Approvata la costruzione di Comet Interceptor

Rappresentazione artistica di Comet Interceptor. Credits: Geraint Jones, UCL Mullard Space Science Laboratory.

Se NASA con la recente estensione della missione OSIRIS-REx sembra intenzionata ad approfondire lo studio degli asteroidi, l’agenzia spaziale europea è in prima fila nello studio delle comete, a partire dalla missione Giotto, lanciata nel 1985 e dedicata alla cometa di Halley, fino alla missione Rosetta destinata a 67P/Churyumov-Gerasimenko. La prossima missione a partire per studiare questi importanti oggetti del Sistema Solare si chiama Comet Interceptor ed è stata approvata ufficialmente la sua costruzione.

Programma Cosmic Vision

Comet Interceptor è stata selezionata nel giugno 2019 come missione della classe fast di Cosmic Vision, il programma a lungo termine di ESA per le missioni spaziali. All’interno del programma le missioni sono divise in classi in base all’importanza scientifica e ingegneristica.

Tra le missioni large (L), le cossidette flagship mission a guida di ESA, figurano: JUICE, dedicata allo studio delle lune gioviane ghiacciate; Athena, un telescopio a raggi X e LISA, il primo osservatorio di onde gravitazionali nello spazio. Si tratta di missioni dagli elevati requisiti tecnici e che vengono quindi lanciate una volta ogni dieci anni circa.

Le missioni di classe media (M), come suggerisce il nome, presentano costi più contenuti e possono essere svolte in collaborazione con altre agenzie spaziali. Nonostante le disponibilità economiche siano più limitate, la produzione di dati scientifici è di estrema qualità, come testimoniato da Solar Orbiter e in futuro Euclid, PLATO, Ariel e EnVision.

Le missioni in cui le agenzie spaziali degli stati membri di ESA propongono design di missione relativamente nuovi concorrono nella classe small o S, come accaduto con CHEOPS.

In conlusione le missioni di classe F o fast, come il nome lascia intendere, sono caratterizzate da un percorso di sviluppo accelerato e si concentrano su implementazioni innovative. Complessivamente dalla selezione alla Launch Readiness Review, la revisione finale prima del lancio, trascorrono circa 8 anni.
Altri requisiti sono un peso inferiore ai 1.000 kg, il lancio in condivisione con una missione di classe M e la necessità di raggiungere l’obiettivo scientifico dal punto lagrangiano L₂ del sistema Terra-Sole con i propri propulsori.

Ad oggi l’unica sonda in questa classe è Comet Interceptor.

Prima della costruzione

Il processo di selezione iniziò nel 2018 con l’annuncio da parte di ESA della disponibilità a finanziare una missione di classe F con un costo per gli elementi sotto la responsabilità dell’agenzia spaziale europea non superiore a 150 milioni di euro, escludendo il lancio.

Parteciparono 23 progetti di missione con obiettivi e configurazioni tecniche diverse tra di loro, dal momento che non erano presenti particolari vincoli scientifici e ingegneristici. Da questi ne vennero scelti sei per uno studio più approfondito, che ha portato poi alla selezione di Comet Interceptor.

Durante la costruzione

Strumentazione scientifica

Sebbene la fase di studio sia stata assegnata sia ad OHB Italia che ad un altro consorzio di aziende, con lo scopo di sviluppare il lavoro in parallelo, sarà solo dopo la preliminary design review (PDR) che ESA assegnerà ufficialmente la costruzione ad un compagnia.

La sonda è composta da tre sonde più piccole, chiamate A, B1 e B2, delle quali la seconda è gestita dall’agenzia spaziale giapponese (JAXA).

Gli strumenti proposti per l’installazione sono i seguenti:

Sonda A (ESA):

  • CoCa (Comet Camera): una fotocamera per scattare foto in alta risoluzione e a diverse bande spettrali del nucleo della cometa;
  • MANIaC (Mass Analyzer for Neutrals in a Coma): uno spettrometro di massa per analizzare i gas rilasciati;
  • MIRMIS (Multispectral InfraRed Molecular and Ices Sensor): un sensore per misurare il calore rilasciato dal nucleo e studiare la composizione del gas;
  • DFP (Dust, Field, and Plasma): per caratterizzare, nell’ambiente intorno alla cometa, i gas elettricamente carichi, gli atomi neutri energetici, i campi magnetici e la polvere.

Sonda B1 (JAXA):

  • HI (Hydrogen Imager): una camera a ultravioletti dedicata allo studio della nuvola di idrogeno che circonda la cometa;
  • PS (Plasma Suite): per studiare i campi magnetici e i gas elettricamente carichi attorno alla cometa;
  • WAC (Wide Angle Camera): una fotocamera per riprendere immagini del nucleo da un punto di vista privilegiato.

Sonda B2 (ESA):

  • OPIC (Optical Imager for Comets): per mappare il nucleo e le emissioni di polvere nella banda visibile e infrarossa;
  • EnVisS (Entire Visible Sky coma mapper): per mappare la porzione di cielo in cui è presente la parte iniziale della coda cometaria e indagare fenomeni di cambiamento nella struttura da parte di polvere, gas neutri e ionizzati;
  • DFP (Dust, Field, and Plasma): un insieme di sensori simili a quelli sulla sonda principale (A).

