Alcuni esperimenti scientifici di NASA saranno portati sulla Luna da missioni commerciali

Rappresentazione artistica del lander lunare Blue Moon che Blue Origin ha in progetto di costruire in collaborazione con il Gruppo OBH. Credit: Blue Origin

Come primo passo per riportare degli astronauti sulla Luna, NASA sta lavorando con 9 aziende americane per lo sviluppo di servizi di trasporto cargo verso la superficie lunare mediante i contratti del Commercial Lunar Payload Services (CLPS).

Queste aziende faranno le loro proposte di sistemi (comprese le operazioni di integrazione e gestione) per il trasporto di carichi scientifici e tecnologici dalla Terra verso la Luna e NASA, dopo aver valutato tutta una serie di parametri (tecnici, economici e temporali), sceglierà uno o più fornitori per ogni gruppo di missioni pianificate.

L’agenzia statunitense stipulerà in questa prima fase dei contratti non definiti per quanto riguarda il numero e il peso dei trasporti ma con un valore massimo in termini di costo stabilito in 2,6 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi 10 anni.

Come avvenuto per il trasporto in LEO, le prime missioni saranno di test, per verificare l’architettura e le attrezzature, e sicuramente verranno utilizzate come banco di prova anche per lo sviluppo delle tecnologie necessarie al successivo trasporto di astronauti sulla superficie lunare.

Attualmente si prevede che le prime 2 missioni operative partiranno approssimativamente non prima di luglio 2021 e nell’ultima richiesta di proposte alle aziende, NASA ha spronato quest’ultime a spingere al limite la tecnologia attuale per cercare di portare carichi ancora più pesanti sulla Luna, anche prevedendo di dirigersi verso il suo polo sud del satellite.

Il Rocky Balboa dei viaggi spaziali

Anche se non ci sono ancora informazioni sui mezzi di trasporto, l’agenzia statunitense ha fatto sapere che nel carico di queste prime missioni ci sarà SEAL, una spettrometro di massa neutra, che avrà finalmente la possibilità di volare dopo essere rimasto per circa 15 anni in attesa e che diventerà parte dei primi esperimenti di NASA sulla superficie della Luna dopo le missioni Apollo.

SEAL sta per Surface and Exosphere Alterations by Landers ed è stato costruito molto tempo fa, precisamente nel 1998, come modello ingegneristico per la prima sonda interplanetaria giapponese Nozomi: come tale doveva essere utilizzato per testare le operazioni da compiere una volta raggiunto Marte e per far prendere confidenza al personale con le procedure. Il destino ha voluto che una serie di malfunzionamenti abbiano fatto fallire alla sonda l’inserimento in orbita marziana alla fine del 2003 segnando il destino anche di tutta la strumentazione a corredo, che è stata chiusa in un magazzino. Solo all’inizio del 2019 Mehdi Benna del Goddard Space Flight Center di Greenbelt in Maryland ha pensato di riutilizzare il materiale e rispolverarlo questa volta con destinazione la Luna e non più Marte.

Ripristinare l’operatività di uno strumento concepito oltre 25 anni fa per farlo volare verso la Luna non è stato facile, e il più grande ostacolo per Benna è stato riportare in funzione l’elettronica dei sistemi di terra per la sua gestione. Insieme ai suoi colleghi, tra cui 2 degli ingegneri che hanno originariamente costruito SEAL, il capo gruppo del centro NASA ha passato una settimana in un deposito nei pressi delle installazioni dell’agenzia letteralmente rovistando in vecchie scatole di materiale del periodo. Alla fine il gruppo non solo è riuscito nell’intento di far funzionare nuovamente lo spettrometro, ma lo ha anche aggiornato con tecnologia che non era disponibile al momento della progettazione sul finire del secolo scorso.

Il gruppo di lavoro mentre rovista nei magazzini alla ricerca dei pezzi di ricambio
Credits: Mehdi Benna/NASA/Goddard Space Flight Center
Il gruppo di lavoro mentre rovista nei magazzini alla ricerca dei pezzi di ricambio Credits: Mehdi Benna/NASA/Goddard Space Flight Center

La parole di Benna sono quanto mai esplicative:

È la storia di un ritorno, SEAL è il Rocky Balboa dei viaggi spaziali.

Se questa volta il viaggio procederà come previsto, lo spettrometro effettuerà le sue misure sia durante l’entrata in orbita lunare sia durante la discesa sulla superficie. Si tratta di uno scenario un po’ particolare e completamente ribaltato rispetto alle tipiche missioni in cui si evita di accendere gli strumenti durante le operazioni di manovra a causa degli alti livelli di contaminazione dovuti ai gas di scarico dei motori. In questo caso invece si cercherà proprio di esaminare i gas emessi dei propulsori della sonda incaricata del trasporto perché quello che interessa è la caratterizzazione precisa di questo ambiente.

