Lanciato con successo il satellite meteorologico GOES-S

Credit: United Launch Alliance

È in orbita e in piena efficienza il satellite meteorologico USA di nuova generazione GOES-S, lanciato lo scorso giovedì 1° marzo a bordo di un Atlas V.

Il liftoff è avvenuto dalla piattaforma 41 della Cape Canaveral Air Force Station, quando in Italia erano le 23.02. Cosa piuttosto rara, data e ora della partenza erano ancora quelle fissate mesi or sono: nessun problema tecnico ha richiesto un rinvio ed anche il meteo si è rivelato eccezionalmente favorevole: il cielo della Florida non era del tutto sgombro da nubi, come avrebbero desiderato gli spettatori del lancio diurno, ma i parametri di sicurezza risultavano ampiamente rispettati.

L’Atlas V in configurazione 541 si stacca dalla piattaforma 41. Credit: United Launch Alliance

L’Atlas V, nell’aspetto un po’ tozzo che assume in presenza del fairing da 5 metri, laddove la carenatura aerodinamica fa scomparire nel suo profilo una buona parte del secondo stadio, si è innalzato rapidamente grazie alla spinta combinata del motore principale russo RD-180 del primo stadio e dei quatto booster laterali della Aerojet Rocketdyne, puntando subito e decisamente verso Est.

L’incurvarsi della scia dell’Atlas V evidenzia gli effetti della rapida manovra di pitch e yaw, avvenuta a soli 5 secondi dal decollo. Credit: United Launch Alliance

Le varie fasi standard del volo dello sperimentato lanciatore (quello di giovedì era il suo 76° viaggio), si sono svolte come da copione. Un minuto e 50 secondi dopo il lancio sono stati rilasciati i booster; dopo altri 2 minuti e mezzo è avvenuto il distacco del primo stadio esausto ed è subentrato il Centaur, con il suo unico RL10C-1.

La prima accensione dell’upperstage è durata 7 minuti e 34 secondi e ha portato razzo e payload su una prima orbita di parcheggio di 180×540 km, con un’inclinazione di 28°. È seguita una fase di volo inerziale di una decina di minuti, poi, mentre il veicolo sorvolava la costa occidentale del continente africano, con una seconda accensione di tre minuti veniva a formarsi l’orbita di trasferimento, fortemente ellittica, con apogeo a 32.780 km.

L’ultima manovra del Centaur è avvenuta a 3 ore e 28 minuti dal lancio, sopra i cieli dell’Indonesia. Una nuova accensione dell’RL10C-1, di poco più di un minuto e mezzo, determinava l’orbita finale di 35.290x 8.200 km con un’inclinazione di 9,52°. GOES-S veniva rilasciato a T+03.32.31. Di lì a poco le stazioni di terra acquisivano il segnale del satellite e ricevevano la conferma del primo (parziale) dispiegamento del pannello solare.

Il momento del distacco di GOES-S ripreso da una camera a bordo del Centaur. Credit: NASATV

Identikit di GOES-S

GOES sta per Geostationary Operational Environmental Satellite ed è il nome che caratterizza uno storico programma gestito dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’ente federale USA che si occupa dello studio delle condizioni dell’atmosfera e degli oceani e, tramite una sua emanazione, il National Weather Service, delle previsioni meteorologiche.

GOES-A è stato lanciato nel 1975 e da allora si sono succedute in orbita geostazionaria diverse generazioni di satelliti, con significativi avanzamenti tecnologici. GOES-S è il secondo esemplare della quinta, inaugurata nel novembre 2016 con il lancio di GOES-R (la sigla GOES-R è usata anche per indicare l’intera generazione).

I satelliti, sviluppati in collaborazione con la NASA, sono costruiti da Lockheed Martin su piattaforma A2100A, pesano al lancio 5.192 kg e sono dotati di un singolo pannello solare, capace di garantire una potenza di 4 kW.

Collocazione dei principali strumenti nei satelliti della serie GOES-R. Credit: NASA

Tutti i GOES-R portano a bordo sei strumenti principali. I più importanti sono ovviamente quelli rivolti a Nadir, ossia al nostro pianeta, a cominciare dall’Advanced Baseline Imager (ABI), il sensore che fornisce immagini della terra in 16 bande spettrali, dal visibile all’infrarosso, con risoluzione fino a 0,5 km, ossia esattamente il doppio di quella raggiunta dei satelliti della precedente generazione. ABI è in grado di produrre immagini dell’intero disco terrestre (fino ad una ogni cinque minuti), ma può alternare queste riprese complessive a riprese zoomate a scala regionale, fino ad aree di 1000×1000 km, scandite ogni 30 secondi.

