Un piccolo passo, ma forse quello decisivo per una missione robotica su Europa

Il 7 febbraio un gruppo di scienziati ha consegnato alla NASA un nuovo rapporto che valuta la fattibilità e il potenziale scientifico di una missione robotica su Europa, l’enigmatica luna ghiacciata di Giove che nasconde un oceano e potenziali promesse di vita extraterrestre nel nostro sistema solare.

Il fascino di Europa

Europa ripresa dalla Voyager 1 nel 1979.

Per dimensioni, Europa è il quarto satellite di Giove e il sesto dell’intero sistema solare. Scoperto da Galileo nel 1610 assieme agli altri tre satelliti da allora appunto noti come «galileiani», nel corso del ventesimo secolo ha cominciato a suscitare un interesse via via crescente. A partire delle missioni delle sonde Pioneer 10 e 11, la sua iconica immagine ha cominciato ad essere ben nota, ma è dai sorvoli ravvicinati delle Voyager 1 e 2 nel 1979 che sono derivate le foto più dettagliate della sua superficie ghiacciata e dalle quali molti scienziati hanno iniziato a speculare sulla possibilità dell’esistenza di un oceano di acqua liquida sotto la superficie del satellite. Le successive missioni, in primis Galileo negli anni ’90, poi Cassini e New Horizons, non hanno fatto altro che aggiungere dati, dettagli e sempre maggiore curiosità intorno a quanto potenzialmente nascosto sotto l’istoriata calotta della luna di Giove. Le Galileo Europa Mission e la Galileo Millennium Mission, entrambe estensioni dell’omonima missione della NASA, costituiscono ad oggi lo studio più dettagliato e lo stato dell’arte dell’esplorazione di Europa.

Rappresentazione schematica dell’Europa Clipper

Da questi passi, che hanno condotto l’occhio umano e i sensori delle sonde sempre più vicini ai segreti della luna, sono stati concepiti svariati percorsi per approfondire la ricerca, con un obiettivo ultimo: atterrare sulla sua superficie. Nel 2011, una missione verso Europa fu consigliata dal Planetary Science Decadal Survey e in risposta la NASA mise allo studio alcuni progetti come quello di una sonda che avrebbe effettuato multipli sorvoli ravvicinati al satellite, tra cui il più popolare e concreto è l’Europa Clipper. Quest’ultimo, ridenominato più tardi «Missione di sorvolo multiplo di Europa» (Europa Multiple-Flyby Mission in inglese) è stato al centro dell’ultimo rapporto fatto in ordine di tempo alla NASA dal Jet Propulsion Laboratory e dall’Applied Physics Laboratory della John Hopkins University. L’obiettivo della missione sarebbe quello di esplorare Europa per appurare la sua presunta abitabilità e per individuare potenziali siti di atterraggio adatti per un successivo lander. Il Clipper è solo l’ultima e più titolata proposta ed è comunque l’unica che sia approdata al livello di pianificazione. Nel corso dei primi 15 anni del secolo, le proposte, le idee, gli spunti per missioni su Europa sono stati innumerevoli: Il Jovian Europa Orbiter dell’ESA, l’Europa Jupiter System Mission di NASA ed ESA, sono solo due esempi di una foltissima serie di dossier che nel corso degli anni è finito sulle scrivanie più importanti delle agenzie spaziali, senza però trovare i fondi e la visione necessaria per essere attuate. Ora pare essere arrivato il momento in cui si potrà concretizzare una missione di atterraggio.

Il nuovo rapporto e la nuova missione

Gli obiettivi della missione

Nei primi mesi del 2016, la Planetary Science Division della NASA ha iniziato una fase preliminare di studio per definire il valore scientifico e verificare la progettazione di una missione su Europa che si aggiunge alla lunga lista precedente. La NASA, prima dell’inizio di ogni missione, svolge ordinariamente questo tipo di analisi, noto con il nome di Science Definition Team report (SDT), per valutare la fattibilità e il potenziale delle missioni. Nel mese di giugno dell’anno scorso, 21 scienziati sono stati incaricati di redigere l’SDT report per la futura esplorazione di Europa e ne è uscita una valutazione che prevede non solo un orbiter, ma anche un lander. Il report, lungo ben 264 pagine (interamente consultabile a questo link), identifica i principali obiettivi della missione. Quello primario è la ricerca di tracce di vita su Europa. Gli altri obiettivi della missione sono la valutazione dell’abitabilità della luna gioviana: questo punto verrà affrontato attraverso la raccolta e l’analisi del materiale sulla sua superficie.

Una visualizzazione della stima teorica del volume d’acqua su Europa

La descrizione della superficie e del sottosuolo sono altri aspetti affrontati in vista di un’ulteriore futura esplorazione robotica del satellite naturale e del suo mare. Il rapporto descrive anche alcuni strumenti teorici che potrebbero essere utilizzati per svolgere misurazioni a sostegno di tali obiettivi.  Lo studio della missione è reso possibile dall’elevata probabilità che gli scienziati attribuiscono alla presenza di un oceano costituito da acqua liquida sotto la superficie ghiacciata e dalla stima che la dimensione volumetrica di questo oceano potrebbe essere pari al doppio dell’acqua presente negli oceani terrestri. Mentre molti recenti scoperte hanno portato a pensare che diversi pianeti e lune del sistema solare possano avere oggi un oceano sotterraneo (o l’abbiano avuto nel loro passato), si crede che Europa sia l’unico corpo planetario insieme ad Encelado, luna di Saturno, ad avere l’oceano a contatto con un fondale roccioso. Questo fa di Europa, la cui dimensione è superiore a quella di Encelado e leggermente inferiore a quella della Luna terrestre, il primo candidato nella ricerca di vita extraterrestre nel sistema solare.