Per ridurre i costi complessivi, molti elementi si basano su architetture già utilizzate con successo in passato, tra cui una fotocamera e il sistema di analisi delle polveri e del plasma (Trace Gas Orbiter) e lo spettrometro di massa (Rosetta).

Ora che la missione ha terminato la fase di studio ed è stata formalmente adottata, inizierà il processo vero e proprio di costruzione, test e integrazione.

Il primo prototipo della breadboard che gestirà i dati dal sensore DFP sulla componente principale

L’iter si concluderà intorno al 2029 con la Launch Readiness Review, l’ultima ispezione da parte dei tecnici a tutti i sistemi e componenti per verificare l’assenza di anomalie e dare il parere positivo all’inizio delle operazioni di lancio.

Obiettivo scientifico

Parallelamente alla costruzione degli strumenti ci sarà anche l’individuazione dell’obiettivo scientifico della missione, una cometa al primo passaggio nel Sistema Solare interno o un oggetto interstellare.

L’importanza delle prime deriva dall’assenza di interazione tra il materiale che le compone e l’ambiente in cui hanno risieduto per diversi miliardi di anni. L’origine di queste comete è probabilmente la nube di Oort, una distribuzione sferica di oltre 100.000 comete situata a circa 20.000 UA. Occasionalmente possono subire perturbazioni a causa del passaggio ravvicinato dei pianeti più esterni o da interazioni con oggetti al di fuori del Sistema Solare, che le portano a un lungo viaggio verso il Sole.

La scelta di avere già in orbita una sonda completa di tutta la strumentazione scientifica si deve ai ristretti tempi tra l’individuazione di un potenziale obiettivo e il suo perielio: sebbene recentemente si sia riusciti a individuare una cometa (C/2017 K2 (PanSTARRS)) con cinque anni di anticipo rispetto al suo passaggio ravvicinato, le tempistiche rimangono troppo stringenti, anche per una missione fast. Va inoltre considerato che questo evento eccezionale è stato determinato dall’attività della cometa, già significativa oltre l’orbita di Saturno: solitamente le code cominciano ad essere visibili a distanze molto inferiori.

La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, oggetto di studio da parte di Rosetta e Philae. Credits: ESA/Rosetta/MPS per OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

La comunità scientifica non aspetterà comunque il 2029 per individuare un candidato ottimale per Comet Interceptor: gli ultimi avanzamenti nel campo della mappatura del cielo consentono maggior copertura e sensibilità, ampliando il ventaglio di oggetti potenzialmente visitabili dalla missione.

Attualmente lo strumento più efficace nella scoperta di nuove comete è Pan-STARRS, una coppia di telescopi alle Hawaii che ogni notte osservano circa 1.000 gradi quadrati in cielo (per confronto la Luna occupa circa 0,2 gradi quadrati) e identificano le sorgenti in movimento tra diverse esposizioni. Ulteriore supporto verrà fornito nei prossimi anni dal Large Synoptic Survey Telescope, attualmente in costruzione in Cile.

Un’altra classe di oggetti scientificamente interessanti e statisticamente più rari da individuare sono gli oggetti interstellari, dei quali gli unici rappresentanti noti ad ora sono ʻOumuamua, che ha attraversato il sistema solare nel 2017, e 2I/Borisov, transitato nel 2019. L’interesse scaturisce dalla necessità di una miglior caratterizzazione rispetto a quella fatta all’epoca con i telescopi a Terra e dalla possibilità di indagine sulla formazione di oggetti simili alle comete in altri sistemi stellari.

Rappresentazione artistica di ʻOumuamua. Credits: ESA/Hubble, NASA, ESO, M. Kornmesser

Dopo il lancio

Il viaggio, l’attesa e il secondo viaggio

Una volta arrivata nel secondo punto lagrangiano del sistema Terra-Sole, situato a un milione e mezzo di chilometri “dietro” la Terra guardando dal Sole (a circa 151 milioni di chilometri da esso), Comet Interceptor aspetterà il momento ottimale per accendere i propulsori e dirigersi verso l’obiettivo della missione, intraprendendo un secondo viaggio la cui durata potrà variare da qualche mese a un paio di anni.

La separazione delle tre sonde di cui è costituita dipenderà invece dall’attività cometaria e potrà variare da qualche settimana a qualche giorno prima dell’inizio della vera e propria fase scientifica.

La fase scientifica

La sonda effettuerà un flyby durante l’avvicinamento verso l’orbita terrestre, con l’obiettivo di caratterizzare la composizione superficiale, la forma, la struttura della cometa e la composizione della coda. La separazione dei tre componenti permetterà di avere informazioni multidirezionali da utilizzare per creare modelli tridimensionali per capire la natura dinamica di una cometa vergine.

Fonti: ESA (1), ESA (2)

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Matteo Deguidi

Studio Astrophysics and Cosmology a Padova e sono interessato alle nuove generazioni di telescopi, sia terrestri che in orbita. In ambito astronautico la mia passione principale è seguire lo sviluppo e la costruzione delle sonde, dai siti di produzione al lancio. Considero ISAA come una seconda famiglia, la quale mi ha dato possibilità di accedere ad un mondo di notizie che da tanto ricercavo.