Il lancio del satellite GOES-U è stato rimandato

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Ispezione di GOES-U dopo essere stato trasportato alla clean room. Credits: NASA/Ben Smegelsky

Tramite una nota pubblicata online il 26 marzo 2024, l’agenzia spaziale americana (NASA) ha comunicato la nuova data prevista per il lancio del satellite GOES-U, il quarto e ultimo della serie GOES-R e dedicato al monitoraggio di fenomeni atmosferici e spaziali, come il vento solare.

Il lancio avverrà a bordo di un Falcon Heavy di SpaceX dal Launch Complex 39A del Kennedy Space Center (KSC), in Florida, con destinazione l’orbita geostazionaria. Il Falcon Heavy volerà in configurazione ibrida, quella più utilizzata nel corso delle ultime missioni: i due booster laterali, in questo caso B1072 e B1086, atterreranno rispettivamente sulla Landing Zone 1 e Landing Zone 2, mentre il core centrale sarà a perdere. Tutti e tre i booster saranno al primo volo.

Lo spostamento comunicato da NASA non è il primo: a febbraio, durante i controlli di routine che sono effettuati sui booster appena prodotti, è stata individuata una perdita di ossigeno che ha comportato un iniziale spostamento della data di lancio da aprile a maggio 2024. Una successiva comunicazione di NASA ha indicato il 25 giugno come giorno della partenza, in modo da permettere ai tecnici di SpaceX di completare le riparazioni sul booster.

La famiglia GOES

Come detto, GOES-U è l’ultimo satellite della famiglia GOES-R, dove GOES è l’acronimo di Geostationary Operational Environmental Satellites, dopo GOES-R (Atlas V 541, 2016), GOES-S (Atlas V 541, 2018), GOES-T (Atlas V 541, 2021). Si tratta dei più avanzati satelliti meteorologici in orbita geostazionaria a disposizione degli Stati Uniti d’America, con significativi miglioramenti nell’individuazione e osservazione dei fenomeni ambientali che hanno un impatto sulla vita quotidiana dei cittadini. I quattro satelliti sono in grado di fornire immagini ad alta risoluzione spaziale, mappe in tempo reale dell’attività dei fulmini, oltre a monitorare l’attività solare e il cosiddetto meteo spaziale, sfruttando anche l’orbita in cui sono inseriti che permette loro di essere stazionari rispetto a un certo punto a Terra. La durata stimata della costellazione è di altri 12 anni, fino al 2036.

GOES-U prenderà il nome di GOES-19 una volta arrivato in orbita e andrà a rimpiazzare GOES-16, noto anche come GOES-East (al momento del lancio chiamato GOES-R), nella sua posizione a est, osservando gli Stati Uniti continentali, l’America centrale e meridionale e l’Oceano Atlantico. Lavorerà in tandem con GOES-18 (noto anche come GOES-West), il satellite fratello gestito sempre dal NOAA e prima del lancio chiamato GOES-T.

Il satellite

GOES-U ha un’architettura simile a quella degli altri satelliti della famiglia GOES: è stabilizzato su tre assi e ha una vita operativa prevista di 10 anni, dimensioni di 6m × 5,6 m × 3,90 m, una massa a secco di circa 2,9 tonnellate e di 5 tonnellate pienamente rifornito. Ha a disposizione sette strumenti.

Compact Coronagraph-1 (CCOR-1)

L’unico strumento non presente sugli altri satelliti della famiglia GOES, è stato sviluppato dal Naval Research Laboratory ed è installato sulla Solar Pointing Platform (SPP), assieme al Solar Ultraviolet Imager (SUVI) e all’Extreme Ultraviolet and X-ray Irradiance Sensors (EXIS). Come tutti i coronografi, avrà lo scopo di studiare la corona solare, lo strato esterno dell’atmosfera del Sole, bloccando la luce proveniente dal Sole stesso: l’obiettivo sarà fotografare la corona, individuando e caratterizzando le espulsioni di massa coronale (CME, Coronal Mass Ejection). Le CME sono responsabili delle tempeste geomagnetiche, che possono avere impatto sulle telecomunicazioni e gli apparati elettronici dei satelliti.