Una volta arrivato sulla superficie, SEAL “annuserà” le molecole che compongono i gas di scarico dei motori rilasciate sulla superficie della Luna. Tra le molecole che si vuole individuare ci sono acqua e anidride carbonica poiché ci si aspetta vengano diffuse nella tenue atmosfera una volta che il sole abbia riscaldato la superficie circostante. Il gruppo scientifico presterà particolare attenzione a quali di queste molecole resteranno intrappolate nel suolo lunare e quali invece si libreranno sulla superficie, magari dirigendosi verso luoghi diversi della Luna, come i poli. Questo aiuterà gli scienziati a capire come la temperatura influisca sulla distribuzione delle molecole volatili. L’interesse scientifico è dettato dalla necessità di comprendere il più possibile il comportamento dell’acqua sul nostro satellite, una risorsa critica in ogni esplorazione umana e quindi anche per le future missioni con astronauti.

Misurare i campi magnetici per capire come si è formata l’acqua sulla Luna

A far compagnia a SEAL ci sarà anche un magnetometro: realizzato sempre presso il centro Goddard, ma dal gruppo di lavoro di Michael Purucker, è un tipo di strumento largamente usato della sonde NASA per misurare l’orientamento e la forza dei campi magnetici generati dai vari corpi celesti studiati dall’agenzia spaziale

Si ritiene che la Luna abbia perso il suo campo magnetico più di un miliardo di anni fa, ma delle zone con deboli campi magnetici sono state rilevate nelle precedenti missioni. Si spera che la misurazione di questi nei pressi della superficie in corrispondenza dei luoghi di arrivo delle sonde possa aiutare a verificare la teoria secondo cui i flussi di particelle cariche in arrivo dal Sole, il vento solare, siano i responsabili dell’innesco dei processi chimici che generano l’acqua o quantomeno gli ossidrili che la compongono. Alcuni scienziati hanno avanzato l’ipotesi che una barriera a questo processo siano i campi magnetici forti, attualmente assenti sul nostro satellite.

Se ad esempio il campo magnetico che misuriamo in superficie, è orizzontale e superiore a 50 nanotesla, questo potrebbe rappresentare un ostacolo al vento solare, riducendo la quantità di acqua generata, o azzerandola del tutto.

Queste le parole di Purucker, designato da NASA alla guida del gruppo di lavoro che comparerà le misure del campo magnetico con i rilievi di quantità d’acqua effettuati dalle precedenti missioni per verificare se ci sia una correlazione tra i dati così ottenuti.

Si tratta di uno degli 85 magnetometri che il dipartimento ha costruito nel corso del tempo per ben 48 missioni NASA dirette verso ogni angolo del sistema solare e peserà circa 1,6 kg. Poiché la sonda stessa genererà inevitabilmente un proprio campo magnetico, i sensori dovranno essere posti a una certa distanza per garantire misure accurate, perciò verranno posizionati alla fine di un braccio lungo circa 2 metri che si distenderà una volta raggiunta la meta del viaggio.

Capire come l’acqua della Luna reagisce alla temperatura

Oltre a studiare come si è formata, la missione cercherà anche di capire come l’acqua presente sulla Luna reagisce ai cambiamenti di temperatura tramite il PITMS (PROSPECT Ion-Trap Mass Spectrometer), uno spettrometro di circa 14 centimetri di larghezza e poco più di 12 di altezza. PITMS raccoglierà le molecole presenti nell’atmosfera lunare e le ordinerà in base alla loro massa per capire come varia la composizione nel corso del giorno lunare.

Il gruppo di Barbara Cohen mentre mostra i campioni del programma Apollo  su cui hanno basato il lavoro.
Credits: Molly Wasser/NASA/Goddard Space Flight Center
Il gruppo di Barbara Cohen mentre mostra i campioni del programma Apollo su cui hanno basato il lavoro. Credits: Molly Wasser/NASA/Goddard Space Flight Center

Queste misurazioni aiuteranno il gruppo di lavoro guidato da Barbara Cohen, facente parte sempre del centro Goddard, anche a capire le modalità con cui l’acqua presente sulla Luna è dispersa nella tenue atmosfera dal calore dell’irraggiamento solare durante il lungo giorno. Visto che gli elementi volatili come l’acqua potrebbero essere utilizzati dalle future esplorazioni umane, si cerca di comprendere meglio come si formano, come si spostano durante il giorno lunare e di verificare se l’acqua si sposta verso i crateri freddi e in ombra dei poli dove rimane intrappolata in depositi che è possibile sfruttare.

