Sojuz 5: si avvicina il collaudo del nuovo lanciatore russo

Un propulsore RD-171MV al banco prova. Credit: Roskosmos

Ad oggi il mercato dei lanciatori di classe media, ossia quelli con una capacità di carico verso l’orbita terrestre bassa (LEO) inferiore ai 20.000 chilogrammi, è fiorente e remunerativo. Sono infatti molte le imprese e le giovani startup che si stanno affacciando a questa opportunità con in mano un progetto imprenditoriale incentrato su un nuovo razzo spaziale da loro ingegnerizzato da proporre ai potenziali clienti.

Anche l’agenzia spaziale russa (Roskosmos) si è guardata intorno e non poteva di certo restare ad aspettare. Prende vita dunque il progetto Sojuz-5, ribattezzato poi Irtyš, un razzo che per prestazioni si posiziona tra il versatile Sojuz-2 (7–8 tonnellate in LEO a seconda delle versioni) e il pesante Proton-M, ormai prossimo al ritiro in favore del più moderno, modulare e rispettoso dell’ambiente Angara. Oltre a sovrapporsi ad alcune configurazioni proposte per l’Angara che non verranno più realizzate, il Sojuz-5 occuperà il vuoto lasciato del vettore Zenit, concepito negli anni ’80 ai tempi dell’Unione Sovietica e dismesso definitivamente nel 2017 in seguito alle tensioni politiche tra Russia e Ucraina scoppiate tre anni prima.

Lo Zenit 3F di AngoSat, viene innalzato sulla piattaforma 45/1 di Bajkonur nel dicembre 2017. Il sito sarà ristrutturato per ospitare il Sojuz-5. Credit: Roskosmos

Fino a non molto tempo fa, infatti, Roskosmos acquistava da Južmaš (azienda con sede a Dnipro) i razzi per dotarli di propulsori russi con l’intento di lanciarli da Bajkonur oppure dalla piattaforma galleggiante Odyssey, appartenente alla multinazionale Sea Launch. Irtyš ricalca fedelmente ciò che lo Zenit era, con la differenza che ogni componente del razzo – elettronica inclusa – è stata sviluppata e costruita in casa da aziende russe. Resta immutato il frazionamento in due stadi – Two Stage To Orbit – ai quali, a seconda dell’orbita di destinazione, può essere aggiunto uno stadio supplementare nella funzione di rimorchiatore spaziale. Le novità si registrano invece nei propulsori, in parte modernizzati oppure prodotti ex-novo, e nell’intera filiera costruttiva del razzo che attinge alle più moderne tecnologie ad oggi esistenti.

Vediamo quali sono attraverso una sintesi dei comunicati pubblicati da Roskosmos nel corso del 2021, così da scoprire lo stato di avanzamento lavori sulle varie parti del Sojuz-5. Andiamo!

Il “cuore” del primo stadio: RD-171MV

A spingere il Sojuz 5 al decollo attraverso gli strati più densi dell’atmosfera ci penserà un propulsore RD-171MV a quattro camere di combustione, alimentato con ossigeno liquido (LOx) e cherosene raffinato (RP-1). Si tratta dell’ultima evoluzione della gloriosa serie RD-170 del vettore Energija, poi declinata nelle sottofamiglie più piccole RD-180 e RD-191 con due e un solo ugello, montate oggi sia sul razzo statunitense Atlas Ⅴ sia su Angara. Per l’industria spaziale russa RD-171MV è una vera e propria punta di diamante, tant’è che non esita a definirlo come il più potente motore a propellente liquido mai esistito. La nomea è dovuta principalmente alla spinta record di 800 tonnellate nel vuoto (60 in meno quando si è al livello del mare), un risultato una spanna sopra un mostro sacro dell’astronautica quale il Rocketdyne F-1 del razzo lunare statunitense Saturn Ⅴ, che raggiungeva numeri simili con un ugello più grande e non senza difficoltà. Fu l’instabilità di combustione l’ostacolo che, fin dagli albori della corsa allo spazio, gli Stati Uniti e la Russia dovettero sormontare per avere motori prestanti.