Attualmente le CME vengono osservate dallo strumento LASCO (Large Angle and Spectrometric Coronagraph) montato a bordo del satellite SOHO (Solar and Heliospheric Observatory), che invia immagini entro 8 ore dall’acquisizione. CCOR-1 diminuirà drasticamente questa attesa, inviandole entro 30 minuti, catturando almeno due immagini per ogni espulsione coronale.

Advanced Baseline Imager (ABI)

Si tratta dello strumento principale – produrrà oltre il 65% dei dati complessivi – il cui scopo è quello di scattare fotografie agli oceani, all’ambiente e osservare il meteo in 16 diverse bande spettrali: due nel visibile, quattro nel vicino infrarosso e dieci nell’infrarosso. Rispetto alla generazione precedente questo strumento porta un deciso miglioramento: il triplo delle bande osservate, quattro volte la risoluzione spaziale e una copertura temporale cinque volte più veloce.

Si tratta, tecnicamente parlando, di un imager radiometrico passivo e multicanale, dotato di diverse modalità operative, in grado di produrre un’immagine completa dell’emisfero osservato con frequenze diverse e fornendo immagini aggiuntive. Il design di ABI per GOES-U è stato pensato anche dopo l’incidente occorso a quello montato su GOES-17, in cui un problema al sistema di raffreddamento impediva un corretto mantenimento della temperatura in determinate condizioni orbitali.

Con ABI è possibile tracciare e monitorare la formazione delle nuvole, i movimenti in atmosfera, la temperatura superficiale del terreno, le dinamiche degli oceani, oltre a tanti altri parametri come la qualità dell’aria e la presenza di ceneri vulcaniche e aerosol.

Extreme ultraviolet And X-ray Irradiance Sensors (EXIS)

Con EXIS verrà monitorata l’irradianza solare nell’alta atmosfera; con irradianza si intende la potenza della radiazione elettromagnetica del Sole per unità di area. Con EXIS sarà possibile individuare i flare solari in grado di interrompere le comunicazioni con i satelliti e ridurre la precisione nel sistema di posizionamento a Terra.

EXIS è montato sulla Sun-Pointig Platform e a bordo sono installati due sensori: l’Extreme Ultraviolet Sensor (EUVS) e l’X-Ray Sensor (XRS).

Magnetometro (MAG)

Come dice il nome stesso, il magnetometro misurerà il campo magnetico nella regione superore della magnetosfera terrestre, la regione di spazio permeata dal campo magnetico terrestre che si estende fino a circa 60.000 km nel lato rivolto il Sole, mentre dal lato opposto è molto più estesa.

Geostationary Lightning Mapper (GLM)

GLM è uno strumento in grado di individuare i cambiamenti che avvengono nel suo campo di vista e che sono riconducibili ai fenomeni: misurerà il numero totale di fulmini, sia quelli all’interno delle nuvole, quelli tra due nuvole diverse e quelli che giungono al suolo, con una risoluzione spaziale di circa 10 km. Svolgerà quindi un lavoro simile al Lightning Imager montato a bordo di MTG-I1 (e i successivi satelliti MTG), che osserva però i continenti europeo e africano; GOES-U stazionerà invece sopra l’America. Lo studio di frequenza, posizione e dimensione dei fulmini potrà fornire informazioni per identificare temporali in formazione e cicloni tropicali.

Solar Ultraviolet Imager (SUVI)

Si tratta di un telescopio che monitora il Sole nell’estremo ultravioletto, catturando immagini del disco solare completo, osservando e caratterizzando le regioni attive del Sole stesso, i flare solari e le eruzioni di dei filamenti solari, che potrebbero dare origine alle CME. I dati prodotti da SUVI permetteranno di stimare la temperatura del plasma coronale ed effettuare delle misure sulle emissioni solari.

Sarà posizionato sulla Sun-Pointing Platform (SPP) e sostituirà lo strumento Solar X-ray Imager (SXI), montato sugli altri satelliti GOES, che copriva bande spettrali diverse e aveva una risoluzione inferiore.

