A Spinoff a Day – I laser come mezzo di trasmissione dell’energia

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La nascita dell’idea

Rappresentazione artistica di ascensore spaziale.

Rappresentazione artistica di ascensore spaziale. Fonte: NASA

Nel romanzo Le Fontane del Paradiso del 1979, Arthur Clarke prese in considerazione una tecnologia proposta fin dalla fine del XIX secolo: un ascensore spaziale. Il suo progetto richiede che un cavo raggiunga i 36.000 km a partire dall’equatore terrestre verso un satellite in orbita geosincrona, così che navette e carichi paganti, arrampicandosi su di esso, raggiungerebbero lo spazio senza bisogno di utilizzare costosi razzi.

Con il passare degli anni quel concetto ha fatto passi avanti nella ricerca scientifica, i governi e l’industria privata hanno lavorato per trovare soluzioni alle barriere logistiche della sua realizzazione. NASA ha ad esempio promosso la raccolta di progetti attraverso il Centennial Challenges Program nato nel 2005 e nel quale inventori, gruppi di studenti e piccole aziende sono portati a trovare soluzioni innovative a problemi tecnici di varia natura con la promessa di un premio in denaro. Nel suo anno inaugurale il programma iniziò proprio con lo Space Elevator Challenge.

I partecipanti dovevano risolvere un enigma relativo al progetto: come dare propulsione alle macchine che avrebbero dovuto “arrampicarsi” sul cavo, e che avrebbero trasportato le navette e gli altri mezzi spaziali fino all’orbita. A causa delle distanze coinvolte, i robot avrebbero dovuto operare senza essere connessi a cavi elettrici, perciò le batterie avrebbero dovuto essere molto potenti. L’unica alternativa fattibile al momento è quella di irradiare un fascio di luce sui pannelli fotovoltaici dei robot in modo che essi la convertino in elettricità. La “prolunga senza fili” (o “cordless extension cord“) potrebbe dare energia non solo agli ascensori spaziali, ma anche a rover e ad altri veicoli. L’obiettivo di ogni team, dunque, era quello di utilizzare l’approccio fotovoltaico per progettare un robot in grado di arrampicarsi su un cavo sospeso a mezz’aria per una certa distanza e a una certa velocità.

Il trasferimento tecnologico

Il robot di LaserMotive si arrampica lungo il cavo vincendo la sfida.

Il robot di LaserMotive si arrampica lungo il cavo vincendo la sfida. Fonte: NASA

Questa sfida fu tenuta nel 2005, nel 2006, 2007 e 2009 e i requisiti divennero sempre più stringenti. Nei primi due anni i robot partecipanti dovevano arrampicarsi per 50 metri ad una velocità di 1 m/s; nel 2007 la distanza richiesta aumentò a 100 metri e nel 2009 si arrivò ad un cavo lungo 1 km sostenuto da un elicottero, che i robot dovevano percorrere ad una velocità di almeno 2 m/s.

Nessun team riuscì mai a vincere il premio in denaro fatta eccezione per il gruppo LaserMotive di Seattle. Di questo gruppo facevano parte il fisico ed esperto di laser Jordin Kare e lo scienziato Tom Nugent, tra gli altri. “La maggior parte dei team stavano usando riflettori per direzionare la luce sui loro robot” afferma Nugent, “ma noi avremmo fatto qualcosa di meglio”. I due impiegarono diodi laser (costituiti da semiconduttori simili a quelli utilizzati per la produzione dei LED) che emettono una luce molto più intensa rispetto a quella dei normali proiettori e sono oramai sufficientemente economici da poter essere acquistati anche da startup in fase di crescita, grazie alla loro espansione nel mercato dovuta al costante aumento dell’efficienza.

Anche la costruzione del robot fu una bella impresa secondo Nugent: una delle innovazioni maggiori è stata la progettazione di pannelli fotovoltaici adatti a mantenere l’efficienza anche se il raggio non era uniforme o ben centrato. Tra tentativi ed errori, finalmente nel 2009 il team vinse il premio che ammontava a 900.000$ grazie anche al più giovane del gruppo, un assiduo videogiocatore al quale andò l’arduo compito di manovrare il raggio laser manualmente puntandolo esattamente sui pannelli solari.

I benefici

Il sistema Power Over Fiber di Laser Motive

Il sistema Power Over Fiber di LaserMotive. Fonte: NASA

La competenza e i soldi guadagnati dalla competizione permisero a LaserMotive di mettere in commercio nel 2012 la sua tecnologia Power over Fiber che può fornire elettricità a dispositivi diversi fra loro con un metodo simile a quello utilizzato per dare energia al loro robot. L’unica differenza è che nel sistema commercializzato il laser raggiunge i pannelli fotovoltaici attraverso cavi in fibra ottica e non più manualmente. Il modello standard è certificato per 10 W di corrente continua, sufficienti per ricaricare un tablet, ad esempio, ma ci sono progetti in ballo per costruirne uno da 400 W, sufficienti per dare energia ad un piccolo drone.

L’utilizzo principale di questo sistema è nel campo dell’isolamento elettrico: Nugent porta come esempio un laboratorio che conduce esperimenti con alti voltaggi che prevedono esplosioni controllate. “In questo caso il sistema PoF evita ritorni elettrici attraverso i cavi, rendendo l’area completamente isolata e prevenendo danni all’elettronica del sistema di controllo”. Parliamo anche di isolamento dal rumore nelle frequenze radio: “Un alimentatore elettronico può generare segnali radio che possono interferire con la raccolta di dati; il Power over Fiber può fornire un output pulito”. Una terza applicazione sono i robot subacquei: i laser non si propagano molto lontano attraverso l’acqua e i convenzionali cavi di rame sono pesanti e molto isolati. Il sistema rimuove tutte queste inefficienze.

LaserMotive sta anche lavorando su un sistema per dare energia a veicoli aerei non pilotati (UAV Power Links) per consentire ai droni di volare permanentemente nella linea d’azione del raggio laser. Nugent pensa ad esempio alla ricognizione militare o all’industria cinematografica, settori in cui non ci si può permettere di fermare il lavoro ogni 20 minuti per cambiare le batterie ai droni. Quest’anno gli UAV Power Links saranno testati e sottoposti alla Federal Aviation Administration nella speranza di ricevere il nulla osta per l’uso commerciale.

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Veronica Remondini

Appassionata di scienza, è intimamente meravigliata di quanto la razza umana sia in grado di creare, e negare tale abilità allo stesso tempo. Stoica esploratrice di internet, ha una sua condanna: le paroline blu che rimandano ad altre pagine. Collaudatrice dell'abbigliamento da moto Stark Ind., nel tempo libero cerca invano di portare il verbo tesliano nel mondo.