Se proprio si vuole fare un confronto, peraltro fine a sé stesso, è più consono parlare in termini relativi che assoluti, senza nulla togliere alle strabilianti prestazioni espresse da ciascun propulsore. Infatti sono molteplici i parametri (intensivi ed estensivi) che messi insieme ne determinano la qualità: massa, impulso specifico, spinta, rapporto massa/spinta, pressione in camera di combustione, ugelli di espansione, ciclo di trasformazione termodinamica, combustibile, per elencarne alcuni.

PropulsoreCiclo termodinamicoMassa (kg)Impulso specifico (s)Spinta (kN)Massa/spintaSpinta complessiva primo stadio (kN)
RD-171MVCombustione stadiata in eccesso di ossidante9.3003097.250797.250 (1x RD-171MV)
Merlin-1DA generatore di gas4702828451837.605 (9x Merlin 1D)
Comparativa tra i propulsori del primo stadio del vettore Sojuz-5 e Falcon 9 (agosto 2021), due lanciatori simili per capacità di carico in LEO

Non bisogna lasciarsi ingannare dalla nomenclatura; l’RD-171MV è il propulsore più moderno e all’avanguardia della famiglia RD-170, che gode del trasferimento tecnologico sull’RD-180 e RD-191. L’effetto tangibile del salto generazionale risiede nei bozzetti del nuovo prodotto, ai quali NPO Energomaš iniziò a lavorare nel 2017. Per la prima volta in Russia infatti gli ingegneri si sono avvalsi di software per la modellazione 3D fin dallo stadio embrionale del progetto e per tutta l’evoluzione che ne è seguita, senza dunque procedere con schizzi preliminari su carta. Questo approccio ha permesso a Energomaš di affinare in modo efficace qualsiasi area del RD-171M dello Zenit, pur non intaccando le caratteristiche fluidodinamiche del propulsore, di ridurre contemporaneamente i tempi di sviluppo e i costi di produzione, resi possibili dall’impiego congiunto di nuove leghe (più leggere e resilienti), da una minuziosa pianificazione delle lavorazioni con le macchine a controllo numerico (CNC). La completa digitalizzazione dei disegni tecnici ha difatti accelerato lo scambio di informazioni tra i vari reparti e le figure specializzate, potendo tutti contare su una copia aggiornata dei disegni e di lavorare direttamente ai file delle macchine CNC.

Come sottolineato da Pëtr Lëvočkin, progettista capo di Energomaš: «questo è un nuovo motore. A differenza dei suoi predecessori, l’RD-171MV ha nuovi attuatori per il sistema di controllo, un migliore scudo termico e un moderno sistema di protezione di emergenza». Come prova della radicale diversità, basti pensare che gli RD-171M stoccati in magazzino, e non più utilizzati dallo Zenit, non possono essere riconvertiti per il Sojuz-5. Una parte degli interventi ha interessato una delle parti più critiche dell’endoreattore: la turbopompa, ovverosia l’organo meccanico che invia il combustibile (RP-1) e l’ossidante (LOx) ad alta pressione agli iniettori nella camera di combustione. Quella del RD-171MV, ad esempio, pesa da sola 300 Kg (il 3% della massa del motore) e assorbe una potenza di 246.000 cavalli (181 MW), pertanto gli ingegneri sono intervenuti nel raffreddamento a beneficio della durata e dell’affidabilità. Ciò non è una novità assoluta: fin dal debutto nei razzi ausiliari dell’Energija, il propulsore è stato certificato per volare fino a 10 volte e ancora oggi mantiene questa caratteristica nell’attesa che la Russia sia pronta a entrare nel mercato dei lanciatori riutilizzabili.

