Nespoli chiama Terra: ecco la prima in-flight call di VITA

L'astronauta ESA Paolo Nespoli durante l'in-flight call del 2 agosto

Nel primo pomeriggio di oggi 2 agosto è avvenuta la prima in-flight call di Paolo Nespoli nel contesto della missione VITA. A collegarsi con il nostro astronauta a bordo della Stazione Spaziale Internazionale sono stati i giornalisti di varie testate nazionali, riuniti nella sede dell’ASI.

A Paolo Nespoli, ormai un veterano giunto alla sua terza missione, sono state poste varie domande inerenti la vita nello spazio, la salute, gli affetti lasciati a terra e altre curiosità.

Ecco per voi la trascrizione completa dell’intervista.

D: Buon pomeriggio Paolo, Giorgio Pacifici di RAI TG2. Sei sulla stazione spaziale per capire anche i meccanismi dell’invecchiamento, ma tu a 60 anni e alla sua terza missione sei in perfetta forma.  Allora andare nello spazio e volare in assenza di gravità, o microgravità, fa bene come tu dimostri, oppure come si dice, fa male perché c’è osteoporosi, perdita di calcio nelle ossa e degenerazione muscolare?

R: Giorgio grazie della domanda. <omissis> Giorgio, l’invecchiamento, se fa bene andare nello spazio o se fa male. Mah, questa è una domanda interessante perché andrebbe vista sotto molti punti. Diciamo che l’ambiente dello spazio è un ambiente diverso di quello che si trova sulla terra e quindi le cose funzionano in modo diverso. Ci sono dei sistemi che non si trovano molto bene qui in assenza di gravità come il sistema scheletrico. D’altronde lo scheletro non serve quassù e quindi il corpo giustamente cerca di smantellarlo. L’altra cosa c’è un ambiente ad alte radiazioni perché non siamo protetti dall’atmosfera, e abbiamo una sovrapressione nella parte alta del corpo. Quindi, non so se vedete, ho la faccia piuttosto rossa, un pochettino gonfia gli occhi un poco gonfi, ed è dovuto proprio a questo fatto. Però in generale direi che andare nello spazio non… non bisogna essere superman, bisogna essere persone normali. Non so se faccia bene stare tantissimo nello spazio, dico oltre sei mesi, oltre l’anno. Questa è la ragione per cui siamo sulla stazione: anche per capire che cosa che come si comporta il nostro corpo e cercare di imparare di più per farci lavorare meglio sulla Terra, ma anche per continuare l’esplorazione il futuro nei vari pianeti del sistema solare, e chissà, anche addirittura forse fuori dal sistema.

D: Ciao Paolo, sono Enrica Battifoglia dell’agenzia ANSA, ti vedo in ottima forma e sono molto contenta. Volevo chiederti questo: tu tra pochi giorni sarà di nuovo ai comandi del braccio robotico della stazione spaziale, ma questa volta per accogliere una navetta costruita da un’azienda privata per la NASA. Volevo chiederti che che effetto ti fa, che tipo di riflessioni ti suscita questo avvenimento, come come cambia lo spazio.

R: Mah, personalmente sono molto contento che ci sia questa evoluzione dove lo spazio non è più il privilegio di poche nazioni di poche persone e di governi che possono permettersi di avere dei fondi quasi illimitati, se lo vogliono, ma che comincia a diventare un posto dove si possa fare da un lato commercio, dall’altro turismo, dall’altro aprire questa opportunità alle industrie in modo che possano utilizzarla nel modo migliore. Io personalmente sono molto contento di
questo: vuol dire che avremo la possibilità nel futuro, come governi, di riconcentrarsi o di concentrarsi su quello che le aziende non possono fare, l’esplorazione lontana, perché questa non è una un’attività che ha un ritorno finanziario e quindi
un’azienda non lo può fare. Allo stesso tempo sono contento del fatto che posso rispondere a tutti quelli che mi dicono: “Paolo questa sarà la tua ultima missione”. Direi, chissà, chi lo sa, forse sì come astronauta professionista, ma in futuro,
tra una decina d’anni 20 anni quando i prezzi si abbasseranno, forse anch’io potrò comprarmi un biglietto per andare a fare un giro di nuovo nello spazio e questa volta essere appiccicato alla finestra tutto il tempo e godermi questa… questa microgravità in pieno.

