Al via la produzione in serie dell’Ariane 6

Dopo un tira e molla poco appariscente ma molto pericoloso, ArianeGroup – joint venture tra Airbus e Safran – ha annunciato il 7 maggio scorso il via libera definitivo alla produzione in serie dei primi 14 esemplari di Ariane 6, il nuovo vettore pesante europeo.

I 14 lanciatori, in particolare, saranno utilizzati tra il 2021 e il 2023, in parallelo con le ultime otto missioni dell’Ariane 5. È già da tempo in produzione, invece, il primo esemplare in assoluto di Ariane 6, il cui volo inaugurale è previsto, in versione 62 (con due soli booster P120C), nel luglio del 2020 con a bordo satelliti di OneWeb.

Nonostante l’annuncio della produzione in serie dell’Ariane 6 fosse atteso da tempo, tra la fine del 2018 e l’inizio 2019 era sorto più di qualche dubbio sul destino del lanciatore.

Il nuovo veicolo è stato progettato con il preciso compito di ridurre i costi di lancio rispetto alla precedente generazione e aumentare la competitività del provider di lancio europeo, Arianespace, nei confronti del suo principale competitor, SpaceX di Elon Musk.

Rispetto al Falcon 9 di Musk, che fa della riusabilità il suo principale volano di risparmio, il vettore europeo punta a diminuire i costi soprattutto grazie all’utilizzo di innovative tecnologie di produzione, come ad esempio la stampa 3D, e una più efficiente organizzazione industriale.

Proprio in quest’ottica, negli scorsi anni ESA aveva deciso di privatizzare Arianespace, controllata tradizionalmente dall’agenzia spaziale francese (CNES) e farne confluire le quote nella nuova azienda, costituita dalle due industrie che materialmente costruiscono la maggior parte del veicolo, Airbus e Safran, che hanno poi formalizzato la loro alleanza creando ArianeGroup (conosciuta inizialmente come Airbus Safran Launchers). Contestualmente è stato deciso di sospendere il finanziamento assicurato ogni anno da ESA ad Arianespace.

Tuttavia, l’assenza delle sovvenzioni avrebbe reso l’obiettivo di rendere competitivo l’Ariane 6 sostanzialmente impossibile da raggiungere e per questo ArianeGroup aveva chiesto a ESA e ai paesi membri un impegno formale a lanciare tutti i loro prossimi payload con Ariane (e, eventualmente, VEGA C).

Anche se si tratta di una politica sostanzialmente protezionistica, l’impegno a “comprare europeo” è in linea con quanto fanno le altre grandi nazioni “spaziali” – Stati Uniti, Cina e Russia – che utilizzano solo vettori domestici per i propri payload istituzionali o militari. Nella storia recente europea, al contrario, numerosi satelliti duali, militari o istituzionali sono stati lanciati in orbita da vettori “stranieri”, soprattutto americani o russi. Basti pensare ad esempio ai satelliti italiani COSMO-SkyMED, alcuni Sentinel del programma Copernicus o al PAZ spagnolo.

In ogni caso, nonostante avesse ottenuto un sostanziale assenso nell’impegno a “comprare europeo”, Arianespace ha finora ottenuto solo una manciata di missioni da parte dei governi europei: tre francesi per la nuova costellazione ottica CSO (precedentemente previste su Soyuz) e due dalla Commissione Europea per i satelliti Galileo. Inoltre, diversi impegni commerciali sono arrivati anche da Eutelsat e OneWeb.

Insomma, numeri alla mano, allo scorso gennaio i contratti assicurati da ESA ad Arianespace erano ancora troppo pochi per giustificare l’avvio della produzione dell’Ariane 6, sul cui futuro si stavano addensando nubi sempre più fosche.

Il 17 aprile è poi arrivata la svolta decisiva, con l’accordo tra le parti siglato durante una riunione di ESA e il contestuale impegno dell’agenzia ad acquistare almeno 7 lanci entro la fine dell’anno. Nei giorni scorsi, infine, è arrivato l’annuncio congiunto di ArianeGroup e Arianespace dell’avvio della produzione in serie, che sarà in grado di fornire un Ariane 6 completo in circa due anni di lavoro.

L’Ariane 6 sarà costruito in due varianti. La 62, con due booster P120C, sarà utilizzata dai clienti istituzionali ed è accreditata di una capacità di carico di 7 tonnellate in orbita eliosincrona e 4,5 tonnellate in orbita di trasferimento geostazionario (GTO) per un solo payload. La variante 64 – dotata di 4 booster P120C – avrà invece una vocazione prettamente commerciale e sarà capace di trasportare 20 tonnellate in orbita bassa e due satelliti fino a 12 tonnellate complessive in GTO.

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Commenti

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Una risposta

  1. MayuriK ha detto:

    Meno male che tutto si è sistemato, non vedo l’ora di vederlo in azione!