Approfondimento: La NASA testa un’arma microscopica contro la ruggine

Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA
Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA

l gruppo di lavoro guidato da Luz Marina Calle sta sviluppando una nuova arma per la protezione dei metalli dall’attacco della corrosione. Se essa dovesse funzionare, i launch pads del Kennedy Space Center, le sue varie strutture, ed i suoi veicoli spaziali risulteranno meglio protetti. Non solo, anche le automobili, i ponti, le terrazze e qualsiasi altra struttura metallica risulteranno meglio protette dall’aggressione della ruggine.

Quest’arma consiste in una microcapsula, che quando riempita con le opportune sostanze chimiche, è in grado di mostrare esattamente il punto in cui si è innescato il processo corrosivo e la sua gravità. Inoltre, in alcuni casi può addirittura sanare il danno.

Sembra un lavoro notevole per una struttura minuscola invisibile ad occhio nudo, ma in realtà la sua forza deriva dal numero di microcapsule impiegate. Milioni di esse possono venire disperse in vernici o in materiali da rivestimento, e le sostanze chimiche in esse contenute vengono disperse all’esterno al momento della rottura di queste microcapsule.
Le capsule vengono strutturate in modo da rompersi quando inizia a formarsi la ruggine. A questo punto gli agenti protettivi si diffondono e il “medicamento” inizia a “curare” il metallo. Al fine di evidenziare il punto di partenza del fenomeno corrosivo, alcune microcapsule possono venire riempite con una sostanza che cambia colore nella zona in questione.

“Si tratta di tecnologia sviluppata dal Kennedy Space Center,” ha spiegato la Dott.ssa Calle, Lead Investigator e Principal Investigator presso il NASA’s Corrosion Technology Laboratory. “Nessuno avrebbe mai immaginato che si sarebbero potute utilizzare queste microcapsule per il controllo della corrosione.”
Del resto non risulta di certo strano che una tale innovazione provenga da uno dei luoghi più “corrosivi” al mondo.

La Dott.ssa Calle è a capo di un team composto da una dozzina di scienziati ed ingegneri che compongono il NASA’s Corrosion Technology Laboratory presso il Kennedy Space Center. È proprio in questa zona che è preferibile studiare la corrosione in quanto qui il fenomeno avviene molto velocemente e con un’intensità mai riscontrata da nessun ‘altra parte al mondo.
La NASA scelse di porre il proprio sito di lancio principale nella costa atlantica della Florida per una moltitudine di ragioni, fra di esse, la sicurezza del lancio, le meccaniche orbitali, e perché generalmente l’inverno in questo stato è relativamente mite, e raramente avvengono delle gelate. Purtroppo non si pensò alla corrosione. “La corrosione è incentivata dalla salsedine, dall’umidità, dal calore e dalla luce ultravioletta. Tutte cose che qui in Florida abbondano.” Ha proseguito la Dott.ssa Calle.

Esistono altre zone, in giro per il mondo, che offrono alti livelli in una o due categorie, ma il Kennedy Space Center è unico da questo punto di vista, perché è una zona in cui tutti i succitati elementi esistono ai massimi livelli.
Alcune strutture del Kennedy, inoltre, sono soggette all’azione dei getti incandescenti dei gas esausti dei razzi, in particolare dei residui acidi provenienti dai Solid Rocket Boosters dello Space Shuttle. A tale proposito, Calle ha spiegato che benché l’acciaio inossidabile, generalmente abbia una elevata resistenza alla corrosione, esso presso i pad di lancio del Kennedy abbassa incredibilmente questa sua qualità: “Semplicemente scompare.” Ha concluso la ricercatrice della NASA.

L’effetto pratico di questa situazione pericolosa, è che essa richiede ricerca e soluzioni.

Il piccolo laboratorio della NASA di ricerche sulla corrosione, esiste dal 2000, ed esso include anche un test site, situato nei pressi della spiaggia vicina al Pad 39A, con delle rastrelliere espositive per campioni. Questo sito viene utilizzato tuttora, e nessuna vernice o rivestimento viene approvato  per l’utilizzo da parte della NASA senza essere prima passato positivamente attraverso i 18 mesi di esposizione su queste rastrelliere.

Attualmente però, la ricerca è molto più estesa. Essa include anche attrezzature particolari come le camere a nebbie saline e le celle elettrochimiche, che possono stressare i metalli o i vari rivestimenti  imitando le condizioni naturali, ma molto più velocemente. Per osservare direttamente le microcapsule, inoltre, viene utilizzato il microscopio elettronico dello Space Life Sciences Laboratory sempre presso il Kennedy Space Center in Florida.
Tutto ciò permette ai ricercatori di snellire i processi decisionali sulle nuove e promettenti strade da percorrere per combattere la corrosione.
Basti pensare che alcuni dei materiali esposti negli anni ’60 sono ancora in posizione, accompagnati da una parata di altri materiali e rivestimenti sviluppati e testati nel corso degli anni.

Fra i materiali ancora esposti vi sono quelli protetti da un rivestimento a base di zinco, ma lo zinco non è molto amico dell’ambiente, così i ricercatori lo impiegano solo se strettamente necessario.
Diversamente, se lo zinco potesse essere inserito nelle microcapsule, esso potrebbe essere rilasciato solo quando necessario, limitando al minimo il suo impatto ambientale.
Alla ricerca dei migliori rivestimenti, il team della Dott.ssa Calle si è indirizzato verso il campo dei cosiddetti “smart coatings”. Ciò ha portato alle scoperte sulle microcapsule ed al loro utilizzo contro la corrosione. Ci sono già stati degli ottimi risultati, ma alcuni di questi sono ancora in attesa di rifinitura.

I rivestimenti che inglobano le microcapsule non sono ancora utilizzati su larga scala, così nei coatings usati sulle nuove strutture del Kennedy, come la Mobile Service Tower costruita per i lanciatori della nuova generazione, è stato impiegato ancora lo zinco; ecco il perché del colore grigio di queste strutture.

La tecnologia delle microcapsule può essere applicata in svariati campi. La NASA per ora è focalizzata sulle torri di servizio, e sulle strutture del Vehicle Assembly Building, ma non è da escludere anche il loro futuro uso nei veicoli spaziali.

I lavori del team della Dott.ssa Calle hanno già riscosso l’interesse dei costruttori di automobili, interessati dall’idea di una vernice alle microcapsule che inibisca la ruggine nei propri veicoli. Anche le imprese edili vorrebbero rivestire i metalli impiegati per le strutture di sostegno con gli “smart coatings”.

Come è intuibile, le ricerche svolte dal NASA’s Corrosion Technology Laboratory sono destinate a fornire degli spinoff notevoli in tantissimi settori.

Fonte: NASA

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Luca Frigerio

Impiegato nel campo delle materie plastiche e da sempre appassionato di spazio, basket e birra artigianale. E' iscritto a forumastronautico.it dal Novembre 2005 e da diversi anni sfoga parte della sua passione scrivendo per astronautinews.it. E' socio dell'Associazione Italiana per l'Astronautica e lo Spazio (ISAA)