Con lo scrub del lancio della Progress MS-08 saltano i piani per il rendezvous in due orbite

Credit: Roscosmos

È rimasto immobile sul pad 31/6 del cosmodromo Bajkonur, mentre i secondi scorrevano oltre l’ora fissata per il decollo, le 9.58.45 secondo il fuso orario italiano, il Sojuz 2.1a che oggi doveva lanciare il cargo russo Progress MS-08, con a bordo 2 tonnellate mezzo di rifornimenti, verso la Stazione Spaziale Internazionale. Il liftoff è stato bloccato dall’AVD, sigla russa che indica il comando automatico di abort, che si è attivato pochi istanti prima che a T-20 iniziasse l’accensione dei motori RD-108A e RD-107A dello stadio centrale e dei quattro booster del razzo.

La procedura automatica ha immediatamente avviato le manovre necessarie per mettere in sicurezza il Sojuz (depressurizzazione dei serbatoi, pulizia con azoto dei motori per eliminare eventuali tracce di combustibile, ecc.) lasciando al centro di controllo solo il compito di decretare lo scrub, essendosi ormai chiusa la finestra istantanea prevista per il lancio.

Quale anomalia abbia impedito il decollo non è ancora dato sapere. Roscosmos, con un tweet, seguito da un breve comunicato, si è limitata a dichiarare l’avvenuta attivazione dell’AVD, rimandando, per altri dettagli, all’esito di ulteriori indagini e indicando in martedì 13 febbraio la data per un nuovo tentativo.

L’affidabilità del Sojuz non è più una certezza?

Di per sé, quanto accaduto potrebbe essere liquidato come un episodio di ordinaria amministrazione – chi segue i lanci è abituato ai continui rinvii e cancellazioni, anche all’ultimo istante – se non fosse per il fatto che il caso odierno rischia di appannare il mito dell’affidabilità del lanciatore russo e sembra essere la fotocopia di evento già visto lo scorso anno.

Sulla base della solidità di una tecnologia costituitasi attraverso decenni di esperienza, complici il clima stabile di Bajkonur e delle altre basi utilizzate per il lancio, nonché il loro isolamento, che rende la violazione delle aree di sicurezza eventualità abbastanza remota, si è infatti diffusa l’idea, statisticamente fondata, di un Sojuz sempre pronto al decollo nel preciso momento prefissato. Da qualche tempo in qua, tuttavia, con la sola eccezione dei voli con equipaggio, la tendenza sembra essere cambiata. Anche per lanciatore russo lo scrub non è più un evento così raro ed insolito come in passato.

Pochi mesi or sono,  il 12 ottobre del 2017, la precedente Progress MS-07 fu protagonista di un incidente del tutto identico, sulla stessa rampa, pochi istanti prima del liftoff. In quella occasione le cause dello scrub non furono del tutto chiarite: la NASA ed altre fonti riferirono di un problema elettrico che avrebbe impedito la separazione dal Sojuz del braccio ombelicale inferiore (VKM), mentre Roscosmos si limitò a parlare della sostituzione di un computer di bordo nel lanciatore.

Esiste qualche problema ai sistemi di terra del pad 31/6? Il nuovo Souyz 2.1a presenta qualche glitch che non è stato ancora identificato? Ci auguriamo che nei prossimi giorni questi interrogativi trovino sicure risposte.

La partenza del Sojuz richiede l’accensione contemporanea delle 20 camere di combustione dei motori principali più le 12 dei motori direzionali. (Credit: Roscosmos)

Il rendezvous in due orbite rinviato alla prossima Progress

Il ritardo nel lancio, comunque, anche se dovesse risultare più consistente delle quarantotto ore al momento previste, non avrà particolare impatto sulla vita della ISS. A bordo della Progress MS-08 non c’è nulla di assolutamente urgente: gli astronauti hanno scorte di viveri e consumabili dimensionate in modo da metterli al sicuro anche nel malaugurato caso della perdita di uno o più navette cargo. Tutt’al più sarà necessario riprogrammare le loro attività e rinviare l’EVA prevista per il 15 febbraio, data in cui presumibilmente avverrà il docking, dopo due giorni di viaggio.

La “vittima” più significativa dell’incidente di oggi, come era già accaduto per la Progress MS-07, sarà infatti l’esperimento di rendezvous in due orbite e 3 ore mezza. La nuova tecnica richiede che la stazione spaziale si trovi in condizioni orbitali molto precise al momento del decollo della navicella destinata a raggiungerla: il piano orbitale della ISS deve intersecare il luogo del lancio e la stazione stessa non deve trovarsi ad una distanza angolare superiore ai 15°.

Proprio per preparare queste condizioni, in vista del liftoff di oggi, la Stazione Spaziale Internazionale aveva effettuato due manovre di correzione della propria orbita il 17 e il 30 gennaio scorsi. Il 13 febbraio, nell’istante in cui il piano dell’orbita della ISS passerà per Bajkonur, la stazione si troverà del fuori portata, volando sopra l’Atlantico meridionale. A tale distanza anche il rendezvous in 4 orbite e 6 ore (tecnica introdotta nel 2012) risulterà impraticabile e sarà necessario ricorrere al metodo, molto più lento ma più flessibile, che richiede 34 orbite e due giorni, che i russi hanno messo a punto sin dai tempi della stazione Mir.

Il Sojuz 2.1a con la Progress MS-08 viene condotto alla piattaforma di lancio nelle prime ore del 9 febbraio. (Credit: Roscosmos)

Di conseguenza, la realizzazione del rendezvous più breve nella storia della ISS dovrà essere rinviata al volo del prossimo cargo. D’altra parte, la sperimentazione di queste manovre non è motivata certo dal desiderio di nuovi record, né di meri risparmi (per quanto si sia stimato che raggiungendo la ISS in due orbite invece che 34 si consumino 20 kg in meno del propellente utilizzato per il controllo di assetto), ma è legata alle esigenze del volo umano.

Si cerca infatti di testare l’avvicinamento veloce sulle Progress, proprio in vista di una prossima applicazione alle Sojuz MS, che condividono gran parte dei sistemi dei cargo russi. Ci sono evidenti ragioni di comfort che suggeriscono di evitare agli equipaggi una protratta permanenza negli ambienti molto ridotti della navicella russa e vanno d’altra parte considerati anche gli aspetti legati alla salute. È ormai provato che gli effetti negativi dell’assenza di gravità, i sintomi della cosiddetta sindrome di adattamento allo spazio (nausea, vomito, mal di testa, letargia, ecc.) si manifestano dopo le prime ore di permanenza (all’incirca dopo sei/sette orbite), quando cominciano ad esaurirsi le iniziali emozioni legate alle nuove esperienze e il senso di appagamento per aver finalmente raggiunto lo spazio dopo mesi o anni di attesa. Completare il docking nella fase di migliore condizione per gli equipaggi permetterà di affrontare la fase critica nell’ambiente più adeguato della Stazione Spaziale.

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Roberto Mastri

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