenziarle. Presentano una serie di miglioramenti e adattamenti al nuovo contesto in cui verranno utilizzate: la prima cosa che si nota è il diverso colore della visiera sul casco, in policarbonato oro anziché trasparente per via di un rivestimento in rame e ossido di indio e di un trattamento anti appannamento all’interno.
La visiera dispone anche di un’interfaccia grafica proiettata durante lo svolgimento dell’EVA e in grado di fornire informazioni fondamentali quali temperatura, pressione della tuta e umidità, oltre al tempo complessivo di permanenza all’esterno della capsula. Isaacman e Gillis dispongono anche di una telecamera, montata su un lato del casco, che permetterà di riprendere e trasmettere in diretta l’intera attività extraveicolare.
Altre modifiche hanno riguardato i sistemi di chiusura delle tute e del mantenimento della pressione, con valvole ridondanti: le varie iterazioni nel design e le soluzioni adottate sono comunque state testate nelle apposite camere a termovuoto per simulare le condizioni che si sarebbero presentate una volta all’esterno della Dragon.
Durante i cinque giorni in orbita verranno anche effettuati diversi esperimenti scientifici: in totale sono 36, provenienti da 31 istituzioni diverse. Si tratta di esperimenti medici, come lo sviluppo di sistemi per le diagnosi in orbita più facili da utilizzare, la raccolta di ulteriori dati sui cambiamenti nel sistema neuro-ottico dovuto alla Spaceflight Associated Neuroocular Syndrome (SANS) o l’analisi delle urine al risveglio per determinare la predisposizione alla perdita di tono muscolare o scheletrico. Ma sono anche esperimenti ingegneristici, come il test delle comunicazioni laser tra satelliti Starlink, la costellazione di SpaceX per la connettività globale, o di fisica delle alte energie, come uno dedicato allo studio dell’interazione dei neutroni con dei target posti all’esterno della capsula.
L’equipaggio nei cinque giorni sarà quindi coinvolto in diverse attività: durante una conferenza tenuta ad agosto, a pochi giorni dalla prima data prevista per la partenza, era stata comunicata una timeline degli eventi.
Subito dopo il lancio, il secondo stadio del Falcon 9 farà passare la capsula attraverso le fasce di Van Allen e la immetterà in un’orbita ellittica con perigeo, il punto più basso dell’orbita, a 190 km e un apogeo, il punto più alto, a 1.400 km, permettendo così ai quattro astronauti di diventare le persone più distanti dalla Terra dai tempi delle missioni Apollo.
Durante il secondo giorno ci sarà un evento dedicato all’ospedale pediatrico St. Jude, che si occupa di ricerca contro il cancro nei bambini e a cui il Programma Polaris ha devoluto una parte dei propri fondi, e l’apogeo verrà abbassato a quello di crociera di 700 km.
Il terzo giorno sarà dedicato all’attività extraveicolare e alla sua trasmissione in diretta: non è stato chiarito se verranno trasmesse anche le operazioni di vestizione e di preparazione all’EVA, oltre che la depressurizzazione della capsula, ma a tal proposito arriveranno comunicazioni ufficiali da parte di SpaceX o del Programma Polaris.
Il penultimo giorno sarà la volta della dimostrazione della comunicazione laser con Starlink: anche in questo caso non sono stati rilasciati molti dettagli.
Al quinto giorno poi inizieranno i preparativi per il rientro, che si svolgerà in una delle località al largo della costa est degli Stati Uniti.
I continui rinvii
Se non fosse stato per il meteo, la missione si sarebbe conclusa quasi 10 giorni fa: la data originale di partenza era infatti il 26 agosto 2024, slittata però di giorno in giorno in maniera ufficiosa in attesa del miglioramento delle condizioni meteo nella zona di recupero. A differenza infatti delle missioni dirette verso la ISS, Polaris Dawn è una missione in volo libero e pertanto le riserve di provviste e di consumabili vari a bordo sono limitate: non è possibile quindi ritardare il rientro di parecchi giorni o settimane, come era successo nel corso della missione Axiom-1 e le previsioni meteo per il giorno di ritorno devono essere favorevoli al momento della partenza.