D: Ciao Paolo, sono Marta Melli di SkyTG24. Tua moglie nel primo collegamento ha detto che i tuoi figli stavano per
saltare nel razzo con te per seguirti nello spazio. Cosa gli hai detto prima di partire? Come vi siete congedati? Soprattutto, se li hai sentiti dalla ISS, come hanno commentato la missione del piccolo Transformer di Max che hai indicato quando eri a bordo della Souyz?

R: Sì, ho parlato con mia moglie con mio figlio in videoconferenza a questa domenica. Abbiamo fatto una videoconferenza di una decina di minuti ed è stato interessante come sia Sofia che Max sono venuti, hanno salutato molto contenti di aver vissuto questa esperienza è stata una bella esperienza per tutti. Per loro devo dire quasi una cosa normale, anzi, Max non ha capito l’importanza di di darmi qualcosa che avessi potuto portare quassù. Difatti e stato un problema tirargli fuori dalle mani qualcosa e mi ha dato il Transformer, ma quello più piccolo perché gli altri sono suoi ci deve giocare. Per loro è normale, ed è normale che sia così, perché  loro sono il futuro e per loro queste cose che per noi sono eccezionali sono normali. Ma credo che anche loro, quando diventeranno più grandi, succederà la stessa cosa anche per loro coi loro
figli.

D: Ciao Paolo, sono Nicoletta Cottone del Sole24Ore. L’italia ha un astronauta italiano nello spazio, ma abbiamo anche tanta Italia nella stazione spaziale. Quali parti della stazione sono dovute alla tecnologia e all’ingegno italiano?

R: Sì, devo dire che l’Italia, l’Agenzia Spaziale Italiana anche in congiunzione con l’Agenzia Spaziale Europea hanno lavorato alacremente per fare in modo che l’industria italiana, la tecnologia italiana, potesse essere utilizzata da un lato con programmi che dessero lavoro alle nostre industrie locali, e dall’altro per fare in modo che queste industrie producessero un
prodotto che fosse all’altezza massima con i livelli mondiali di tecnologia e di scienza. Quello che vedete oggi qua è il laboratorio americano della Stazione Spaziale Internazionale. Noi di solito facciamo queste conferenze dal laboratorio europeo,  ma oggi è completamente utilizzato da un esperimento dell’Agenzia Spaziale Europea, l’esperimento MARES Sarcolab, e quindi non abbiamo potuto fare li dentro. Quello è uno dei laboratori, è un pochettino più corto… è più o meno due terzi di questo laboratorio americano, e quello è un prodotto italiano. Ci sono i nodi, quello che vedete quello che
vedete dietro di me il nodo numero uno, quello non è non è un prodotto italiano. Ma il nodo un numero 2, che è dall’altra parte, il nodo numero 3 e il PMM e poi la Cupola, anche questi sono tutti prodotti italiani costruiti o per conto dell’Agenzia Spaziale Europea o per conto della della NAS stessa. Quindi abbiamo fatto tanto e abbiamo fatto bene. Dobbiamo sicuramente mantenere alto questo impegno perché ci aiuta tutti in molti modi.

D: Buongiorno sono Marilù Lucrezio del TG1. Lei ha 200 esperimenti scientifici da seguire ma anche tanto tempo libero. Come lo impiegherà?

