SLS/Orion Exploration Mission 2: NASA inizia la pianificazione

Orion in orbita lunare. Credit NASA

Mentre si avvicina il debutto del nuovo lanciatore pesante Space Launch System, previsto per il novembre 2018 con la missione unmanned EM-1, l’agenzia spaziale statunitense ha avviato formalmente la pianificazione della seconda missione che, non prima del 2023, riporterà un equipaggio in orbita lunare dopo 50 anni.

La EM-2 vedrà infatti una capsula Orion con a bordo un equipaggio di 4 persone, lanciata su di un SLS Block 1B e propulsa verso la luna da un Exploration Upper Stage (EUS), compiere una missione di 4 giorni in orbita lunare.

Inizialmente l’obbiettivo primario era l’esplorazione di un asteroide precedentemente catturato da una soda robotica (ARM) ma recentemente questo obbiettivo è stato spostato a successive missioni, EM-5 o EM-6, più avanti nella decade.
La missione quindi testerà le procedure, le manovre e naturalmente tutto l’hardware per le successive missioni oltre l’orbita terrestre, tra cui appunto quella sopracitata e quelle verso Marte, che rimane comunque l’obbiettivo primario della Space Policy statunitense.

Con una presentazione del NASA Advisory Council Meeting dello scorso 2 marzo, è stato reso noto che uno speciale “planning team” è già al lavoro per progettare e valutare ogni elemento di questa missione, compresi gli obbiettivi, risorse, tecnologie appropriate, payload, traiettoria ed altro.

Lo svolgersi della missione seguirà probabilmente la classica architettura delle missioni lunari Apollo:
Dopo il lancio il complesso Orion/EUS compirà un’orbita completa della Terra e durante la seconda orbita si accenderanno i motori dell’EUS per quella che in gergo viene chiamata la Translunar Orbit Injection (TLI).
Terminata la TLI la capsula Orion si separerà dall’EUS ormai esausto e continuerà da sola la missione, compiendo alcune correzioni di rotta per arrivare correttamente alla manovra di inserzione in orbita lunare (LOI) in cui dovrà decelerare per inserirsi in una High Lunar Orbit (HLO) di 100 x 10.000 km.
Terminata la missione orbitale verrà acceso il motore del modulo di servizio (SM), di costruzione europea, per la Trans-Earth Injection (TEI) di ritorno verso la Terra.

EM-2 profilo standard

EM-2 profilo standard

Nonostante questo i tecnici NASA stanno studiando e valutando ulteriori profili di missione, tra cui la Distant Retrograde Orbit/Near Rectilinear halo Orbit, già scelta per la missione EM-1 verso il punto L2 e la High Cislunar Orbit di oltre 25 giorni, che quindi andrebbe oltre i 21 giorni di missione per cui Orion è certificato.

Questa sarà la prima missione con equipaggio per Orion e la prima dell’EUS, quindi la scelta potrebbe cadere su un profilo a basso rischio, che per esempio riesca a conservare la maggior quantità di propellente per affrontare eventuali emergenze e che quindi escluda l’inserimento in orbita lunare. Quest’ipotesi viene attualmente definita come l’opzione ibrida.

EM-2 Hybrid Orbit

EM-2 Hybrid Orbit

Dopo il lancio l’EUS verrebbe subito acceso per inserire Orion in un’orbita  molto ellittica di 391 x 71,333 km, dopodichè l’EUS esausto verrebbe abbandonato.
Durante la seconda orbita, con un periodo di 24 ore, l’equipaggio avrebbe la possibilità di controllare tutti i sistemi, risolvere eventuali problemi senza aver ancora lasciato la sicurezza dell’orbita terrestre ed essere eventualmente in grado di rientrare entro 12 ore al massimo.
Se tutto risultasse nella norma, durante il perigeo di 391 km, verrebbe acceso il motore dell’SM per il TLI.
Naturalmente in seguito l’SM non avrebbe più la capacità di rallentare per un inserimento orbitale, quindi Orion compirà un fly-by della Luna a 61,548 km di distanza dalla superficie.
Con una ulteriore piccola correzione di velocità di 77m/s Orion verrebbe quindi immesso sulla traiettoria di ritorno a Terra.
Questa opzione ibrida potrebbe risultare in una missione di 15/16 giorni, con molteplici passaggi attraverso le fasce di Van Allen e quindi maggiori rischi di esposizione alle radiazioni da parte dell’equipaggio, pari a quelle associate ad una permanenza di 6 mesi sulla ISS.

Credit NASA

Credit NASA

Di particolare importanza è il fatto che, durante qualsiasi momento della missione, Orion abbia la capacità di poter rientrare a Terra entro 5 giorni da una eventuale grave anomalia.
Dopo aver lasciato l’orbita terrestre la capsula verrà infatti posta sempre in una traiettoria di ritorno libero che, come avvenne per l’Apollo 13 nell’aprile 1970, permetta un rientro a Terra senza l’utilizzo del motore dell’SM.
In questo caso, dopo aver compiuto un giro dietro la Luna per sfruttarne la spinta gravitazionale, con piccole correzioni di rotta effettuabili con i motori per il controllo d’assetto, la capsula sarebbe in grado di inserirsi correttamente in una traiettoria che la porterebbe ad un normale rientro.

Fonte: NASA

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.