Beresheet, un fallimento che è piaciuto a tutti

Il lander Beresheet insieme ad i suoi costruttori. Credit: Space IL

Il lander di costruzione Israeliana votato a divenire la prima sonda commerciale a raggiungere la Luna, si è schiantato in fase di discesa lo scorso 11 aprile 2019.

Nel comunicato ufficiale, il direttore generale della divisione spaziale di IAI (Israel Aerospace Industries) Opher Doron ha dichiarato «Abbiamo avuto un guasto al veicolo spaziale. Purtroppo non siamo riusciti ad atterrare con successo.» Ripartendo però subito con l’ottimistica affermazione: «Siamo il settimo paese in orbita attorno alla luna e il quarto a raggiungere la superficie lunare, ed è un risultato eccezionale fino ad ora».

Un viaggio durato un mese

Partita il 22 febbraio 2019 come carico secondario di una missione lanciata con un vettore Falcon 9 da Cape Canaveral, Beresheet non disponeva sin dall’inizio della spinta necessaria a lasciare l’orbita terrestre. È arrivata in vista del nostro satellite solo dopo diversi flyby intorno alla terra. Grazie a questi e ad alcune accensioni del motore in prossimità del perigeo (il punto più vicino alla Terra di un satellite in orbita) che ne hanno aumentato la velocità, il lander si è potuto poi dirigere verso la zona dove ha manovrato per l’immissione in orbita lunare.

Un primo piccolo problema relativo al software si era presentato proprio nelle prime fasi del volo il 26 febbraio 2019, risoltosi poi in nulla di grave grazie a un riavvio dei sistemi di bordo. Da quella data in poi il viaggio è stato privo di problematiche anzi, la non facile inserzione del lander in orbita lunare è riuscita in maniera nominale portando inizialmente Beresheet a 500 chilometri il 4 aprile 2019, per poi abbassarsi a 211 chilometri l’8 aprile ed infine a soli 17 chilometri (al periastro) il 10 aprile, ovvero un giorno prima dello schianto.

La discesa verso il Mare Serenitatis

Beresheet ha iniziato la sua serie di manovre finali a un’altitudine di circa 25 chilometri e a circa 800 chilometri di distanza dal suo sito di atterraggio, passando a pochi chilometri di distanza dagli storici siti dove sono ancora presenti i resti di Apollo 15 e Apollo 17.

La zona di atterraggio prevista di Beresheet. Credit: LRO.

Il lander ha acceso i suoi sensori laser, progettati per fornire dati di altitudine e velocità di discesa del velivolo ad un computer di guida incaricato di comandare le accensioni del motore principale per controllarne la velocità. Quindi Beresheet ha iniziato a far pulsare i suoi otto thruster (piccoli motori a getto) di controllo in modo da posizionarsi con un assetto corretto per rallentare e scendere verso la Luna, ovvero con il motore principale rivolto verso la direzione di marcia e parallelo alla superficie lunare ed iniziando a diminuire la velocità (che in quel momento era di circa 1,7 chilometri al secondo) intorno alle 19:11 UTC (21:11 in Italia).

I dati raccolti hanno indicato un problema a una delle sue unità di controllo inerziale, una parte fondamentale del sistema di guida della sonda. La telemetria in diretta, trasmessa al controllo delle missioni in Israele, attraverso un’antenna a gestione NASA in Spagna, ha indicato che i problemi al lander si sono verificati intorno alle 19:19 UTC (21:19 in Italia), sei minuti prima del suo orario di atterraggio a un’altitudine di circa 13.350 metri.

I controllori per un breve periodo hanno perso il contatto ed una volta riacquisito, i dati indicavano che Beresheet stava rapidamente precipitando verso la Luna con una velocità verticale di 134 metri al secondo e una orizzontale di 1 chilometro al secondo.

Inizialmente l’imputato principale sembrava essere il motore di discesa, che si è poi riacceso appena dopo il riavvio dei sistemi del lander, quando ormai la velocità era divenuta troppo alta per poter essere ridotta.

