Il Crew Flight Test di Starliner durerà ancora un po’
Nel tardo pomeriggio italiano del 25 luglio 2024, l’agenzia spaziale statunitense (NASA) ha tenuto una conferenza di aggiornamento sul Crew Flight Test della capsula CST-100 Starliner di Boeing: decollata il 5 giugno 2024 a bordo di un Atlas V N22 di United Launch Alliance (ULA) dallo Space Launch Complex 41 di Cape Canavaeral, in Florida, negli Stati Uniti d’America, è arrivata a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dopo circa 27 ore di viaggio, alle 19:34 italiane del 7 giugno.
Lo scopo principale della missione è quello di verificare che tutti i sistemi, da quelli del razzo a quelli per l’attracco, ma anche le procedure di emergenza e di guida della capsula, funzionino correttamente, apportando modifiche dove necessario. Per un compito così delicato e di verifica NASA ha selezionato due astronauti veterani (entrambi al terzo volo) ma soprattutto collaudatori di velivoli per le forze armate statunitensi: Barry “Butch” Wilmore e Sunita Williams, rispettivamente comandante e pilota della missione.
Fin dal decollo sono state riscontrate alcune problematiche relative ai thruster e delle perdite di elio, che viene utilizzato per pressurizzare i serbatoi: in merito a quest’ultima, rimarrà interrotta finché la capsula sarà attraccata alla ISS, in quanto i collettori vengono chiusi. Sebbene secondo le dichiarazioni di Boeing e di NASA la capsula sia sicura e possa rientrare in sicurezza, l’agenzia ha deciso di effettuare ulteriori controlli e verifiche. Alcune analisi vanno infatti svolte sul modulo di servizio, che si separa dalla capsula vera e propria dopo l’undocking con la ISS e si distrugge in atmosfera durante il rientro.
Il problema ai thruster
Nel corso delle settimane e durante le varie conferenze tenute non erano emersi ulteriori dettagli, se non periodiche rassicurazioni sullo stato di salute della capsula e la possibilità di rientrare in sicurezza. Tra le cose nuove era stato menzionata la garanzia sullo stato di salute delle batterie della capsula: 45 giorni, che scattano non appena si notano cali nelle performance o degrado. Steve Stich, Program Manager del Commercial Crew Program (CCP) nel corso dell’ultimo aggiornamento ha detto che tale periodo «è stato raddoppiato a 90 giorni, consentendo una missione fino all’inizio di settembre». Starliner è stata comunque progettata per rimanere in orbita fino a 210 giorni, quindi potenzialmente fino ai primi giorni del 2025.
Anche nella conferenza del 25 luglio, comunque, è stato ribadito da Stich «non c’è un annuncio da fare sulla data di ritorno, ma stiamo facendo progressi». L’agenzia terrà una riunione una volta che avrà ricevuto ed esaminato tutti i dati, e non è da escludere che «durante [la riunione della prossima settimana] potremmo decidere la data di rientro».
Stich ha aggiornato il pubblico anche in merito agli ultimi test effettuati sui Reaction Control System (RCS) – i motori dedicati alle manovre di mantenimento dell’assetto – svoltisi a terra presso il White Sands Test Facility dell’agenzia. È stato utilizzato un thruster che avrebbe dovuto volare su una delle prossime missioni ed è stata simulata per due volte la sequenza di accensioni nel percorso di avvicinamento alla ISS e ben cinque quella di rientro, sottoponendo il motore anche a temperature diverse e operando probabilmente di più rispetto alle condizioni normali. È stato ora disassemblato per permettere le analisi sulla valvola del carburante e su quella dell’ossidante.
Il problema sperimentato in orbita è dovuto al fatto che, a una certa pressione l’ossidante evapora, diventando un gas e scaldandosi molto, causando un rigonfiamento nella guarnizione di teflon e riducendo il flusso di propellente. I team ora sono al lavoro per cercare di capire se questa guarnizione sarà in grado di sopravvivere al resto del volo. Rispondendo a una domanda di Elizabeth Howell di space.com, Stich ha sottolineato come il problema di degrado sia stato il risultato di una combinazione tra un utilizzo elevato e l’esposizione alla luce diretta del Sole: non è ancora chiaro quale sarà la procedura da attuare per mitigare questo problema in futuro, se cambiare il design dei thruster o installare un sistema termico protettivo, ma gli ingegneri sono già al lavoro.