Un propulsore RD-171MV insieme al suo telaio portante. Credit: Roskosmos

Con un tweet il 18 dicembre 2020 Dimitrij Rogozin (direttore generale di Roskosmos) ha annunciato la riuscita del cosiddetto battesimo del fuoco, la prima messa in moto del propulsore. Seppur di breve durata e neppure alla massima potenza (era cruciale non terminare con un disastro), il test ha confermato i requisiti del progetto, la bontà costruttiva e la validità delle soluzioni ingegneristiche, ha spiegato Igor Arbuzov, dirigente di Energomaš. Un aspetto secondario, ma non per questo meno importante di questo rodaggio, l’ha messo in evidenza Pëtr Lëvočkin: è grazie all’esperienza dei test di accensione al banco che si “insegna” al propulsore in che modo funzionare, calibrando sempre meglio, di volta in volta, i parametri dell’algoritmo del software di controllo.

Chiaramente tra gli addetti ai lavori c’era un po’ di preoccupazione, ma al contempo un pacato ottimismo, vista la fiducia riposta nei severi standard di qualità fissati per ciascuna componente. Dopo averle testate a lungo individualmente, infatti, restava da scoprire il comportamento come una sola entità. Il successo al primo tentativo non era affatto scontato!

Passano le settimane, il propulsore viene smontato in tutte le sue parti, analizzato accuratamente alla ricerca di potenziali campanelli di allarme, e infine riassemblato e rimesso al banco per una fitta campagna di collaudi. Il 31 marzo 2021 l’annuncio di un importante traguardo: su sette accensioni fatte, nessuna è stata interrotta prematuramente per una grave anomalia, portando a compimento tutti gli obiettivi prefissati. Usando le parole di Igor Arbuzov, ciò che conta è che: «ora, in base ai risultati, possiamo dire: sì, il motore ha funzionato!». A differenza del primo test, stavolta le accensioni sono state più lunghe e stressanti per la meccanica, spaziando dal funzionamento nominale in volo, a situazioni limite per temperature e pressioni, alle quali difficilmente il propulsore si troverà a operare.

L’RD-171MV mentre viene preparato per essere spedito a Samara da RKC Progress. Credit: Roskosmos

Si arriva dunque così ai mesi di settembre e ottobre 2021. Durante l’estate, come ulteriore verifica, Energomaš ha condotto un nuovo ciclo di prove al banco su un secondo RD-171MV, annunciandone l’esito positivo il 7 settembre. Parallelamente il propulsore protagonista della prima batteria di collaudi è stato ispezionato in modo minuzioso ancora una volta e dichiarato idoneo per la fase successiva. Il 25 ottobre è stato consegnato nelle mani degli specialisti di RKC Progress a Samara (in Russia), dove ferve la costruzione dell’ossatura del vettore Sojuz-5, che vedremo più nello specifico tra poco.

Qui, nel corso del 2022, l’RD-171MV sarà connesso al primo stadio ultimato, il quale sarà poi installato a una piattaforma di test. Un importante snodo verso il volo orbitale nel 2023 è infatti alle porte. Gli specialisti eseguiranno almeno un caricamento/svuotamento del cherosene e dell’ossigeno liquido nei serbatoi e infine avvieranno il propulsore per una simulazione del lancio. Ciò serve per verificare la resistenza del primo stadio alle sollecitazioni (vibrazioni, stress termico, etc.), la risposta dei computer di volo del razzo ai segnali in ingresso e tanti altri aspetti funzionali.

Una curiosità sul nome dell’RD-171MV: i piani originali prevedevano l’impiego del propulsore nel vettore superpesante Enisej, equipaggiato con sei razzi ausiliari derivati dal primo stadio del Sojuz-5, il cui destino è adesso incerto e lo sviluppo interrotto. Il volo inaugurale è/era previsto nel 2028 da un complesso di lancio a lui dedicato nel Cosmodromo di Vostočnyj. La lettera “V” si riferisce proprio allo spazioporto russo, mentre la “M” indica genericamente un’evoluzione (modernizzato, modificato) per sottolineare il passo avanti rispetto alla generazione precedente, RD-171 in questo caso.