Dopo aver raccolto i dati, il nostro gruppo li comparerà con quelli di precedenti osservazioni di altre sonde e con le nostre previsioni di come le molecole si comportano nella esosfera lunare per verificare se i nostri modelli sono accurati. Abbiamo bisogno di questo genere di misure in diversi luoghi sparsi sulla superficie lunare per costruire il nostro modello dell’esosfera lunare e i modi in cui reagisce alle perturbazioni come i gas di scarico dei razzi.

Barbara Cohen

PITMS verrà però costruito dagli ingegneri inglesi della Open University di Milton Keynes sulla base di quanto fatto per la missione ESA “Rosetta”, diretta verso la cometa 67P Churyumov-Gerasimenko, e servirà come ulteriore allenamento poiché lo stesso gruppo costruirà un analogo strumento per la missione russa Luna 27 a cui l’agenzia europea parteciperà con la strumentazione scientifica denominata PROSPECT.

Gettare le basi per l’osservazione delle prime fasi dell’Universo

Per finire sarà presente anche uno spettrometro a radio frequenza chiamato ROLSES (Radio wave Observations at the Lunar Surface of the photo Electron Sheath) che servirà a studiare le condizioni in cui si troveranno sulla Luna i futuri strumenti di radio osservazione. Lo strumento è composto da 4 antenne di circa 2,5 metri ciascuna che verranno dispiegate una volta che lo strumento sarà depositato sulla superficie lunare.

La quieta desolazione del lato nascosto della Luna lo rende questo l’ambiente perfetto per ospitare ricevitori radio destinati alla cattura dei segnali smorzati delle prime fasi dell’universo. Questi segnali stanno viaggiando attraverso lo spazio da miliardi di anni e quindi hanno perso la maggior parte della loro energia, sono dunque difficili da captare dalla Terra.

Le onde radio hanno la più bassa energia tra quelle nello spettro elettromagnetico della luce. Molti oggetti nello spazio emettono questo tipo di onde, ma come detto captarle dalla Terra (o dalla faccia della Luna rivolta verso di essa) è difficoltoso a causa delle interferenze prodotte dalle nostre emittenti radiotelevisive che sono notevolmente più potenti. Oltre a ciò, sopra l’atmosfera terrestre c’è uno strato di particelle cariche, prodotte sia dalla radiazione solare che da quella cosmica, chiamata ionosfera, che assorbe le onde radio a più bassa frequenza (sotto i 10 megahertz).

Questa è una delle ragioni per cui spediamo strumenti radio nello spazio: se rimani vicino alla Terra e provi a riceverli [i segnali radio più deboli], stai cercando di ricevere frequenze che non raggiungono la superficie.

La semplice spiegazione di Robert MacDowall, un astrofisico impiegato presso il centro Goddard.

Per cercare di evitare queste condizioni ambientali, alcuni scienziati voglio impiantare osservatori radio nel lato nascosto della Luna, il lato che non è esposto al rumore radio terrestre. Questi osservatori aiuterebbero gli scienziati a determinare la composizione dell’universo nel periodo che viene definito “Dark Age”: dopo il Big Bang ma prima della formazione delle stelle, delle galassie e dei buchi neri. Potrebbero anche aiutare a identificare le emissioni radio generate dal campo magnetico di esopianeti (pianeti in altri sistemi stellari), che a loro volta potrebbero essere un segnale di abitabilità di questi pianeti.

Ma anche il lato opposto della Luna potrebbe non essere completamente privo di ostacoli. Una pellicola di plasma costituita da elettroni liberati da raggi ultravioletti e raggi X provenienti dal Sole staziona sulla superficie lunare. Se questa pellicola è troppo spessa, può impedire alle onde radio a bassa frequenza di raggiungere i ricevitori sulla Luna, proprio come fa la ionosfera sulla Terra. Anche se lo strumento ROLSES sarà posizionato sul lato visibile del nostro satellite, misurerà comunque la densità del plasma di elettroni per aiutare i radioastronomi a tarare i futuri strumenti radio sul segnale a più bassa frequenza che può penetrare questa pellicola anche sul lato non visibile.

Parallelamente a questo compito principale, lo strumento misurerà anche quante interferenze radio raggiungo la Luna dalla Terra, sempre nell’ottica di caratterizzare nel modo più preciso possibile l’ambiente “radio” in cui lavoreranno i futuri strumenti.

Come si può notare, con questo programma NASA sta puntando decisamente a qualcosa di lungo respiro pianificando all’inizio missioni che serviranno principalmente come base di conoscenza per quelle future e non solo delle esplorazioni fini a se stesse.

Fonte: NASA

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Rudy Bidoggia

Appassionato di spazio e di tutto ciò che è scienza dalla tenera età, scrive dal 2012 per AstronautiNews. Lavora come tecnico informatico presso un'azienda metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia.