NASA, un campione lunare sigillato viene aperto per la prima volta dopo 50 anni

Il rover di Apollo 17 nei pressi del cratere Lara. Credit: Lunar and Planetary Institute

Raccolto durante la missione Apollo 17 e conservato con lungimiranza per 50 anni, un campione lunare viene analizzato per la prima volta in questi giorni a Houston in Texas.

Il motto “La pazienza è la virtù dei forti” dovrebbe essere inciso nella pietra all’ingresso dell’edificio 31N, il Lunar Sample Laboratory Facility del Johnson Space Center (JSC), dove dal 1979 vengono conservati i campioni raccolti durante le missioni Apollo, unitamente a meteoriti, campioni di polvere cosmica, polvere di cometa e atomi di vento solare, per un totale di oltre 110.000 campioni catalogati.

Il 12 dicembre 1972 durante la seconda escursione sulla superficie lunare, il comandante Gene Cernan e il pilota del modulo lunare Harrison “Jack” Schmitt fermarono il rover LRV (Lunar Roving Vehicle) vicino al bordo del cratere Lara, ai piedi del Massiccio Sud della Valle Taurus-Littrow, per raccogliere campioni.

Il Double Drive Core Sampler fotografato prima di essere inserito nel sottosuolo. Credit: NASA

Un campionatore a doppio tubo della lunghezza di 71 cm venne inserito nel sottosuolo a colpi di martello da Cernan, estratto e separato nelle due parti che lo componevano, contenenti i campioni 73001 e 73002.
Il campione 73001 (Apollo 17, station 3, sample 001), composto dalla parte più profonda del campionatore, è stato immediatamente inserito in un Core Sample Vacuum Container (CVSC), un contenitore metallico che una volta chiuso rimane sigillato grazie al vuoto interno, mentre il campione 002 più superficiale è stato inserito in un comune contenitore Special Environment Sample Container (SESC) non sigillato.

I contenitori CVSC e SESC utilizzati per contenere i campioni delle missioni Apollo. Credit: Lunar and Planetary Institute

L’idea innovativa alla base era di mantenere intatti e incontaminati alcuni campioni degli oltre 380 kg riportati a Terra dalle 6 missioni Apollo e conservarli per future analisi con strumentazioni e tecnologie più moderne. Per rendere ufficiale questa decisione in seguito venne avviato il programma Apollo Next Generation Sample Analysis (ANGSA), che attualmente gestisce lo studio di questi campioni avvalendosi di diversi team di ricerca con collaborazioni internazionali, tra cui anche l’Agenzia spaziale europea ESA.
I due campioni durante questi cinque decenni sono stati conservati in condizioni di vuoto e temperatura controllata di circa −23 °C, simile a quella stimata sotto la superficie lunare a quella profondità.

Cernan e Schmitt, fotografati dal compagno Ron Evans, durante il viaggio di ritorno verso la Terra. Credit: NASA

«Nel 1972 il programma ANGSA ancora non esisteva, ma l’idea sì», ci ha gentilmente e prontamente risposto l’ex astronauta membro della missione, il geologo Jack Schmitt, che abbiamo contattato via e-mail e che ancora lavora nel programma ANGSA. «Se così non fosse stato, i campioni non si sarebbero conservati nelle condizioni originali. Alla NASA hanno avuto l’istinto giusto e sono molto felice di aver contribuito allo studio dei campioni».

A sinistra due immagine ai raggi X del campione 73002, a destra alcune sezioni ottenute tramite microtomografia nel 2019. Credit: NASA

Il campione non sigillato 73002, del peso di 430 grammi, senza venire aperto venne sottoposto ai raggi X nel 1974 e nel 2019 a una più accurata microtomografia per vederne il contenuto composto da frammenti rocciosi di varie grandezze dispersi nella regolite. Sempre nel 2019 il 73002 venne finalmente aperto e suddiviso in ulteriori sottocampioni destinati a diversi enti di ricerca.

Ora al JSC è finalmente giunto il momento per il campione 73001, di 809 grammi che, grazie alla bassissima temperatura a cui è stato prelevato e alla chiusura sigillata, dovrebbe contenere al suo interno ancora i gas originali presenti nel sottosuolo lunare. Per l’occasione un team dell’ESA European Space Research and Technology Centre (ESTEC) di Noordwijk nei Paesi Bassi, ha realizzato uno speciale “apriscatole”, come viene chiamato dai tecnici, studiato per forare il contenitore CSVC, raccoglierne tutte le sostanze volatili contenute e indirizzarle verso diversi contenitori che verranno in seguito analizzati da diversi enti in tutto il mondo. Le tecnologie attuali consentono infatti una sensibilità e precisione nel rilevare le molecole che era impensabile solo qualche decennio fa.

La dott.ssa Juliane Gross dell’Astromaterials Research and Exploration Science Division (ARES) e la dott.ssa Francesca McDonald dell’ESA al lavoro sul dispositivo europeo per forare il CVSC. Credit: NASA

Lo scorso 11 febbraio, aprendo il contenitore esterno che per 50 anni ha contenuto il CSVC, non è stata rilevata nessuna molecola di gas, prova che la chiusura sigillante operata da Cernan sul posto è ancora integra. Mentre scriviamo sono ancora in corso le lentissime operazioni di foratura del contenitore e raccolta dei gas. In seguito, sempre mantenendo condizioni di sterilità, la carota di suolo lunare verrà estratta dal contenitore, suddivisa in molteplici sottocampioni e indirizzata verso i centri di analisi.

È possibile visionare il video ripreso dall’LRV dei pochi minuti necessari a Cernan per inserire il campionatore, fare un paio di fotografie, estrarlo, mostrarlo ai tecnici a Terra e infine sigillarlo nel CSVC.
Nel video (144:41:00:00) di sente Cernan che, dopo aver fotografato il campionatore nel terreno e rispondendo a una richiesta del capcom Bob Parker da Houston, goliardicamente afferma «Oh certo, ho messo le note dentro [nel CVSC n.d.a.], le ho messe dentro. Nessuno lo saprà mai!», in quel caso avrebbe sicuramente contaminato il campione.

I risultati delle analisi verranno presentati e discussi nel prossimo mese di ottobre durante l’evento Apollo 17 ANGSA Workshop, che si terrà a Houston per festeggiare il 50º anniversario della missione.

Fonte: NASA.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.