Il display dei dati al controllo di missione di SpaceIL ha poi confermato che Beresheet si era schiantato sulla superficie lunare ad alta velocità intorno alle 19:23 UTC (21:23 in Italia).

L’ultima foto inviata da Beresheet prima dello schianto. Credit: SpaceIL

Come sarebbe dovuta andare

Se tutto fosse andato per il verso giusto, Beresheet avrebbe dovuto raggiungere una velocità orizzontale pari a zero ad un’altitudine di circa 1 chilometro, ed avrebbe poi manovrato per puntare il motore principale verso il basso iniziando una discesa verticale.

Yariv Bash, un co-fondatore di SpaceIL, aveva riassunto le fasi finali una settimana prima. «A circa 5 metri sopra la superficie della Luna, la velocità andrà a zero, quindi spegneremo i motori e la sonda eseguirà una caduta libera fino alla superficie del Luna, le gambe della navicella spaziale sono state progettate per sostenere quella velocità di impatto, e speriamo che una volta che saremo sulla Luna saremo in grado di inviare immagini e video sulla Terra».

Dopo essersi sistemato sulle sue quattro gambe di atterraggio, Beresheet avrebbe dovuto scattare una serie di immagini panoramiche per mostrare i dintorni della sonda. Il lander era stato programmato anche per registrare una serie di immagini durante la sequenza di atterraggio in modo da creare un video della discesa.

Il motore principale

Il motore principale di Beresheet era un motore LEROS costruito nel Regno Unito. Alimentato a idrazina, era una versione modificata di un propulsore tipicamente utilizzato dai grandi satelliti per le comunicazioni.

Ma il motore non era mai stato utilizzato per un atterraggio su un altro corpo planetario, e gli ingegneri ne hanno aggiornato il design per consentire più “riavvii a caldo”, ovvero per quando il lander avrebbe usato il motore con un alto rateo di riaccensioni per controllarne la velocità di discesa.

Questo perché la potenza del tipo motore in questione non può essere modulata. «Il riavvio a caldo ha rappresentato una sfida particolare in quanto porta il motore a temperature più stressanti. Per testare questo abbiamo eseguito una serie di prove a caldo insieme a SpaceIL, in cui abbiamo avviato il motore ripetutamente, confermando che è in grado di funzionare anche in questa modalità molto impegnativa».

Altre modifiche al motore includevano l’accorciamento dell’ugello per assicurarsi che potesse essere adattato alle dimensioni del lander e per impedire al propulsore di colpire la superficie lunare. I produttori avevano anche reso il motore più potente aumentandone la capacita di spinta.

Il carico inviato da Israele

Il piccolo lander era più che altro un dimostratore tecnologico, ma aveva comunque dei piccoli carichi.

L’unico strumento scientifico attivo di Beresheet era un magnetometro sviluppato dal Weizmann Institute of Science in Israele per misurare il magnetismo delle rocce lunari.

NASA aveva fornito un retroriflettore laser.

Tre dischetti invece fungevano da capsula del tempo e contenevano messaggi e disegni dei bambini Israeliani, diversi messaggi in varie lingue ed una copia completa di Wikipedia in lingua inglese (al 2018).

Un felice fallimento

Beresheet, che significa “genesi” o “all’inizio” in ebraico, mirava a diventare il primo veicolo spaziale finanziato privatamente a sbarcare su un altro corpo planetario. La missione è stata sviluppata con circa 100 milioni di dollari da SpaceIL, un’organizzazione non-profit fondata nel 2011 da tre giovani ingegneri israeliani.

In tutto il mondo, la missione è stata ampiamente lodata nonostante lo schianto.

Diverse entità private e pubbliche hanno infatti collaborato al progetto. NASA ha offerto supporto per le comunicazioni e il monitoraggio della missione (oltre che il riflettore di cui sopra)

L’agenzia spaziale tedesca DLR ha aiutato il team di SpaceIL a testare i sistemi da una drop tower (una torre grazie alla quale si simula con cadute controllate e monitorate la microgravità) per ricreare le condizioni che il veicolo spaziale avrebbe incontrato una volta raggiunto il suolo lunare.