R: Mah, a dire la verità il tempo libero è dalla sera attorno alle 9 fino alla mattina attorno alle 6, o alle 7. Alle 6 è la sveglia e alle 7 si comincia a lavorare. Quindi è il tempo che dovresti dedicare un pò a dormire un pò a fare le cose normali. Abbiamo la possibilità di telefonare, quando abbiamo il satellite abbiamo la possibilità di scambiare messaggi di posta elettronica con un numero ristretto di persone, a dir la verità. Ma quello che mi piace di più, o comunque fare, è anche e cercare di coinvolgere tutti usando i social media. Abbiamo una serie di di capacità di mandare messaggi con i vari le vari tipi di social media e sicuramente le foto fatte dalla cupola le foto fatte interne alla stazione sono sono le cose che ci aiutano a fare in modo di poter portare tutti nello spazio, e penso che la maggior parte del mio tempo sarà dedicato a questo, la maggior parte del tempo libero sarà dedicato a questo.

D: Ciao Paolo sono Andreana d’Aquino della ADN Kronos. Felice di rivederti così bene. Senti, abbiamo parlato dell’industria
italiana, ecco, io ti volevo chiedere in che modo la missione VITA che agli appena iniziato darà un ulteriore impulso alle attività spaziali alla spesa economy del nostro paese.

R: Beh, questa è una domanda complessa. Siete lì all’Agenzia Spaziale Italiana. Vi invito a porre questa domanda al presidente dell’ASI, al direttore dell’ASI che sono quelli che in un certo senso gestiscono o implementano la politica spaziale
italiana. Per quanto mi riguarda il fatto di avere la presenza di astronauti italiani in orbita (c’è stato Luca Parmitano, c’è stata Samantha Cristoforetti, e Luca è di nuovo schedulato, pianificato per un’altra missione tra non molto), il fatto di avere una costante presenza vuol dire anche dare modo alla gente comune di far vedere che siamo nello spazio, che questa è una cosa importante, e quindi dare supporto a queste attività. Sicuramente l’Agenzia Spaziale Italiana, oltre a essere riuscita a mettere a bordo un buon numero di esperimenti specifici dell’industria e della ricerca italiana, ha tutta una serie di piani in forza per poter mantenere questa attività e possibilmente, compatibilmente con il budget dei fondi disponibili, a farla crescere perché abbiamo visto che attraverso questa attività l’indotto è estremamente alto. Quindi è un’attività, l’attività dello spazio,
un’attività che paga.

D: Sono Paolo Ricci Bitti del Messaggero. Il corpo umano si abitua molto in fretta alla microgravità che non è una situazione
naturale. Non è che ce l’abbiamo nel DNA senza saperlo,  magari per qualche esperienza remota?

R: Mah, mi viene da pensare di sì, perché devo dire che venire quassù nello spazio in un posto così veramente diverso potrebbe ed è sicuramente un momento traumatico sia per il corpo dal punto di vista fisico, ma anche per per la mente perché uno deve imparare a muoversi e a camminare usando le mani e a star fermo usando i piedi, perché se uno non usa i piedi vola via e le mani le deve le devo usare per lavorare. Ci vuole relativamente poco per per riassettare tutto, la mente, il corpo, in questa in questa situazione. Mentre il ritorno a Terra, il tornare sulla forza di gravità è una cosa estremamente pesante, complessa. Occorrono giorni, se non settimane, anzi direi mesi per ritornare più o meno normale. Nella mia missione precedente, nei dati che che ho visto,  sono tornato normale, son tornato terrestre quasi sei mesi dopo la missione, mentre qui pochi giorni e diventi  extraterrestre. Quindi forse ce l’abbiamo nel nostro DNA, o forse nel nostro DNA abbiamo il fatto che siamo estremamente flessibili come esseri umani, non lo sappiamo ma lo sappiamo, ma ma lo siamo. Andare qua ci fa scoprire anche questo lato interessante e un po nascosto delle nostre capacità.

D: Buon pomeriggio, sono Paola Cutini di RaiNews24. Questa è la terza missione per lei in orbita. Che cosa è cambiato rispetto a quelle precedenti dal punto di vista delle emozioni. Insomma, c’è qualcosa che la sorpresa? È come la ricordava?

