Voyager 1 riattiva i propulsori di assetto
Lo storico veicolo spaziale utilizza i suoi propulsori per mantenere il puntamento verso la Terra, ma, dopo 47 anni trascorsi nello spazio, qualcuna delle tubazioni dei suoi sistemi propulsivi potrebbe essersi otturata.
Gli ingegneri del gruppo di supporto alle operazioni della sonda della NASA Voyager 1 sono riusciti a tamponare un problema con i propulsori responsabili del suo puntamento verso la Terra, necessario al fine di poter ricevere i comandi inviati dai controllori e di poter inviare i suoi dati ingegneristici e scientifici.
Dopo 47 anni di missione, un condotto per il propellente del sistema propulsivo si è quasi completamente otturato con del biossido di silicio, un sottoprodotto che si forma con il tempo dal diaframma di gomma che è nel serbatoio del carburante della sonda. Questa situazione ha ridotto l’efficienza dei propulsori, ma, dopo settimane di attenta pianificazione, la squadra ingegneristica addetta al controllo del veicolo spaziale è riuscita a scambiare il compito del puntamento verso la Terra a un altro gruppo di propulsori.
Questi propulsori sono alimentati da idrazina la quale viene bruciata in piccoli impulsi della durata di qualche decina di millisecondi, allo scopo di mantenere delicatamente l’antenna di Voyager 1 puntata verso il nostro pianeta. Normalmente, essi vengono azionati una quarantina di volte al giorno.
Entrambe le sonde Voyager sono dotate di tre set di propulsori: due set per il controllo dell’assetto e uno per le manovre di correzione della traiettoria di volo. Nel corso dei vari sorvoli planetari eseguiti durante la missione, sono stati utilizzati entrambi i sistemi con differenti propositi. Poiché Voyager 1 viaggia da tempo su una rotta invariata al di fuori del Sistema Solare, le sue esigenze propulsive sono più semplificate e quindi possono essere impiegati entrambi i sistemi propulsivi per il puntamento della sonda verso la Terra.
Nel 2002 il team ingegneristico della missione, situato presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA, a Pasadena nella California meridionale, aveva notato delle occlusioni in alcune tubazioni nel set dei propulsori per il controllo attitudinale in uso in quel periodo, pertanto era stato deciso di passare a utilizzare il secondo set. Di seguito, quando anche questo secondo sistema propulsivo aveva mostrato segni di occlusione nel 2017, il team aveva deciso di spostare il compito del puntamento della sonda ai propulsori per le manovre di correzione della traiettoria. Tale soluzione è stata in uso fino a questo momento.
Ora, anche le tubazioni dei propulsori per le manovre di correzione della traiettoria risultano essere ostruite, anche di più di quello che erano stati i due set propulsivi originali al momento in cui vennero scambiati nel 2017. I tubi in questione sono situati all’interno dei propulsori e veicolano il propellente sui letti catalitici, dove esso brucia trasformandosi in gas (va chiarito che questi particolari tubi sono differenti da quelli che portano l’idrazina ai propulsori). Nella fattispecie, il diametro interno originario dei tubi era di 0,25 mm e l’ostruzione lo aveva ridotto a 0,035 mm, ovvero a circa la metà della larghezza di un capello umano, pertanto i controllori della missione hanno riportato in uso uno dei due set di propulsori per il controllo dell’assetto.
Il riscaldamento dei propulsori
Lo scambio fra differenti sistemi di propulsori sarebbe stata un’operazione relativamente semplice nel 1980 o anche nel 2002; ma l’età della sonda ha giocoforza introdotto delle nuove sfide relative principalmente all’alimentazione elettrica e alla gestione delle temperature. I controllori hanno già provveduto da tempo a spegnere tutti i sistemi di bordo non essenziali sia su Voyager 1 che su Voyager 2, inclusi alcuni riscaldatori, al fine di conservare l’energia residua fornita dal decadimento del plutonio in atto nei suoi generatori termoelettrici a radioisotopi, che è in costante calo.
Se da un lato lo spegnimento dei riscaldatori e di alcuni altri sistemi (i quali funzionando normalmente, producono anch’essi calore) ha portato a una riduzione del consumo elettrico, dall’altro il veicolo spaziale è diventato progressivamente più freddo. Infine, come ultima conseguenza, anche le due linee dei propulsori per il controllo attitudinale si sono raffreddate, e accendere questi motori in queste condizioni potrebbe danneggiarli seriamente rendendoli inutilizzabili.
Gli ingegneri hanno quindi stabilito che la migliore opzione sarebbe stata quella di riscaldare i propulsori prima di effettuare lo scambio con il sistema in uso, accendendo quei riscaldatori che erano stati ritenuti non essenziali. Nonostante tutti gli imprevisti risolti finora dagli ingegneri del JPL, la soluzione di quest’ultimo problema con i propulsori per il controllo dell’assetto, rimane in forte dubbio. Infatti, l’alimentazione elettrica della sonda è talmente bassa che accendere i riscaldatori non essenziali richiederebbe lo spegnimento di qualche altro sistema al fine, appunto, di fornire un adeguato apporto di energia elettrica ai suddetti riscaldatori e naturalmente tutti i sistemi attualmente in funzione sono ritenuti essenziali.
Dopo minuziose analisi, il JPL aveva inizialmente deciso di spegnere per un tempo limitato uno degli strumenti scientifici che è sempre stato in funzione. Lo spegnimento sarebbe dovuto durare per il tempo necessario all’operazione di riscaldamento, perché esisteva il rischio che questo strumento non potesse riattivarsi più. Ad ogni modo, dopo un ulteriore studio e una attenta programmazione, il team ingegneristico ha deciso che si sarebbe potuto spegnere uno dei riscaldatori principali della sonda per la durata di un’ora al massimo, liberando così energia per accendere i riscaldatori dei propulsori di assetto.
La procedura ha funzionato. Lo scorso 27 agosto, gli ingegneri del JPL hanno confermato che la linea dei propulsori d’assetto prescelta era tornata in funzione, e che stava aiutando Voyager 1 a mantenere il suo puntamento verso la Terra.
«Tutte le decisioni che dovremo prendere in futuro richiederanno molte più analisi e molta più cautela rispetto a quello che era necessario in passato» ha dichiarato Suzanne Dodd, manager del progetto Voyager del JPL della NASA.
Voyager 1 e Voyager 2 stanno esplorando lo spazio interstellare, ovvero la regione all’esterno della bolla di particelle e campi magnetici creati dal Sole, in una zona dove molto probabilmente nessun altro mezzo spaziale giungerà mai per parecchio tempo. Il team scientifico della missione continua a lavorare per mantenerne attiva la scienza, in modo tale da poter continuare a rivelare come è fatto l’ambiente interstellare.
Fonte: NASA
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