Confronto tra le immagini trasmesse da GOES-R (o 16), a sinistra, e dal satellite della precedente generazione GOES-13, a destra. Credit: NASA/NOAA

Rivolto verso la terra è anche il Geostationary Lightning Mapper (GLM) , un sensore operante nel vicino-infrarosso, destinato alla rilevazione dei fulmini.

Sul braccio che collega il pannello solare al corpo de satellite sono invece collocati due payload dedicati all’osservazione della nostra stella: il Solar Ultraviolet Imager (SUVI) è un telescopio che osserva il sole nella banda ultravioletta, tenendo d’occhio eruzioni, flares e altri fenomeni della superficie. Le sue rilevazioni sono integrate dagli Extreme Ultraviolet and X-ray Irradiance Sensors (EXIS), che osservano rispettivamente le emissioni di radiazione ultravioletta e di raggi X.

I dati di questi strumenti, ovviamente, non hanno rilevanza solo meteorogica ma concorrono a determinare lo space weather, che condiziona varie attività umane, comprese quelle astronautiche. A completare la caratterizzazione dell’ambiente dello spazio sono dedicati altri due payload: Magnetometer (MAG) per monitorare le variazioni del campo magnetico nello spazio e la Space Environment In-Situ Suite (SEISS), una serie di sensori per rilevare il flusso di protoni, elettroni e ioni pesanti nella magnetosfera.

Integrazione del system module e del propulsion module di GOES-T presso il laboratori di Lockheed Martin. Credit: NOAA

La costellazione GOES-R, al completo, sarà composta da quattro elementi: ai due già in orbita si aggiungeranno GOES-T e GOES-U, che sono in costruzione alla Lockheed Martin e dovrebbero essere lanciati rispettivamente nel 2020 e nel 2024. Ma il compito di questi ultimi sarà inizialmente quello delle “riserve”, mentre per GOES-S è atteso, a breve, un importante ruolo operativo.

GOES-S Verso l’operatività

La destinazione finale di GOES-S, sarà infatti lo slot orbitale posto alla longitudine di 137° Ovest ove, mutato il nome in GOES-17 (come i TDRS anche i GOES sono identificati da lettere nella fase di preparazione e lancio e da numeri nella fase operativa), assumerà il ruolo di GOES-WEST, monitorando una fascia di superficie terrestre che va dalla Nuova Zelanda all’intero continente americano, passando per l’Alaska e la costa pacifica degli Stati Uniti. Con il suo arrivo, cioè, il nuovo sistema GOES sarà pienamente funzionale, dal momento che le funzioni di GOES-EAST, con il monitoraggio della zona che va dall’Africa alla costa USA dell’Atlantico, sono già state assunte da GOES-16 (in precedenza noto come GOES-R), collocato a 75° Ovest.

Collocazione di GOES-WEST (ovvero GOES-S/17) e GOES-EAST (GOES-R/16). Credit: NOAA

Mentre scriviamo sono appena iniziate le accensioni del “motore di apogeo”, un LEROS-1C a propulsione liquida di produzione giapponese, che nel corso di 10 giorni innalzeranno l’intera orbita a quota geostazionaria. Solo al termine di queste manovre, quando sarà al sicuro degli effetti delle accelerazioni, il pannello solare sarà completamente aperto.

A 14 giorni dal lancio GOES-S sarà “parcheggiato” a 90° Ovest. Qui si provvederà al dispiegamento delle antenne in banda X, S e L e del lungo braccio che regge il magnetometro e si attiveranno le operazioni di test e calibrazione degli strumenti. Solo dopo circa sei mesi dal lancio, il satellite sarà pronto per essere trasferito a 75° Ovest e iniziare le attività di servizio.

Video della diretta NASATV del lancio:

  Questo articolo è © 2006-2024 dell'Associazione ISAA, ove non diversamente indicato. Vedi le condizioni di licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.

Commenti

Discutiamone su ForumAstronautico.it

Roberto Mastri

Collabora con AstronautiNEWS dal gennaio 2016