Il Lussemburgo approva la legge che permette lo sfruttamento minerario dello Spazio

Il 13 luglio il Parlamento del Lussemburgo ha approvato la nuova legge spaziale, che permette lo sfruttamento minerario a fini commerciali dei corpi celesti. Il Granducato è il primo Paese europeo a dotarsi di un quadro giuridico di riferimento che garantisce ai privati la certezza dei diritti sulle risorse estratte nello Spazio.

«Le risorse spaziali possono essere utilizzate», recita il primo paragrafo della legge. Annunciata inizialmente nel febbraio del 2016, una prima bozza era stata presentata qualche mese dopo, nel novembre 2016.

Ora invece l’approvazione, con qualche piccolissima modifica rispetto alla proposta iniziale. L’entrata in vigore è prevista per il prossimo primo agosto.

In dettaglio, la legge stabilisce il principio secondo cui le risorse spaziali possono essere sfruttate da privati, a patto che questi abbiamo ricevuto un’autorizzazione –  che segue un’analisi della fattibilità tecnica e finanziaria del progetto – da parte dello Stato.

Il nostro obiettivo è «offrire un ecosistema favorevole e innovativo alle industrie private orientate a investire in questo settore, dando loro la certezza dei diritti che potranno vantare sulle risorse che estrarranno dallo Spazio», ha spiegato il Vice Primo Ministro del Lussemburgo Étienne Schneider.

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Ricostruzione artistica di una possibile miniera spaziale; Credits: peacepalacelibrary.nl

Cronologicamente la legge del Lussemburgo arriva un paio di anni dopo lo Space Act, legislazione statunitense varata sotto l’amministrazione di Barack Obama e che permette, anch’essa, lo space mining.

Rispetto allo Space Act, tuttavia, che impone all’azienda che chiede l’autorizzazione di avere la maggior parte dei soci americani, la legge del Granducato è aperta a qualsiasi nazionalità, a patto che la società sia di diritto lussemburghese.

Come ci aveva spiegato lo scorso anno Marco Ferrazzani, Capo del Dipartimento Legale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), in un’intervista sull’argomento, lo scopo delle autorità lussemburghesi è «portare avanti un’iniziativa nazionale per attirare gli investitori con aiuti finanziari alla ricerca».

Finora, grazie anche ai 200 milioni di euro promessi attraverso il veicolo pubblico Space Resources, si sono mosse soprattutto realtà americane, come la Planetary Resources e la Deep Space Industries (DSI).

Ad oggi, in ogni caso, non è  tecnicamente possibile andare su un corpo celeste, prenderne i minerali e tornare sulla Terra.

Di fatto, dunque, l’iniziativa del Lussemburgo è da inquadrare in un posizionamento a lungo termine che ricalca quanto già fatto negli anni Ottanta con SES, che, inizialmente finanziato dal Granducato, è oggi uno dei più grandi provider satellitari mondiali.

Questioni legali

Come già accaduto per lo Space Act, anche la nuova legge lussemburghese pone una serie di domande sull’aderenza o meno ai trattati basilari che regolato lo Spazio, primo tra tutti l’Outer Space Treaty (OST) del 1967.

Si tratta di un dibattito molto articolato il quale – come ci aveva spiegato il Professor Sergio Marchisio, uno dei massimi esperti internazionali in materia – ha creato due «scuole di pensiero» diverse, che interpretano i primi articoli dell’OST con accezioni opposte.

Per i contrari, le leggi a favore del mining spaziale sarebbero in contrasto con il principio sancito dall’art. II dell’OST, che vieta l’appropriazione dello spazio e dei corpi celesti «by any other means», cioè in qualsiasi forma. Al contrario, i favorevoli si appellano alla «libertà di esplorazione e uso» delle risorse spaziali stabilita dall’art. I dello stesso Trattato.

Senza entrare nei meandri del dibattito e ben conscio dei possibili strascichi della sua azione, lo stesso Lussemburgo – nel comunicato con cui ha annunciato l’approvazione della legge – ha spiegato di «continuare a promuovere la cooperazione internazionale per arrivare a un futuro sistema di governance e a un quadro normativo globale per l’utilizzo delle risorse spaziali».

Insomma, la legge del Granducato è di fatto un sasso nello stagno nel mondo della legislazione spaziale. Oltre allo sfruttamento economico in se’, infatti, l’iniziativa si propone anche di creare un dibattito globale sul tema, così da arrivare in futuro ad una governance condivisa sul solco di quanto fatto con altri beni comuni, come i fondali marini.

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