Questo tipo di problema, molto diverso da quello di corrosione delle valvole dovuto all’interazione tra umidità e vapori di ossidante prima di OFT-1, non poteva essere individuato durante la campagna di test successiva. Steven Clark, di Ars Technica, ha chiesto a Mark Nappi, Program Manager di Starliner presso Boeing, come mai i test effettuati a White Sands non fossero stati fatti anche durante le fasi di sviluppo dei thruster stessi: Nappi ha risposto che il problema di surriscaldamento non si può simulare e può essere riscontrato solo durante un volo in ambiente operativo.
Le perdite di elio
In merito alle perdite di elio, a terra sono stati portati avanti i test sul modulo di servizio che inizialmente avrebbe dovuto volare su OFT-2, il secondo volo di test senza equipaggio svolto da Boeing dopo il fallimento del primo a causa di un problema con l’orologio interno della capsula. Il modulo, lasciato a White Sand per oltre tre anni dopo essere stato smontato dalla capsula, è rimasto rifornito con i vapori del propellente per tutto questo tempo: è stato quindi parzialmente disassemblato ed è stato possibile notare un importante degrado delle guarnizioni, maggiore di quello previsto, dovuto alla permeabilità della guarnizione al tetrossido di diazoto (N2O4, NTO). Nappi ha detto che il problema sarà risolto scegliendo una guarnizione meno permeabile.
Prossimi passi
Il prossimo test (Docked Hot Fire Test) è previsto questa settimana: dei 28 thruster presenti su Calypso, 27 verranno accesi più volte, mentre B1A3, quello dotato di meno spinta, rimarrà non operativo. Lo scopo è di verificare che tutti funzionino correttamente in previsione dell’undocking della capsula: il test sarà condotto principalmente da Terra, probabilmente sabato o domenica, ma Wilmore e Williams saranno dentro Calypso per seguire tutta la procedura. Nappi ha anche aggiunto che questa procedura potrebbe diventare parte di quella ordinaria, dal momento che è svolta anche da altri veicoli in partenza dalla ISS. Ci sarà anche la possibilità di verificare il sistema dell’elio, che non viene controllato dal 15 giugno: verranno esaminati i manicotti singolarmente, misurando il tasso di perdita del gas e verificando se questo sia variato. Prima dell’undocking il sistema verrà ripresurrizzato e misurata nuovamente la perdita di elio, per verificare il rispetto dei limiti imposti da NASA. Entro la fine della settimana saranno raccolti tutti i dati necessari, che verranno poi analizzati nel corso dei giorni successivi, per prendere una decisione e valutare la situazione.
Contesto della missione e importanza
La missione, ma soprattutto gli esiti delle analisi che verranno effettuate una volta che la capsula sarà rientrata, è stata attesa molto dalla NASA: una volta che Starliner sarà dichiarata operativa, entrerà nelle rotazioni per il trasporto di equipaggi verso la ISS, alternandosi con la Crew Dragon di SpaceX, entrata in servizio regolare nel 2020 con la missione Crew-1. NASA disporrà così di due sistemi indipendenti per l’accesso alla Stazione.
Entrambe le capsule sono state selezionate e finanziate dall’agenzia nell’ambito del Commercial Crew Program, il cui scopo era proprio lo sviluppo di sistemi privati per il trasporto di equipaggi, con l’auspicio della creazione di un mercato di turismo spaziale o ricerca spaziale privata. Le capsule infatti rimangono di proprietà delle aziende, che possono metterle a disposizione di privati per effettuare missioni, dirette o meno verso la ISS. Ad ora, solo la Crew Dragon è riuscita nell’intento, attraverso le missioni Axiom (ad oggi tre effettuate) e quelle capitanate di Jared Isaacman (Inspiration4 e Polaris Dawn). Per Starliner non ci sono invece notizie di futuri voli privati.
Fonti: videoconferenza su NASA TV
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