Detrito spaziale della ISS si schianta su una casa in Florida
Qualche settimana fa, un oggetto caduto dal cielo si è schiantato sul tetto di una casa in Florida e ora la NASA ha avviato un’indagine per scoprirne la natura e la provenienza.
Appare molto probabile che questo oggetto di quasi 2 chilogrammi provenga dalla Stazione Spaziale Internazionale. Alejandro Otero, il proprietario dell’abitazione, ha dichiarato di aver subito lo sfondamento del tetto e dei due piani sottostanti della sua casa a Naples, in Florida.
Al momento dell’impatto era presente in casa solamente il figlio; una telecamera domestica di sicurezza ha catturato il suono dell’incidente accaduto alle 14:34 ora locale (19:34 UTC) dell’8 marzo. L’orario indicato appare essere un’informazione importante perché trova una rilevante corrispondenza con le 14:29 (19:29 UTC), ovvero l’ora che l’US Space Command aveva comunicato essere l’orario previsto del rientro di un detrito spaziale proveniente dalla ISS. L’oggetto, quando rilevato, si trovava su una rotta che ha sorvolato il golfo del Messico per dirigersi verso il sud-ovest della Florida. Questo detrito spaziale dovrebbe essere ciò che è sopravvissuto di un pallet di batterie scariche rilasciato tempo fa dalla ISS.
La denuncia del proprietario della casa in Florida è stata raccolta per la prima volta da WINK News, una rete dedicata a coprire le notizie del sud-ovest della Florida affiliata al network CBS. Subito dopo la NASA si è adoperata per recuperare il detrito caduto sulla casa di Alejandro Otero e ha informato che gli ingegneri del Kennedy Space Center analizzeranno l’oggetto il prima possibile per determinarne l’origine, riservandosi di comunicare ulteriori informazioni appena saranno disponibili, una volta completate le analisi.
La NASA ha affermato che l’intero pallet, comprensivo delle nove batterie in disuso del sistema energetico della stazione spaziale, aveva una massa di oltre 2,6 tonnellate ed era alto circa il doppio di un normale frigorifero da cucina. È importante sottolineare che oggetti di questa massa, ma anche più grandi, ricadono regolarmente sulla Terra seguendo predeterminate traiettorie di rientro. Nella maggior parte dei casi si tratta di satelliti guasti o stadi di razzi esauriti lasciati in orbita dopo aver completato le loro missioni.
Fortunatamente nessuno si è fatto male e l’unico danno riguarda l’abitazione di Otero in Florida. Nel frattempo, il proprietario dell’abitazione ha dichiarato di essere in attesa di comunicazioni dagli enti preposti per giungere a un accordo sui risarcimenti. Se l’oggetto fosse di proprietà della NASA, Otero o la sua compagnia assicurativa potrebbero presentare un reclamo contro il governo federale ai sensi del Federal Tort Claims Act. L’argomento risarcimento assumerebbe una rilevanza ancora più interessante se si scoprisse che questo detrito non fosse originario degli Stati Uniti. Se si trattasse di un oggetto spaziale creato dall’uomo e lanciato nello spazio da un altro paese, quel paese sarebbe infatti responsabile nei confronti del proprietario della casa per i danni causati. Questa ipotesi non è da scartare poiché le batterie erano di proprietà della NASA, ma erano installate su una struttura a pallet lanciata dall’agenzia spaziale giapponese.
Come è successo
Lo scorso 8 marzo, quando l’oggetto era già in fase di rientro, un portavoce della NASA presso il Johnson Space Center di Houston aveva dichiarato che il pallet rilasciato dalla ISS (di gran lunga l’oggetto più ingombrante mai rilasciato dalla Stazione Spaziale Internazionale) sarebbe rientrato in atmosfera senza arrecare danni.
