Le preoccupazioni di Thomas Stafford sulla sicurezza del Falcon 9

Si è appreso in questi giorni che già nel dicembre del 2015, quasi dieci mesi prima dell’esplosione del Falcon 9 del 1° settembre scorso, l’ex astronauta Thomas Stafford, a nome dell’International Space Station Advisory Committee della NASA, aveva espresso gravi perplessità in merito all’idoneità del lanciatore di SpaceX a garantire la sicurezza di un equipaggio umano.

Il comitato di cui il Generale a riposo Stafford è presidente ha il compito fornire consigli e raccomandazioni su tutti gli aspetti riguardanti la sicurezza e le operazioni della ISS e, a tal proposito, alla fine dello scorso anno, aveva ricevuto un briefing sugli sviluppi del Commercial Crew Program, che prevede il trasporto degli astronauti sulla stazione spaziale mediante lo Starliner CST-100 della Boeing, che sarà lanciato dall’Atlas V di ULA, e la Dragon V2 di SpaceX, che avrà come booster il Falcon 9 della medesima azienda di Hawthorne.

Il briefing, secondo Stafford, aveva suscitato nel Comitato moltissimi interrogativi, tanto da spingere l’ex astronauta a scrivere subito una lettera a William Gerstenmaier, Amministratore Associato per le operazioni con equipaggio della NASA, per richiamare l’attenzione sugli aspetti più allarmanti.

Come è noto, la versione Full Thrust del Falcon 9, introdotta proprio nel dicembre dello scorso anno, fa uso di propellenti criogenici supercooled, cioè raffreddati oltre l’ordinario, in modo da aumentarne la densità e, conseguentemente, la quantità stoccabile nei serbatoi, la massa inviata alle turbopompe e la spinta complessiva. Questa innovazione – che ha reso praticabile il recupero del primo stadio anche per i lanci di satelliti in direzione dell’orbita geostazionaria – ha sensibili conseguenze sull’operazione del caricamento dei propellenti. La gestione dell’ossigeno liquido a -207° (66 K) risulta particolarmente delicata e richiede che il lancio sia effettuato entro un tempo piuttosto breve dal completamento del rifornimento, dell’ordine di un quarto d’ora. In volo umano ciò costringebbe l’equipaggio a fare il suo ingresso a bordo prima che sia ultimato l’imbarco dei propellenti.

Thomas Stafford in un'immagine del 2009. Credit: NASA/Bill Ingalls

Thomas Stafford in un’immagine del 2009. Credit: NASA/Bill Ingalls

Secondo l’unanime e convinto parere del comitato – si legge nella lettera di Stafford che è stata resa nota in questi giorni – prevedere che l’equipaggio si trovi a bordo della capsula Dragon prima del caricamento sul razzo dell’ossidante è in contrasto con i protocolli di sicurezza adottati nei confronti del lanciatori da oltre 50 anni, sia in questo paese che a livello internazionale. Storicamente, né l’equipaggio né altro personale sono mai stati autorizzati a trovarsi a bordo del lanciatore o nelle sue vicinanze durante il rifornimento. Le poche persone essenziali possono avvicinarsi solo dopo che il razzo sia stato completamente rifornito e stabilizzato.

Scendendo ad un dettaglio più tecnico, Stafford fa poi notare che l’assenza sul Falcon 9 di una pompa che garantisca il ricircolo dell’ossidante, potrebbe creare situazioni in cui il flusso di ingresso dell’ossigeno alle turbopompe non sia constante e i motori si trovino ad operare in condizioni di alimentazione non adeguata:

Oltre ai pericoli per il personale, c’è il rischio di utilizzare i propulsori al di fuori delle specifiche di progettazione. […] I propulsori alimentati da turbopompe richiedono una pressione di alimentazione consistente e continua per ridurre la possibilità di cavitazione [ossia la formazione di “bolle”] o di un flusso instabile. Siamo preoccupati che con l’attuale procedura di rifornimento dell’ossidante possa esserci un insufficiente pre-raffreddamento del propulsore e dei condotti. Senza un adeguato ricircolo potrebbero formarsi delle stratificazioni per le diverse temperature dell’ossidante, le quali causerebbero delle oscillazioni nelle condizioni di ingresso dello stesso alle pompe.

A seguito della lettera, – lo ha rivelato all’ultimo incontro del Comitato, che si è tenuto lo scorso 31 ottobre – Stafford ha avuto una conversazione telefonica con Gerstenmaier, ma nessuna risposta ufficiale. Nel frattempo l’anomalia del 1° settembre è apparsa dare maggiore consistenza alle preoccupazioni dell’ex astronauta e degli altri consiglieri. Tanto più che l’incidente si è verificato durante il rifornimento del Falcon 9 e che l’inchiesta promossa da SpaceX, non ancora conclusa, si è presto indirizzata ad localizzarne la causa nelle procedure utilizzate per il caricamento dei propellenti (per l’esattezza, dell’elio criogenico impiegato per la pressurizzazione dei serbatoi).

Sotto la spinta di queste sollecitazioni, il 1° novembre l’agenzia spaziale statunitense ha finalmente pubblicato una breve dichiarazione in cui si sottolinea che “le capsule e i lanciatori progettati per il Commercial Crew Program dovranno soddisfare i requisiti di tecnici e di sicurezza della NASA prima che l’agenzia li certifichi per il volo equipaggio.” Di conseguenza anche le procedure proposte da SpaceX per il rifornimento del Falcon 9 saranno valutate con attenzione, tenendo conto anche dei risultati delle indagini sull’incidente del 1° settembre.

Pur apprezzando il contributo del Comitato presieduto da Stafford, la NASA sembra però ricordare che la sua competenza riguarda soprattutto la Stazione Spaziale e i sistemi internazionali e che il principale consulente per la sicurezza delle attività relative al Commercial Crew Program è piuttosto l’Aerospace Safety Advisory Panel. Attualmente presieduto da Patricia Sanders, l’ASAP comprende tra le sue file ex astronauti dell’era Shuttle, quali James Bagian, Susan Helms e Brent Jett.

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Roberto Mastri

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