Arrivano i primi segnali del CALET, lo strumento per la ricerca della materia oscura a cui partecipa anche l’Italia
Solo cinque giorni dopo l’arrivo sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) a bordo del cargo giapponese HTV-5, il CALorimetric Electron Telescope (CALET) ha iniziato a mandare i primi segnali. Il CALET è uno strumento scientifico progettato per la ricerca di materia oscura, lo studio degli spettri dei nuclei di origine cosmica e la rivelazione e misurazione dei lampi di raggi gamma sviluppato dall’Agenzia spaziale giapponese (JAXA), l’Agenzia spaziale italiana (ASI) e la NASA in collaborazione con il CERN di Ginevra. Al CERN, in particolare, gli strumenti del CALET sono stati calibrati agli altissimi livelli di energia che il dispositivo scruterà nello spazio.
Lo strumento è stato montato martedì scorso a bordo della piattaforma esterna JEM-EF (Japanese Experiment Module Exposed Facility, nella foto) del modulo scientifico giapponese KIBO, ed è ora nella sua fase di test che durerà fino alla primavera prossima. Dal momento della piena operatività, CALET scandaglierà l’Universo per almeno cinque anni.
«Uno dei principali obiettivi scientifici di CALET è misurare la forma dettagliata dello spettro degli elettroni sopra la potenza di 1 TeV», spiegano dall’Università di Tokio, che guida il programma internazionale. «Questa regione inesplorata sta guadagnando un crescente interesse da parte della comunità scientifica poiché potrebbe essere in grado di mostrare per la prima volta la presenza di una sorgente astronomica dove vengono accelerati gli elettroni. Sappiamo che gli elettroni non possono viaggiare a lungo, perché perdono rapidamente la loro energia. Pertanto si devono originare relativamente vicino alla Terra».
A bordo della ISS il CALET affiancherà l’Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02) che dal 2011 guarda l’Universo con l’obiettivo di trovare l’antimateria e la materia oscura. «In alcune delle sue misurazioni l’AMS-02 ha fornito alcuni dati controversi sulla natura dei positroni e degli elettroni, che però potrebbero essere un indizio per possibili tracce di materia oscura», spiega il ricercatore Louisiana State University, guida della squadra americana, John Wefel. Starà quindi a CALET confutare o meno quanto catturato dall’AMS-02.
Il ruolo dell’Italia
Grazie all’ASI, l’Italia contribuisce al progetto CALET in maniera decisiva sia nel campo della ricerca scientifica che in quello dello sviluppo tecnologico. Dal lato della ricerca, l’ASI ha finanziato la partecipazione al progetto dell’Università di Siena, capofila tra gli atenei italiani, e dell’Università di Pisa, Firenze, Padova, Roma Tor Vergata. Partecipa al CALET anche l’IFAC-CNR di Firenze.
Inoltre, come ha spiegato il Professor Simone Marrocchesi dell’Università di Siena, «il livello tecnologico della missione è estremamente avanzato, con ricadute positive per il nostro Paese, sia per lo sviluppo di nuove tecnologie sia per la partecipazione dell’industria aerospaziale nazionale a un progetto internazionale di così alto profilo».
Per questo la componente tecnologica italiana dello strumento è stata affidata all’azienda del distretto dell’aerospazio pugliese Sitael, del gruppo Angelo Investment, direttamente selezionata dalla JAXA. L’azienda di Mola di Bari – la principale società spaziale italiana completamente privata – ha progettato e prodotto il sistema di alimentazione ad alta tensione del CALET, in grado di sostentare, grazie a differenti canali ad alta potenza, il fotomoltiplicatore (PhotoMultiplier Tubes, PMTs), lo strumento in grado di individuare i fotoni; e il fotodiodo a valanga (Avalanche Photo Diodes, APD), il dispositivo in grado di riconoscere una determinata lunghezza d’onda e trasformarla in un segnale elettrico. Il sistema di alimentazione prodotto da Sitael è, tra le altre cose, il più grande mai inviato in orbita.
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