Così non è stato: nelle ultime settimane diverse perturbazioni e tempeste tropicali hanno interessato le coste al largo della Florida e nel Golfo del Messico e hanno superato i parametri previsti per tutte le zone di recupero in quell’area.
Anche il 10 settembre il meteo non è stato giudicato idoneo alla partenza e ha costretto i team di SpaceX a spostare la partenza dalle 09:39 alle 11:23. I quattro astronauti erano già entrati nella capsula e mancavano circa 45 minuti al decollo, ma sono stati informati del cambio di programma e sono rimasti all’interno del veicolo, senza però slacciare le cinture di sicurezza. Nel caso in cui anche la seconda possibilità di lancio fosse stata giudicata non idonea, ce ne sarebbe stata una terza, alle 13:09, superata la quale si sarebbe andati al giorno successivo, con i medesimi orari. Un fattore che però avrebbe impedito di passare da una finestra all’altra è il caricamento dei propellenti, che avviene a circa 35 minuti dal decollo: SpaceX utilizza del cherosene appositamente progettato per i razzi e dell’ossigeno liquido come ossidante, entrambi a temperature estremamente basse per massimizzare le prestazioni. In caso però di posticipo a caricamento iniziato, l’intervallo di tempo tra una finestra e l’altra non permette di svuotare i serbatoi in sicurezza e di ricaricarli ed è pertanto necessario aspettare 24 ore prima di tentare una nuova partenza.
In caso di ulteriori slittamenti, la missione avrebbe rischiato di partire dallo Space Launch Complex 40, non prima però del 24 settembre, quando dovrebbe essere lanciata Crew-9, oppure a ottobre, sempre dallo stesso pad di lancio. Il 10 ottobre è infatti prevista la partenza dal pad 39A di Europa Clipper, una missione dell’agenzia spaziale statunitense (NASA) per lo studio del satellite di Giove Europa, a bordo di un Falcon Heavy: per permettere al pad di supportare il lancio di un vettore diverso sono però necessari alcuni adattamenti, che impiegano alcune settimane. Il 9 settembre, durante il corso di una teleconferenza dedicata alla missione, è stata posta ai rappresentanti di NASA la questione del possibile conflitto tra Polaris Dawn ed Europa Clipper: è stato risposto che della questione se ne sta occupando il Launch Services Program (LSP) dell’agenzia e che si cercherà di evitare sovrapposizioni tra i lanci.
Il volo del Falcon 9 si è comunque svolto senza problemi: il booster B1083, al quarto volo dopo (Crew-8, Starlink 6-48 e 6-56) è atterrato sulla chiatta Just Read The Instructions (JRTI) nell’oceano Atlantico, mentre il secondo stadio ha immesso come da previsioni Resilience nell’orbita corretta. Per la capsula si trattava del terzo volo, dopo Crew-1 e Inspiration4.
Equipaggio
A bordo, come già detto, ci sono quattro persone: per tre di loro (Poteet, Menon e Gillis) si tratta del primo volo spaziale in assoluto, mentre Isaacman ha già volato come comandante della missione Inspiration4.
Isaacman è un imprenditore, fondatore del servizio di pagamenti elettronici Shift4Payments e della Draken International, un’azienda specializzata nell’addestramento dei piloti militari per conto dell’Aeronautica statunitense (USAF). Poteet è invece un tenente colonnello dell’USAF, dove ha lavorato come pilota di test. Dopo il congedo si è unito alla Draken International e in seguito a Shift4Payments.
Gillis è una dipendente di SpaceX, dove ricopre il ruolo di CAPCOM, responsabile della comunicazione con la capsula, e supervisiona il training degli astronauti assegnati alla Crew Dragon: ha in particolare lavorato con quelli di Crew-1, Crew-2 e Inspiration4. Anche Menon è una dipendente di SpaceX, dove ha lavorato a missioni cargo e con equipaggio, concentrandosi sul rispetto e sull’applicazione dei protocolli di sicurezza. Ha conseguito una laurea in ingegneria biomedica e pertanto le è stato assegnato il compito di medico di bordo.
Fonti: Polaris Dawn su forumastronautico.it
Tutte le foto, dove non diversamente specificato, sono Credits: Polaris Program/John Kraus
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