I mitocondri sono alla base dei cambiamenti fisiologici durante i voli spaziali

Scott Kelly e Terry Virts al lavoro con la Rodent Research Facility durante la Expedition 43

Analizzando i meccanismi biologici fondamentali di campioni provenienti da 59 astronauti (47 uomini e 12 donne) e centinaia di campioni biologici che hanno volato nello spazio, un recente studio finanziato dal NASA GeneLab Project ha individuato nei mitocondri delle cellule una possibile causa dei cambiamenti fisiologici legati al volo spaziale.

«Abbiamo trovato, dove proprio non immaginavamo, un meccanismo universale che spiega tutti quei cambiamenti del corpo che avvengono durante un volo spaziale», afferma Afshin Beheshti, ricercatore del NASA Ames Research Center di Mountain View in California e portavoce del team responsabile della ricerca. «E tutto parte dai mitocondri, le centrali energetiche delle cellule».

Gli astronauti che tornano da una missione di lunga durata nello spazio, oltre ai noti rischi dovuti all’esposizione alle radiazioni cosmiche, presentano stress e problemi fisici simili a quelli geriatrici: perdita di massa ossea e muscolare, problemi al sistema nervoso centrale, disfunzioni al sistema immunitario, al sistema cardiovascolare e disfunzioni del ritmo circadiano. Il futuro delle prossime missioni di lunga durata, sia in orbita bassa terrestre, che lunari o marziane, richiede una comprensione dettagliata di come risponde il corpo umano all’ambiente spaziale, per poter mettere in atto le adeguate contromisure a beneficio sia degli astronauti che delle persone sulla Terra.

La struttura di un mitocondrio. Credit: www.chimica-online.it

I mitocondri sono organelli presenti nelle cellule, hanno una dimensione compresa tra 1 e 4 µm (micrometri) e il loro compito primario è quello di produrre energia, sia sotto forma di ATP (adenosina trifosfato), utilizzabile nella maggioranza delle reazioni metaboliche, che sotto forma di calore. Se in un organismo per qualsiasi motivo l’attività dei mitocondri subisce irregolarità o si interrompe, gli organi superiori e il sistema immunitario ne risentono immediatamente, provocando disturbi fisiologici.

Il primo indizio sulla connessione tra i mitocondri e il volo spaziale è arrivato dagli studi sui topi. Comparando le analisi sui tessuti dei soggetti di diverse missioni, i ricercatori hanno notato la ricorrenza di alcune disfunzioni note dei mitocondri. Indifferentemente dalla natura del tessuto di appartenenza, che sia stato un occhio, un muscolo o il fegato, tutto faceva risalire l’origine del problema ai mitocondri.

Tim Kopra esegue un prelievo di sangue a Tim Peake durante la Expedition 46. Credit NASA.

I dati provenienti dai campioni degli astronauti, acquisiti dal 2006 al 2018 prima, durante e dopo una missione di lunga durata, hanno avvalorato l’ipotesi che i mitocondri nello spazio alterano la loro attività. La prova definitiva è arrivata comparando i dati della missione di un anno di Scott Kelly (marzo 2015 – marzo 2016) facente parte del più ampio Twins Study che coinvolgeva anche il suo gemello omozigote Mark, anch’esso astronauta, come campione di riferimento a Terra.

Per processare la notevole quantità di dati il gruppo di ricerca si è avvalso del NASA GeneLab Project, una piattaforma di collaborazione aperta per la condivisione, ricerca e studio dei dati risultanti dagli esperimenti biomolecolari in ambito spaziale. Il GeneLab in particolare si occupa di tutte quelle che vengono chiamate discipline “omiche”, quali per esempio l’epigenomica, la genomica, la trascrittomica, la proteomica, l’interattomica e la metabolomica.
Nei data repository GeneLab, situati presso il NASA Ames Research Center, dal 1995 vengono raccolti i dati “multi-omici” di numerosi esperimenti condotti nello spazio (Space Shuttle e ISS) o in situazioni di microgravità (voli suborbitali o parabolici).
Oltre ai dati provenienti dagli astronauti, quando volontariamente si offrono alla scienza come cavie da laboratorio, GeneLab ospita dati di esperimenti condotti su una grande varietà di organismi, tra cui: topi, insetti, piante, funghi, colture cellulari, nematodi e batteri. Il tutto è liberamente consultabile e scaricabile dai ricercatori di tutto il mondo per studiare gli effetti del volo spaziale sugli organismi viventi.
Dato che nessuna analisi singola può spiegare la complessità della biologia, GeneLab offre un accesso ai dati da un punto di vista multi-omico, rendendo possibile quindi un’analisi incrociata completa e multi disciplinare.

Vista aerea dell’Ames Research Center, che ospita la più grande galleria del vento al mondo, in basso si nota la presa d’aria. In alto il particolare Hangar 1 (attualmente in affitto a Google), costruito negli anni ’30 per i dirigibili. Credit: NASA.

In aggiunta ai data repository, presso il centro ARC è presente un laboratorio che raccoglie e processa i campioni biologici inutilizzati durante gli esperimenti sulla ISS e riportati integri a Terra, ottimizzandone quindi il costo e incrementando il ritorno scientifico.

Incrociando i risultati “omici” i ricercatori hanno subito notato il presentarsi di alcuni modelli ricorsivi, riconducibili a note risposte che i mitocondri attuano se sottoposti a stress da ossidazione: alterazione della catena di trasporto degli elettroni, produzione anomala di ATP, produzione eccessiva di composti con ossigeno reattivo e attivazione dei processi di replicazione del proprio DNA.
Questi stati di stress del mitocondrio sono quindi stati convalidati sia dalla presenza di specifici biomarcatori nei campioni di urina degli astronauti che dalle analisi dei follicoli dei capelli, che presentavano espressioni genetiche tipiche di un’eccessiva attività dei mitocondri. A questo riguardo lo stress ossidativo dei mitocondri è una delle cause principali dell’alopecia, la perdita permanente dei capelli, mentre l’ossidazione del DNA aumenta le probabilità di diabete, arteriosclerosi e cancro.

«Questo è un gran passo in avanti nella nostra comprensione di come il nostro corpo possa vivere al di fuori della Terra», continua Beheshti. «E la buona notizia è che già possiamo iniziare ad affrontare questo problema. Il primo passo sarà quello di testare nello spazio le contromisure mediche e farmacologiche che, per gli stessi problemi relativi ai mitocondri, utilizziamo già sulla Terra».

Una di queste contromisure è il coenzima Q10 (ubichinone o vitamina Q), molecola già disponibile commercialmente, che avrebbe un’azione protettiva sulle cellule contro i danni da ossidazione. Sulla ISS attualmente sono già in corso degli studi che impiegano il coenzima Q10 come contromisura per provare a contrastare le lesioni della retina. L’analisi incrociata dei dati risultanti svelerà se questa sostanza potrà aiutare a risolvere il problema.

ATTENZIONE: Le informazioni contenute in questo articolo hanno esclusivamente scopo illustrativo della ricerca in corso. In nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento, e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico curante e/o di specialisti riguardo qualsiasi indicazione riportata. Se si hanno dubbi o quesiti sull’uso di un medicinale o integratore è necessario consultare il proprio medico

Fonte e foto credit: Comprehensive Multi-omics Analysis Reveals
Mitochondrial Stress as a Central Biological Hub for
Spaceflight Impact.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.