Il primo stadio: i serbatoi

È giusto sottolineare il seguente aspetto: il Sojuz-5 è un vettore contemporaneo a differenza di altri russi per i quali, tra i primi bozzetti su carta al volo inaugurale, sono intercorsi anche più di 20 anni come nel caso dell’Angara, l’ultimo in ordine cronologico a oltrepassare la linea di Kármán. Il vantaggio non è di poco conto, poiché la parte strutturale del razzo può essere eretta con l’ausilio di materiali e tecnologie che nel XX secolo non esistevano o che non si padroneggiavano ancora abbastanza. È infatti raro, se non molto improbabile, assistere in astronautica a cambi radicali di un progetto se questo funziona egregiamente in piena sicurezza benché fatto con processi superati. Attenzione, non obsoleti!

Un esempio di innovazione è la “lega di alluminio R1580” formulata dall’Università Federale Siberiana costituita per circa il 91,10% da alluminio (Al), il 6,3% da magnesio (Mg), l’1% da manganese (Mn), lo 0,8% da zinco (Zn), questi gli elementi chimici principali, e la rimanente parte da altri minerali in percentuale minore variabile, tra i quali zirconio e scandio. La nuova lega, che differisce da quelle impiegate nel Sojuz (Al-Mg) e nell’Angara (Al-Zn) proprio per la presenza dello scandio, presenta ottime proprietà meccaniche e anticorrosione, oltre che una buona saldabilità che la rendono perfetta per diverse applicazioni, tra cui il settore aerospaziale. Per questa serie di motivazioni, soppesate con il fattore costo, gli ingegneri di RKC Progress l’hanno adoperata per la costruzione del Sojuz-5.

Saldatura di prova su un pannello di lega di alluminio spesso 30 miilimetri. Credit: Roskosmos

Tra febbraio e maggio 2021, mentre l’ex linea di produzione del razzo lunare russo N-1 e del vettore Energija a Samara è in ristrutturazione per ospitare quella di Irtyš, RKC Progress ha completato la saldatura dei primi prototipi dei serbatoi del nuovo vettore per sottoporli a prove di resistenza statiche. Per accelerare lo sviluppo, le diverse sezioni sono state saldate mediante la tradizionale “saldatura ad arco elettrico” (Metal Inert Gas – MIG con argon o elio) e non con la “saldatura per attrito allo stato solido” (in inglese Friction Stir Welding – FSW), la stessa che ha fatto scuola con lo Space Shuttle, e che sarà anche impiegata nei serbatoi di produzione di Irtyš. I macchinari, forniti dall’azienda russa specializzata Sespel, entreranno in servizio nella seconda metà del 2021 dopo una scrupolosa messa a punto.

In questa fase di apprendimento, la priorità per gli ingegneri è conoscere il comportamento dei pannelli in lega e confrontare le misurazioni con gli obiettivi di progetto. In tal senso, la saldatura non riveste un fattore determinante nel proseguo del montaggio quanto la chimica dei pannelli e la forma, specie le cupole che chiudono ai due estremi la sezione cilindrica, i punti più deboli. Che si ricorra alla FSW oppure alla MIG, le saldature vengono ispezionate in vari modi, tra cui un esame ai raggi X, al fine di assicurarsi dell’assenza di difetti.