Space Environment In-Situ Suite (SEISS)

Come dice il nome, si tratta di una suite di quattro sensori che monitorano il flusso di protoni, elettroni e ioni pesanti nella magnetosfera. I dati forniti da SEISS saranno fondamentali per stimare il rischio di scariche elettrostatiche e la dose di radiazioni che gli astronauti sperimenterebbero. I quattro strumenti sono:

  • Energetic Heavy Ion Sensor (EHIS): misurerà il flusso di ioni pesanti nella magnetosfera per fornire un quadro completo delle particelle energetiche attorno alla Terra, incluse quelle intrappolate nella magnetosfera, quelle in arrivo direttamente dal Sole e quelle dei raggi cosmici.
  • Magnetospheric Particle Sensors – HIgh: come dice il nome, monitorerà elettroni e protoni a media e alta energia. Si tratta di particelle in grado di danneggiare l’elettronica dei satelliti, causando danni in grado di accorciare la vita operativa degli stessi.
  • Magnetospheric Particle Sensors – LOw: misurerà il flusso di elettroni e protoni nel range da 30 eV e 30 keV, che allo stesso modo delle particelle a maggior energia possono causare problemi all’elettronica dei satelliti in orbita.
  • Solar and Galactic Proton Sensor (SGPS): misurerà i protoni di origine solare e galattica che si trovano nella magnetosfera terrestre, che possono causare blackout radio nelle comunicazioni vicino ai poli terrestri e quindi ai voli commerciali che vi passano vicini.

Test completati, manca solo il lancio

Durante i test nella camera a termovuoto, terminati a novembre 2022, il satellite è stato sottoposto a diversi cicli di esposizione a diverse temperature, per simulare le condizioni che incontrerà nell’ambiente spaziale: il range di temperature sperimentato è stato da 87 °C a −55 °C. Nel febbraio 2023 si sono invece conclusi i test vibrazionali prima e acustici poi, che hanno lo scopo di simulare le sollecitazioni subite dal satellite durante il lancio. Un altro tipo di test condotto è stato lo shock test, nel marzo 2023: aveva lo scopo di verificare che il satellite fosse in grado di sostenere gli shock strutturali prodotti dalla separazione dall’adattatore del Falcon Heavy e all’apertura dei pannelli solari, che è stata provata per assicurarne l’operatività. Nell’agosto 2023 è stato condotto il test finale, relativo alle interferenze elettromagnetiche, con lo scopo di verificare che la radiazione elettromagnetica non comprometta il funzionamento del satellite.

Il 22 gennaio GOES-U è stato spedito dagli stabilimenti di Lockheed Martin a Littleton, in Colorado, dove è stato costruito, dove tutti gli strumenti sono stati integrati e testati. La destinazione finale, raggiunta il giorno successivo, era l’Astrotech Space Operations facility del KSC in Florida, dove sono iniziate le operazioni precedenti al lancio, come ad esempio la verifica del funzionamento dei collegamenti elettrici. La fase successiva è il processo di rifornimento, che avverrà a maggio: i motori di GOES-U saranno alimentati da idrazina, mentre come ultimo step rimane l’incapsulamento all’interno delle ogive del Falcon Heavy. Nonostante sia la prima volta che un satellite del NOAA (la National Oceanic and Atmospheric Administration) viene lanciato a bordo di un Falcon Heavy, non è il primo satellite in assoluto di NASA che utilizza questo razzo: era capitato con Psyche, la sonda diretta verso l’omonimo asteroide lanciata il 13 ottobre 2023.

Un possibile itinerario seguito da GOES-U dagli stabilimenti di Lockheed Martin fino al Launch Pad A. Credits: Google Maps

Fonti: Blog NASA (1), Blog NASA (2), sito della missione.

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Matteo Deguidi

Studio Astrophysics and Cosmology a Padova e sono interessato alle nuove generazioni di telescopi, sia terrestri che in orbita. In ambito astronautico la mia passione principale è seguire lo sviluppo e la costruzione delle sonde, dai siti di produzione al lancio. Considero ISAA come una seconda famiglia, la quale mi ha dato possibilità di accedere ad un mondo di notizie che da tanto ricercavo.