Nuovo accordo tra ESA e Cina per acquistare la parte USA della ISS
Pesce d’aprile
La sequestration imposta dal budget del governo americano costringe la NASA a rivedere i propri piani per quel che riguarda il mantenimento della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
Con l’avvicinarsi del primo volo di Orion, l’Exploration Flight Test 1 (EFT-1), previsto per l’inizio del prossimo anno, e l’accelerazione imposta dal Congresso americano nello sviluppo del nuovo lanciatore pesante Space Launch System (SLS), era chiaro che i tagli ai finanziamenti concessi a NASA avrebbero prima o poi raggiunto anche il settore del volo umano, dopo i ridimensionamenti visti nei mesi scorsi per quel che riguarda le missioni scientifiche (vedi, per esempio, la rinuncia alla partecipazione al progetto ESA Exomars).
Il sequestration è quel procedimento entrato in atto il 1 marzo scorso negli USA per il quale vengono applicati dei tagli automatici alle spese del governo in maniera lineare, indipendentemente dal tipo di costo. La NASA è, ovviamente, tra le agenzie governative coinvolte e penalizzate dal mancato accordo sulla distribuzione dei tagli tra governo e Congresso. Gli effetti si erano già fatti sentire nelle settimane scorse, quando molti scienziati NASA non avevano potuto effettuare le trasferte per seguire importanti convegni come la Lunar and Planetary Science Conference (LPSC).
Nonostante qualche anno fa il mantenimento della ISS fosse stato confermato da parte di NASA fino al 2020, è chiaro che al momento gli USA non possano garantire un finanziamento adeguato. La soluzione, ventilata ieri da fonti vicine al governo, sarebbe quella di vendere la proprietà della parte americana della ISS. Questo permetterebbe alla NASA di continuare, seppur in maniera ridotta, ad utilizzare la stazione spaziale come laboratorio e ad inviare astronauti in orbita (anche perché i “sedili” sulle Sojuz sono stati comunque acquistati almeno fino al 2014).
Sembra, comunque, che i partner internazionali della NASA, cioè l’agenzia spaziale europea (ESA), quella canadese (CSA) e quella giapponese (JAXA), non abbiano al momento il budget per poter acquistare la quota americana. L’ancora di salvezza sarebbe arrivata nelle settimane scorse dall’agenzia spaziale cinese (CNSA) che, a fronte di un aumento limitato delle risorse messe a disposizione dalle altre tre agenzie spaziali, e di un contributo minimo da parte di NASA (che si traduce essenzialmente in rifornimenti cargo da parte dei partner commerciali come SpaceX e Orbital), sarebbe disposta ad acquistare una quota significativa della parte internazionale della ISS in cambio di un accesso da parte dei propri astronauti. L’accordo sarebbe stato discusso durante le recenti riunioni tra ESA e CNSA per una possibile cooperazione.
Non è ancora chiaro a livello logistico come questo cambiamento verrà effettuato e quali Expeditions verranno toccate da questo avvicendamento. In particolare non è ancora noto se l’accesso cinese avverrà utilizzando i propri lanciatori tramite la capsula Shenzhou, oppure se nell’accordo rientreranno parte dei passaggi acquistati da NASA sulle Sojuz. La seconda ipotesi sembra per il momento la più probabile, visto che in quel caso non ci sarebbe bisogno di nessuna modifica del sistema di attracco della stazione internazionale. Nessuna obiezione sarebbe stata sollevata da parte di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, che tuttora mantiene la proprietà e la gestione completa della propria sezione della ISS.
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