Diversi esemplari di pre-produzione dei serbatoi sono stati sottoposti tra settembre e ottobre 2021 a prove strutturali statiche. Alcune di queste hanno comportato la distruzione – volontaria – dei prototipi, utile per comprenderne i limiti, ma solo dopo aver oltrepassato gli standard di rigidità e resistenza minimi prefissati dal progetto. Le misurazioni sperimentali delle prove hanno fornito preziose informazioni agli specialisti di RKC Progress. Confrontando i dati reali con quelli attesi, gli ingegneri hanno dichiarato che i metodi di calcolo usati per l’ottimizzazione della massa dei serbatoi hanno raggiunto una precisione del 3–5%. All’apparenza può non sembrare molto, ma relazionata alla massa a secco del razzo (intorno alle 35 tonnellate) il risparmio di peso è tangibile, il che si traduce in un aumento della capacità di carico quantificata nell’ordine delle centinaia di chilogrammi.

Anche per il Sojuz-5, così come per l’Angara e il Proton in Russia, gli specialisti di RKC Progress hanno seguito una delle tecniche che maggiormente si è affermata nell’industria spaziale sia per costruzione di lanciatori che di moduli pressurizzati per gli avamposti umani abitati. Giunti nel sito di produzione, le spesse lastre piatte in lega di alluminio passano tra i rulli di una curvatrice che le modellano fino a produrre sezioni circolari dal diametro desiderato. A questo punto l’anello, aperto a una estremità, viene chiuso con la saldatura per attrito e passa alla fresatrice verticale che assottiglia le superfici interne e le lavora fino ad ottenere una trama che all’aspetto ricorda un famoso dolce belga: il waffle. Le cavità danno leggerezza ai pannelli mentre le nervature in rilievo preservano la rigidità strutturale. Più anelli uniti insieme andranno a formare il serbatoio, nel caso dell’ossigeno liquido sono otto con un diametro di 4.100 millimetri.

Test di rottura di un serbatoio per l’ossigeno liquido. Credit RKC Progress via YouTube

Per la definizione delle forme del primo stadio gli specialisti di RKC Progress hanno dovuto sottostare a un paio di vincoli che non gli ha impedito di estrarre il massimo dalla situazione. Il primo di questi erano le infrastrutture del complesso di lancio Baiterek, il Sito 45 del Cosmodromo di Bajkonur da cui sono stati lanciati gli Zenit dalla terra ferma. Un accordo tra Russia e Kazakistan prevede la riqualificazione del luogo e l’aggiornamento tecnologico per ospitare il volo inaugurale Sojuz-5 nel dicembre 2023, ma i lavori non sono ancora partiti poiché in attesa dell’approvazione del progetto da parte degli organi competenti.

Per interfacciarsi con le strutture di terra esistenti dello Zenit, il serbatoio del carburante è stato appositamente sagomato con un diametro via via crescente. Esso passa dai 3.680 millimetri alla base (dove si trova l’RD-171MV), ai 4.100 mm in prossimità del fondo del serbatoio dell’ossigeno liquido situato al di sopra, con una zona intermedia a 3.900 mm. Complessivamente il primo stadio del Sojuz-5 cresce del 20% in termini di volume e di oltre quattro metri in altezza rispetto allo Zenit, al netto del vano motori. RKC Progress ha apportato questa modifica per sfruttare al massimo i limiti d’ingombro (il secondo vincolo) concessi dal trasporto ferroviario e da quello aereo con un Antonov An-124 Ruslan che può ospitare carichi lunghi non oltre i 36,5 metri.

A fronte di un aumento della massa al decollo per il maggior combustibile imbarcabile e di una migliore efficienza degli stadi, da Bajkonur il Sojuz-5 sarà capace di immettere oltre 17 tonnellate in orbita terrestre bassa, cinque in più dello Zenit.

Il secondo stadio e l’RD-0124MS

A differenza di quanto riassunto fino ad adesso, ben poco è trapelato sullo stato del propulsore RD-0124MS e del secondo stadio. Se per quest’ultimo è facile aspettarsi che le attività di ricerca e sviluppo sui serbatoi del primo stadio impatteranno sulla costruzione di quelli per il secondo, discorso diverso per quanto concerne il motore che lo equipaggerà: RD-0124MS.