Tuttavia, le analisi di altri esperti spaziali non combaciavano con quanto dichiarato della NASA. L’Aerospace Corporation, un centro di ricerca e sviluppo finanziato dal governo federale, aveva affermato che, come regola generale, una percentuale che va dal 20 al 40 per cento della massa di un grande oggetto raggiunge il suolo terrestre. La percentuale esatta dipende dal design dell’oggetto, e queste batterie al nichel-idrogeno erano realizzate con metalli di densità relativamente elevata. La stessa considerazione era stata espressa anche dall’Agenzia Spaziale Europea.
Ovviamente la NASA non è contenta che grossi pezzi di detriti spaziali cadano sulla Terra con un rientro incontrollato. La genesi che diede origine al rientro di questo oggetto può essere fatta risalire a oltre cinque anni fa, precisamente l’11 ottobre 2018, quando una Sojuz russa con a bordo l’astronauta della NASA Nick Hague e il comandante russo Aleksej Ovčinin, gli unici due membri dell’equipaggio della missione MS-10, dovette interrompere il volo ed effettuare un atterraggio di emergenza, due minuti dopo il decollo.
Uno dei compiti di Hague sulla Stazione Spaziale Internazionale sarebbe stato effettuare un’attività extraveicolare per aiutare a installare un nuovo set di batterie che era stato consegnato dal cargo giapponese HTV. Siccome Hague non era potuto giungere sulla ISS, la NASA aveva deciso di rinviare le attività extraveicolari previste per la sostituzione del pallet di batterie. Questo rinvio ha mandato all’aria l’intero piano pluriennale di aggiornamento delle batterie del sistema elettrico dell’avamposto spaziale.
Ciascuna delle successive missioni HTV ha consegnato alla ISS altri pallet di batterie nuove per tornare poi a Terra con il pallet smantellato nel corso della missione precedente. Si è andati avanti così per qualche anno, fino a che non ci sono più stati cargo HTV disponibili al volo. L’ultimo veicolo spaziale HTV del Giappone aveva lasciato la ISS nel 2020 con un pallet di batterie obsolete, ma uno da smaltire era ancora sulla ISS, poiché la NASA aveva deciso anni prima di trattenere sulla ISS il primo pallet di vecchie batterie.
Gli altri veicoli cargo utilizzati per rifornire la Stazione Spaziale, la Dragon di SpaceX, la Cygnus di Northrop Grumman e la Progress russa, non hanno le dimensioni adeguate per ospitare il pallet.
La NASA, dovendo smaltire anche queste batterie esaurite da tempo, nel marzo 2021 decise di utilizzare il braccio robotico della ISS per afferrare il pallet, allontanarlo dalla stazione spaziale e rilasciarlo in volo libero nello spazio. Senza alcuna propulsione propria, le batterie rimasero alla deriva in orbita fino a quando, lo scorso 8 marzo, la resistenza aerodinamica ha fatto cadere il pallet in atmosfera, quasi esattamente tre anni dopo essere stato abbandonato alla deriva.
È notoriamente difficile prevedere dove un pezzo di spazzatura spaziale rientrerà nell’atmosfera. L’US Space Command traccia con precisione decine di migliaia di oggetti in orbita terrestre, ma l’esatta densità dell’alta atmosfera è ancora in gran parte una variabile sconosciuta. Anche mezza giornata prima del rientro, la stima dell’US Space Command su quando il pallet sarebbe caduto sulla Terra aveva una finestra di incertezza di sei ore, tempo sufficiente perché l’oggetto facesse il giro del pianeta quattro volte. E se non si conosce quando un oggetto rientrerà nell’atmosfera, non si può prevedere dove cadrà.
Un evento raro
Se la NASA confermasse che quanto caduto sulla casa di Otero proveniva dalla ISS, ciò si aggiungerebbe alla piccola manciata di incidenti su proprietà private causati da oggetti caduti dallo spazio.
La Terra è un posto grande. È relativamente facile poter trovare in un campo un pezzo di spazzatura spaziale, ma è molto più raro che un detrito in fase di rientro colpisca una struttura o ferisca una persona.