Come cercare la vita

Uno degli aspetti dati maggiormente per scontati è forse proprio la metodologia utilizzata per cercare la vita su un altro mondo. Si pensa che sia immediato dotare una sonda di una strumentazione che scopra tracce di vita, ma in realtà non è così semplice. I rover su Marte hanno ancora oggi grosse limitazioni. Curiosity può infatti registrare la presenza di composti organici complessi, ma questa non è prova necessaria e sufficiente della presenza di vita. Pertanto si rende necessaria una metodologia precisa e rigorosamente definita per poter interpretare i dati che la strumentazione rileverà nel caso la missione abbia successo. In effetti l’SDT report ha come principale priorità l’elaborazione di una strategia di identificazione delle tracce di vita, che rappresenta di fatto una prima volta per la NASA dai tempi delle missioni Viking negli anni ’70.

Rappresentazione artistico-schematica di Europa

Questo scopo sarà perseguito attraverso la definizione di nove differenti e complementari linee di evidenza di vita che dovranno pervenire dalle misurazioni effettuate sui campioni prelevati da Europa. Queste misurazioni spaziano dalla ricerca di composti organici all’identificazione di strutture cellulari, fino alla determinazione dell’origine dei composti: se endogeni, ovvero generati su Europa o se piuttosto provenienti da corpi esterni quali meteoriti o frammenti di comete. Il rilevamento di composti organici avrà come obiettivo l’identificazione della più ampia fascia di biosignatures, ovvero di firme specifiche lasciate da forme di vita, inclusa l’analisi delle tipologie di composti molecolari riscontrati e la loro abbondanza chimica. Per condurre queste misurazioni, che si prevedono ripetute tante volte da rendere robusto e affidabile il processo, evitando anche falsi positivi, la missione sarà dotata di un analizzatore di composti organici, basato sulla cromatografia gassosa e sulla spettroscopia di massa. Ancora più interessante sarà la dotazione di un microscopio (Microscope for Life Detection, MLD), che è un primo della serie per l’esplorazione planetaria. Ad oggi solo Curiosity è dotata di un Remote Micro Imager che può ingrandire i soggetti ripresi, ma assolutamente non al livello al quale tende questo strumento. Sarà infatti in grado di distinguere cellule ad una dimensione di 0,2 micrometri, ovvero 2 decimillesimi di millimetro. È previsto poi anche uno spettrometro a vibrazione basato sulla fluorescenza capace di identificare composti organici ed inorganici.

Volare intorno a Giove

Profilo della missione

La missione del lander è concepita come separata da quella dell’Europa Multiple-Flyby Mission, già in fase di sviluppo e nata sugli sviluppi del precedente Europa Clipper e si prevede che sarà in orbita intorno a Giove e non Europa. La sua traiettoria, prevista in 45 orbite totali intorno al gigante gassoso, avrà una frequenza di due settimane (cioè completerà un’orbita intorno a Giove in circa 14 giorni). Lanciata con il vettore Space Launch System attualmente ancora in fase di sviluppo, la sonda impiegherà circa cinque anni per arrivare all’inserimento in orbita. Ci vorrà poi circa un anno e mezzo per stabilizzare i parametri orbitali e iniziare il processo di Deorbit, Descent and Landing (DDL) per l’atterraggio. La missione del lander durerà approssimativamente venti giorni, durante i quali si prevede la raccolta di cinque serie di campioni per un totale massimo di 42,5 kg di materiale. Il veicolo che trasporterà il lander (chiamato CRO, Carrier Relay Orbiter) eseguirà anche una ricognizione minuziosa della superficie di Europa, in vista di una successiva missione che avrà un’ulteriore atterraggio, si pensa, volto alla perforazione della superficie della luna.

Quando?

Quando la NASA commissiona e riceve un rapporto di questa categoria, siamo nella cosiddetta “pre-fase A”, il che significa che si è in media ad una distanza di dieci anni dal lancio (e comunque non meno di sette). Si tratta di un piccolo passo preventivo verso Europa che, visti i bilanci previsionali della NASA, sottoposti alle oscillazioni e ai cambi di strategia delle varie amministrazioni, potrebbe essere stravolto o cancellato nel giro di poco tempo. Tuttavia è un lavoro estremamente rigoroso, redatto da scienziati e tecnici che hanno alle spalle un’esperienza pluridecennale fatta di successi inestimabili che hanno consentito l’esplorazione del sistema solare e che pertanto molto difficilmente potrà essere ignorato da qualsiasi amministrazione, quali che siano le priorità tracciate. Il JPL e l’APL hanno guidato quasi tutte le missioni di maggior successo di questi ultimi anni, specialmente quelle delle New Frontiers, rimaste però senza eredi immediati nell’esplorazione del sistema solare esterno. Questa missione quindi ha tutte le carte in regola per la continuazione in grande stile dell’esplorazione planetaria oltre l’orbita di Marte. La NASA ha annunciato due imminenti eventi informativi intorno alla missione su Europa, con lo scopo di discutere l’SDT report e avere riscontri e suggerimenti dalla comunità scientifica: il primo si terrà il 19 marzo e il secondo il 23 aprile. Questi due appuntamenti saranno utili per misurare la temperatura dell’entusiasmo degli esperti dell’esplorazione planetaria in relazione alla missione e per valutare la linea preliminare che la NASA dell’era Trump avrà nel frattempo assunto.

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Massimo Orgiazzi

Appassionato di astronomia, astronautica e scienza, nella vita è ingegnere. Ha scritto narrativa, poesia e critica letteraria, ha una passione per il cinema e organizza rassegne cineforum. Twitta in inglese di spazio e scienza con l'handle @Rainmaker1973