R: Beh devo dire che in generale ho ritrovato la stazione più o meno come era quando l’ho lasciata. Un poco più complessa,
molte più attività, i centri di controllo si sono focalizzati nell’utilizzo della stazione quindi in questo periodo facciamo tanto
utilizzo mentre prima si si usava parecchio tempo per per sistemare la stazione, per fare in modo che funzionasse. Ma in generale è lo stesso è più o meno lo stesso. È interessante come come qui veramente, nell’ambito di una giornata, spazi da da cose incredibili. Fai cose che hanno a vedere con la metallurgia, cose che hanno a vedere con il corpo umano, cose che hanno a che vedere con gli animali, cose… È incredibile,  e questa è una scoperta di come di come sia veramente interessante e complesso questo sistema. Lo era prima e lo è ancora adesso. Mi sono meravigliato in questo paio di giorni di cosa si può fare. Io sono qui, sto facendo una videoconferenza con voi, ma là dietro nell’airlock c’è il collega Randy Bresnik che sta sistemando le tute per la passeggiata spaziale. Qui più avanti, nel laboratorio europeo, ci sono due cosmonauti russi che stanno facendo l’esperimento europeo. C’è nel laboratorio del laboratorio giapponese più avanti… c’è il collega Jack Fischer che sta sistemando parte dell’airlock. Cose incredibili, è veramente interessante.

D: Ciao Paolo, Paolo D’Angelo. Ti faccio una domanda da parte di Giuliana Grimaldi del TGcom24. Spac3 azzera le distanze fra te e il pianeta, e ti ha portato sugli smartphone di tutto il mondo. Che effetto ti fa?

R: Ciao Paolo, grazie per riferirmi la domanda. Ho qui il logo della missione, logo creato dalla cooperazione tra l’Agenzia Spaziale Europea, l’agenzia spaziale italiana e il maestro Pistoletto, con questo simbolo del terzo paradiso… una cosa per me da ingegnere un po strana… mi ci è voluto un po per entrare dentro in questa in questa dimensione artistica. Ed è importante secondo me che in queste missioni si curano non solo le le questioni di carattere tecnico, tecnologico, scientifico, ma anche le questioni di carattere filosofico, di carattere artistico ,e il fatto di che l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Agenzia Spaziale Europea abbiano pensato a creare questa applicazione per fare in modo che sostanzialmente si possa unire lo spazio con la Terra attraverso il segno del terzo paradiso e costruire questo enorme mosaico di foto mischiate, secondo me è una cosa molto interessante. Non so dove arriveremo che cosa succederà, ma questo fa parte dell’arte, fa parte del dl capire…  non sai
mai quando comincia a fare una statua se salterà fuori una una cosa che resterà per sempre tutto il mondo se o se si perderà. Io sono contento, entusiasta di questo progetto, di questo programma,  e spero che che avrà veramente successo e che porterà me sulla Terra e voi nello spazio.

ASI: Questa era l’ultima domanda.

Paolo: Grazie di nuovo all’Agenzia Spaziale Italiana e l’Agenzia Spaziale Europea per questo collegamento per averci dato l’opportunità di portare ancora l’Italia nello spazio aver dato a me le opportunità di essere ancora qui in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale. Siamo all’inizio della missione, cercheremo di fare i fuochi d’artificio, se riusciamo, compatibilmente con quello che si può fare sulla stazione. Naturalmente e ci risentiremo presto, grazie a tutti, grazie per le domande.

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Marco Zambianchi

Spacecraft Operations Engineer per EPS-SG presso EUMETSAT, ha fatto parte in precedenza dei Flight Control Team di INTEGRAL, XMM/Newton e Gaia. È fondatore di ForumAstronautico.it e co-fondatore di AstronautiCAST. Conferenziere di astronautica al Planetario di Lecco fino al 2012, scrive ora su AstronautiNEWS ed è co-fondatore e consigliere dell'associazione ISAA.