La caduta di detriti spaziali non ha fino ad oggi ucciso nessuno. Secondo l’ESA, la possibilità che un individuo venga ferito da detriti spaziali è inferiore a 1 su 100 miliardi. Ma ci sono alcuni esempi di danni provocati dalla caduta di detriti spaziali. Nel 2003, una staffa metallica lunga trenta centimetri della navetta spaziale Columbia cadde sul tetto dello studio di un dentista in Texas. Fortunatamente l’incidente avvenne di sabato, quando lo studio medico era chiuso.
Nel 1997 una residente dell’Oklahoma di nome Lottie Williams è stata colpita alla spalla da un pezzo di materiale leggero che gli esperti hanno collegato al rientro dello stadio superiore di un razzo Delta II. È stato un colpo di striscio, e l’aria ha contribuito a rallentarne la caduta, che non ha provocato alcuna ferita. Ci fu un incidente anche nel 1969 quando un frammento di un veicolo spaziale sovietico colpì una piccola nave giapponese vicino alla costa della Siberia, ferendo cinque persone.
Quando un grande razzo cinese Lunga Marcia 5B cadde fuori orbita nel 2020, i rottami danneggiarono un villaggio nella Repubblica della Costa d’Avorio.
Il Lunga Marcia 5B è frequentemente origine di detriti. Il suo design è unico in quanto il primo stadio accelera fino alla velocità orbitale, invece di fare affidamento su un secondo stadio per mettere in orbita il suo carico utile, come accade per la maggior parte dei razzi. Il primo stadio di un Lunga Marcia 5B ha una massa di circa 20 tonnellate e misura circa 30 metri di lunghezza e 5 metri di diametro. Un oggetto di quelle dimensioni potrebbe causare parecchi danni se cadesse nel posto sbagliato. La Cina non ha mai pensato di progettarlo per dargli la capacità di effettuare un rientro guidato, quindi il booster ritorna sulla Terra senza controllo.
Finora sono stati lanciati quattro Lunga Marcia 5B, con altri voli pianificati nei prossimi anni per lanciare i satelliti internet cinesi e un osservatorio astronomico cinese (Xuntian) di dimensioni paragonabili al telescopio spaziale Hubble. Dopo un lancio nel 2022, gli abitanti di un villaggio nel Borneo avevano recuperato diversi detriti del Lunga Marcia 5B caduto sul loro territorio.
Uno degli incidenti più famosi causato da detriti spaziali fu il rientro nel 1978 del Kosmos 954, un satellite militare sovietico a propulsione nucleare, caduto nel remoto Canada settentrionale. I rottami non ferirono nessuno né danneggiarono alcuna casa, ma il Canada organizzò una imponente campagna di pulizia per recuperare quanti più detriti radioattivi possibile. L’Unione Sovietica pagò al Canada 3 milioni di dollari canadesi come indennizzo.
I satelliti Starlink di SpaceX, che costituiscono oggi la maggior parte dei veicoli spaziali attivi in orbita, sono progettati per disintegrarsi completamente in fase di rientro in atmosfera. Nella maggior parte dei casi le società di lancio statunitensi ed europee progettano le loro missioni per far rientrare gli stadi superiori dei loro razzi nell’atmosfera sopra gli oceani, una volta completate le missioni.
I primi voli di collaudo del razzo Starship hanno previsto particolari e dedicate traiettorie di volo nell’eventualità di un rientro incontrollato. Per i primi voli di collaudo della Starship, SpaceX ha intenzionalmente instradato il razzo su una traiettoria che l’avrebbe guidato in direzione di un tratto di oceano entro un’ora o due dal lancio invece di metterla in un’orbita stabile dove sarebbe potuto rimanere per giorni o settimane. Queste particolari rotte permettono al razzo di poter rientrare in sicurezza in atmosfera e saranno adottate fino a quando SpaceX non sarà in grado di rendere affidabile il vettore.
Fonte: Ars Technica
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