Ultima evoluzione in ordine cronologico della famiglia RD-0124, la terza destinata a un concreto impiego sul campo, l’RD-0124MS è un motore completamente rinnovato rispetto ai predecessori, dai quali si discosta per le prestazioni espresse, per la singolare architettura delle quattro camere di combustione e il tipo di alimentazione. Nel 2017, sotto l’impulso di RKC Progress, una divisione di NPO Energomaš inizia la progettazione di un nuovo propulsore per il Sojuz-5, con gli ingegneri che prendono spunto dall’ottimo e più recente RD-0124A a quattro ugelli usato nel secondo stadio del lanciatore pesante Angara, più leggero e robusto. Ne deriva il prototipo RD-0124M, il quale sprigiona la medesima spinta (30 tonnellate), ma con tre ugelli di espansione in meno!

Successivamente il progetto viene rivisto con l’aggiunta di un secondo ugello, a beneficio dell’affidabilità, e con l’accostamento in diagonale di una seconda unità gemella – da qui la “S” nel nome – collocate sullo stesso telaio e protette da uno scudo termico comune. Grazie a questa caratteristica, l’RD-0124MS è in grado di erogare il doppio della spinta (60 tonnellate), ma anche di dare continuità alla fase propulsiva qualora una delle due unità dovesse spegnersi oppure dovesse operare a potenza ridotta, e di controllare l’assetto del razzo su due piani (beccheggio e imbardata). Tale aspetto è reso possibile per mezzo di attuatori, i quali gestiscono individualmente la posizione degli ugelli delle due unità per direzionare in modo opportuno i gas di scarico in uscita e la spinta prodotta.

Inoltre l’RD-0124MS nasce per essere alimentato con una miscela di ossigeno liquido e naftalene (naphthyl) in sostituzione del cherosene raffinato per razzi spaziali (RP-1). Questa conversione, a cui presto saranno sottoposti tutti i vettori Sojuz-2, ha un impatto positivo sulle prestazioni del propulsori e più in generale del razzo: a parità di volume, infatti, il naftalene ha una densità energetica maggiore, il che si traduce in un aumento del carico utile immesso in orbita.

Collaudo di un ugello a grandezza naturale del motore RD-0124MS ad aprile 2021. Credit: Roskosmos

Conclusa la doverosa presentazione del propulsore, torniamo ai ragguagli divulgati nel 2021. Dopo l’anticipazione da parte di Roskosmos sul finire dell’anno precedente, a febbraio presso il banco prova a Voronež è stato acceso per la prima volta un prototipo del nuovo endoreattore. Il test, eseguito con un ugello di scarico di dimensioni ridotte e alti livelli di spinta, è durato come da programma “appena” 50 secondi, un arco di tempo sufficiente per acquisire preziosi dati sulle proprietà intrinseche del motore. Inoltre gli ingegneri hanno avuto modo di constatare la robustezza delle parti critiche del propulsore, al fine di validarne gli innovativi processi costruttivi: pezzi di qualità superiore ad un costo inferiore. In tutto questo non bisogna tralasciare l’importanza della correlazione tra i modelli di simulazione virtuale e l’esperienza reale al banco o in volo.

Due mesi più tardi invece, verso la fine di aprile, è stato condotto un ciclo di prove su un ugello a grandezza naturale frutto delle lezioni imparate dal primo test. Le varie accensioni si sono concluse positivamente e non hanno riscontrato gravi problemi. Pertanto è stato dato il via libera alla costruzione degli ugelli ottimizzati per il funzionamento ad alta quota (dove la pressione esterna è molto bassa) e di quelli definitivi per una intensa campagna di test al banco, che culminerà con la configurazione di volo del propulsore.

Fonte: Roskosmos

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Vincenzo Chichi

Ho riscoperto la passione dello spazio e dell'astronautica in età più "matura", la Stazione Spaziale Internazionale era in orbita da appena qualche mese quando sono nato, e ciò mi ha permesso di vedere il mondo da un'altra prospettiva.