Positivo, anche se rammaricato, il presidente di SpaceIL Morris Kahn (che ha finanziato con circa 40 milioni di dollari il programma del lander) ha dichiarato: «Beh, non ce l’abbiamo fatta, ma abbiamo sicuramente provato, e penso che il raggiungimento di quello che abbiamo ottenuto sia davvero fantastico. Penso che possiamo ritenerci orgogliosi».

E infatti è stato già annunciato il secondo tentativo per Beresheet.

Commenti sulla stessa lunghezza d’onda anche da parte del premier Benjamin Netanyahu, che ha osservato il tentativo di atterraggio dal centro di controllo: «Se all’inizio non ci riesci, ci riprovi» ha detto il primo ministro israeliano, aggiungendo che Israele potrebbe tentare un’altra missione simile a questa entro i prossimi due anni.

Nonostante il fallimento della sonda, i funzionari di NASA e l’industria spaziale commerciale si sono congratulati con il team di Beresheet per il loro successo nell’ottenere il veicolo spaziale così vicino all’atterraggio.

L’amministratore NASA Jim Bridenstine ha detto in una dichiarazione: «Mentre NASA si rammarica della fine della missione SpaceIL, ci congratuliamo con SpaceIL, l’Israel Aerospace Industries e lo stato di Israele per l’incredibile missione finanziata privatamente. Ogni tentativo di raggiungere nuove pietre miliari ci offre l’opportunità di apprendere, adattarci e progredire. Non ho dubbi che Israele e SpaceIL continueranno a esplorare e non vedo l’ora di festeggiare i loro successi futuri.»

Perché era stato costruito Beresheet

SpaceIL è stata fondata per perseguire il Google Lunar X Prize, che aveva messo in palio un premio di 20 milioni di dollari per la prima entità finanziata privatamente capace di far atterrare una sonda sulla Luna, restituire immagini ad alta definizione e dimostrare mobilità in loco. Il concorso Google Lunar X Prize si è concluso l’anno scorso senza un vincitore, ma i sostenitori di Beresheet hanno mantenuto viva la missione.

Kahn, un uomo d’affari israeliano di origine sudafricana, era il più grande contributore della missione. L’Agenzia spaziale israeliana ha assegnato SpaceIL a circa 2 milioni di dollari, unico finanziamento governativo al programma. X Prize Foundation, che ha organizzato l’originale concorso Google Lunar X Prize, aveva dichiarato il 28 marzo che avrebbe offerto un “Moonshot Award” da 1 milione di dollari a SpaceIL se la missione Beresheet fosse atterrata con successo.

Peter Diamandis, fondatore e presidente esecutivo di X Prize Foundation, ha annunciato giovedì che SpaceIL otterrà comunque il premio Moonshot, tweettando che il premio aiuterà SpaceIL «a continuare il loro lavoro e a perseguire con un Beresheet 2.0». «Sono riusciti a toccare la superficie della Luna, ed è quello che stavamo cercando per il nostro Moonshot Award», ha dichiarato Anousheh Ansari, CEO di X Prize Foundation.

«Oltre a toccare la superficie della Luna, hanno toccato le vite e il cuore di un’intera nazione, del mondo intero», ha detto Diamandis. «Questi premi non sono facili, e francamente, lo spazio non è facile, non ancora».

E noi non possiamo che essere pienamente in accordo con le parole di Mr. Diamandis.

Piccola curiosità: l’ultima creazione di un cratere di origine artificiale sulla Luna risale al 17 aprile 2014, quando la sonda LADEE fu fatta deorbitare deliberatamente portandola allo schianto sul suolo selenico.

Fonte www.spaceflightnow.com

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Raffaele Di Palma

Raffaele collabora con AstronautiNEWS dal giugno 2013. Twitter @RaffaeleDiPalma

2 Risposte

  1. MayuriK ha detto:

    Un vero peccato, ma ci sono andati vicini. La prossima sarà la volta buona!

  2. andrea ha detto:

    Comunque complimenti alla SpaceIL!

    Mel Brooks lo aveva previsto
    https://www.youtube.com/watch?v=n2RdSS4o88A
    🙂