Aeolus è rientrato

Rappresentazione artistica di Aeolus in orbita. Credits: ESA/ATG Lab

Nella notte del 28 luglio 2023 il satellite Aeolus dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è rientrato sopra l’Antartide, come confermato anche successivamente dallo Space Command degli Stati Uniti d’America. ESA aveva annunciato la volontà di tentare un rientro controllato del satellite a fine aprile, quando oramai le riserve di carburante rendevano impossibile un mantenimento continuativo dell’orbita operativa a 320 km di quota.

La particolarità di questo rientro – che non è altro che uno dei tanti che avvengono quotidianamente e che riguardano anche secondi o terzi stadi di razzi, spazzatura espulsa dalla Stazione Spaziale Internazionale o capsule di rifornimento dirette proprio alla Stazione – è insita nel fatto che al momento della progettazione della missione negli anni ’90, i requisiti sui tempi di decadimento fossero molto più blandi di quelli attuali o addirittura non fossero presenti. L’aumento del numero di satelliti in orbita – e il conseguente sempre maggior lavoro nel tracciamento e la navigazione per evitare collisioni – ha portato le agenzie spaziali dei vari paesi a redigere dei protocolli per il rientro dei satelliti entro un certo periodo di tempo dalla fine della missione. Per ESA e NASA, l’agenzia spaziale statunitense, questo arco temporale è di 25 anni.

Va precisato che il rientro del satellite, anche in caso di fallimento delle manovre previste, sarebbe prevedibilmente avvenuto al di sopra di aree disabitate e che la probabilità di essere colpiti da un frammento di Aeolus erano circa tre volte minori di quelle di un meteorite, a loro volta molto esigue. La Terra infatti, è bene ricordarlo, è coperta al 70% dagli oceani e del restante 30% solo il 3–4% della superficie è abitata dall’uomo. Con le manovre effettuate le probabilità di impatto sono state ridotte di un ulteriore fattore 42.

Le fasi del rientro

L’intera operazione di rientro è stata divisa in quattro fasi, durante le quali il satellite ha progressivamente abbassato la sua quota, dai 320 km iniziali fino ai circa 80 ai quali è arrivato il rientro distruttivo.

Fase zero

A partire dal 19 giugno, l’orbita eliosincrona del satellite è decaduta naturalmente dai 320 km della quota operativa fino a 280 km per l’effetto combinato dell’attrito atmosferico (nonostante quella quota sia convenzionalmente nota come spazio sono presenti comunque molecole di gas che impattano con i corpi in orbita), dell’attività solare (che influenza anche la densità atmosferica) e delle sempre più esigue riserve di carburante, che impediscono i necessari aggiustamenti e innalzamenti dell’orbita.

Fase uno

I due obiettivi di questa fase erano il raggiungimento della quota di 280 km, avvenuto il 24 luglio, e la verifica del comportamento del satellite in quell’ambiente, dove avrebbe poi dovuto effettuare lunghe manovre per le quali non era stato progettato.

Dopo un controllo a tutti gli apparati che sarebbero stati coinvolti nelle procedure, Aeolus è stato ruotato temporaneamente di 180° per permettere ai motori di manovra di agire come retrorazzi: la loro accensione è durata 37 minuti e 24 secondi e ha permesso di abbassare ulteriormente di 30 km la quota del satellite. L’attivazione dei motori è stata la più lunga nella vita operativa di Aeolus e ha superato di più di tre volte la lunghezza di quelle svolte durante le normali attività di navigazione. Gli ingegneri di ESA hanno stimato in circa 6 kg il consumo di propellente.

Fase due

In questa fase sono state eseguite quattro manovre che hanno portato il satellite a soli 150 km di altezza dalla superficie terrestre, il più rapido cambiamento di quota per il satellite dal momento del lancio. Dopo l’invio dei comandi da parte del centro di controllo missione dell’European Space Operation Center di Darmstadt, in Germania, Aeolus è stato ruotato nuovamente di 180° per utilizzare i razzi di manovra.

La prima delle quattro accensioni, avvenuta il 27 luglio, è durata 45 minuti, ha consumato circa 6 kg di propellente e ha ridotto la quota da 250 km a 230 km. Delle altre quattro manovre non sono stati diffusi i dati: sono comunque andate a buon fine.

Durante questa fase, i controllori di volo hanno ricevuto un avviso di major anomaly al sistema propulsivo del satellite e temuto la fine delle operazioni, con tutta la possibilità di acquisizione delle tecniche di guida di una sonda in condizioni di così elevata densità atmosferica. Gli ingegneri hanno giudicato questo avviso come dovuto alle differenti caratteristiche dell’ambiente in cui Aeolus si trovava, proseguendo con le manovre previste per il rientro controllato. Ulteriori analisi verranno probabilmente svolte nelle prossime settimane per avere maggiori informazioni.

Fase tre

Attraverso una nuova rotazione e accensione di 40 minuti dei motori, Aeolus ha continuato la propria discesa verso gli 80 km di quota. Il satellite a quel punto è stato passivizzato e preparato al rientro, venendo individuato dall’antenna TIRA (Tracking and Imager RAdar) del Fraunhofer Institute for High Frequency Physics and Radar Techniques di Wachtberg, in Germania, nella posizione prevista dalle simulazioni, confermando così il successo delle manovre.

Fase quattro

In sole 2,5 orbite la quota di Aeolus è decaduta fino a circa 80 km, dove la pressione e il calore generati dall’impatto con sempre maggiori masse d’aria hanno causato la distruzione del satellite al di sopra dell’Antartide: nella remota possibilità in cui alcune parti avessero raggiunto Terra, si sarebbero schiantate nel mare al largo delle coste antartiche, lontano da qualsiasi forma di insediamento umano.

Infografica sui passaggi chiave del rientro di Aeolus. Immagine tradotta da Matteo Deguidi a partire dall’originale di ESA. Credits: Matteo Deguidi/ISAA/ESA

Fonte: Blog ESA sul rientro, ESA (1), ESA (2)

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Matteo Deguidi

Studio Astrophysics and Cosmology a Padova e sono interessato alle nuove generazioni di telescopi, sia terrestri che in orbita. In ambito astronautico la mia passione principale è seguire lo sviluppo e la costruzione delle sonde, dai siti di produzione al lancio. Considero ISAA come una seconda famiglia, la quale mi ha dato possibilità di accedere ad un mondo di notizie che da tanto ricercavo.