Approfondimento: Il punto sulla progettazione dei seggiolini di Orion

Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA
Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA

Definire un sistema "vitale" in campo aerospaziale è piuttosto banale vista la criticità della maggior parte degli impianti di bordo per la sopravvivenza dell'equipaggio, ma c'è un sistema, forse troppo spesso in passato sottovalutato, che in caso di altri guai, provocati da altri problemi, può portare alla salvezza o ad una fine tragica.
Stiamo parlando dei seggiolini e dei sistemi di ritenzione, e in particolare quelli della capsula Orion, attualmente in fase di progettazione e da tempo in fase di studio e valutazione, i quali avranno il compito di proteggere da lesioni potenzialmente fatali l'equipaggio in situazioni critiche come un abort al lancio, un rientro non nominale o un atterraggio fuori bersaglio o con sistemi di caduta parzialmente fuori uso.
Lo studio di tali apparati sui mezzi spaziali passati e quelli attualmente in servizio non è sempre stato considerato con la necessaria priorità, ma recenti studi sugli effetti devastanti al corpo umano che tali situazioni estreme, ma possibili, possono comportare, ha consigliato di approfondire drasticamente l'analisi su tali sistemi come mai era stato fatto in passato.

L'ultimo segnale d'allarme in ordine di tempo, anche se gli studi erano già iniziati precedentemente, è stata la [url=http://www.forumastronautico.it/index.php?topic=9552.msg90223#msg90223]relazione medica di inchiesta[/url] sulle lesioni e sulle sollecitazioni subite dall'equipaggio del Columbia nelle ultime tragiche fasi della distruzione della navetta. Benchè in alcun modo sedili e sistemi di ritenzione migliori avrebbero potuto salvere le vite dell'equipaggio si è osservato che essi non hanno quasi funzionato, provocando anzi lesioni gravissime all'equipaggio ove precedenti sollecitazioni non correttamente assorbite non avessero già portato a gravi lesioni mortali.

Una delle prime scelte effettuate è quindi stata quella di abbandonare la tipologia di sedili attualmente utilizzata sullo Space Shuttle (poco più che strapuntini), per optare invece per sedili ben più sofisticati e con posizione dell'astronauta quasi fetale.

Il primo obiettivo individuato è stato quello di limitare al massimo ogni spostamento su ogni asse delle parti del corpo dell'astronauta per evitare urti con qualsiasi cosa circondi l'equipaggio.
La risoluzione di questo primo requisito ha già evidenziato alcune criticità, principalmente provocate dagli spazi ristretti a bordo soprattutto in caso di abbandono rapido del mezzo e in relazione al requisito di percentile delle varie stature e corporature degli astronauti impiegati.

Per supportare un numero quanto più elevato possibile di corporature e stature differenti dell'equipaggio si è valutata come scelta migliore un seggiolino che portasse ad assumere una posizione quasi fetale in quanto offriva vari gradi di libertà nella regolazione, portando le gambe più vicine al petto per gli astronauti più alti e lasciando una posizione poco più che seduta per quelli di statura più bassa, il tutto utilizzando un solo sedile regolabile per tutti.
In particolare la posizione che verrà assegnata ad ogni membro di volo sarà strettamente dipendente dalla distanza specifica fra il tallone e le ginocchia.
Per quanto riguarda il busto sono stati introdotti, differentemente da tutti i precedenti sistemi, dei supporti laterali che hanno il compito di mantenere ben saldo e nella sede il corpo dell'astronauta evitando di poter uscire lateralmente dal seggiolino durante sollecitazioni laterali, lo stesso sistema è utilizzato anche per le gambe.
Il seggiolino viene così ad essere formato da una "seduta" e da un supporto per gli arti inferiori il quale potrà comprendere un ritegno per i piedi simile a quello utilizzato per le scarpette dei ciclisti oppure con un sistema a strappo.
Il dimensionamento della parte del busto e delle anche sarà tale da poter accogliere la misura di maggiore corporatura possibile, per tutte le altre minori si adatterà la forma del corpo con spessori in materiale spugnoso e in grado di assorbire gli urti.
Per quanto riguarda le braccia saranno presenti dei supporti per gli avambracci adattabili, mentre la zona fra le anche e la parte alta del busto sarà priva della protezione laterale in modo da permettere un'uscita confortevole di lato dai seggiolini.

Infine la protezione della testa, una delle più critiche e spesso trascurate, con gli astronauti che indosseranno, ovviamente, i caschi, saranno presenti dei supporti laterali per evitare torsioni del collo, sui lati del seggiolino, di chiara derivazione automobilistica.
Proprio questo aspetto è fondamentale per capire quanto si stia attingendo dal mondo dell'automobilismo sportivo e dall'enorme esperienza da questo settore accumulata con gli anni per lo sviluppo dei sistemi spaziali del futuro.
Le collaborazioni più in luce per la realizzazione di questo sistema sono infatti proprio di stampo automobilistico, in particolare con la ditta HANS Performance Products e con la Società organizzatrice della serie americana NASCAR.
Per quanto riguarda la prima, è la detentrice del brevetto dell'omonimo e ormai celebre collarino salva-vita indossato da più di 65.000 piloti in tutto il mondo nella pressochè totalità delle competizioni automobilistiche. Tale sistema permette di evitare gravi lesioni alla parte alta della colonna vertebrale durante urti o violente decelerazioni e sarà alla base del sistema di protezione da danni alla zona alta della spina dorsale che verrà impiegato per gli astronauti a bordo di Orion.

Fino a poco tempo fa era pressochè impossibile sopravvivere a impatti e decelerazioni frontali oltre i 100G, ma sono oggi numerosi gli esempi di sopravvissuti o addirittura illesi che hanno subito impatti al di sopra dei 140G di decelerazione nelle corse automobilistiche, un caso purtroppo esemplare è stato l'impatto che ha ucciso la leggenda americana Dale Earnhardt il quale si è scontrato a soli 70km/h senza indossare HANS e riportando lesioni mortali.
Ed è proprio da questo incidente, che ha scosso le coscienze di molti, che l'organizzazione a capo della NASCAR ha cominciato a raccogliere un enorme database di incidenti, paragonabile solo a quelli delle forze armate, in grado di mettere in relazione il deltaV o il picco di accelerazioni con le conseguenze dell'impatto per oltre 4000 impatti differenti.
Oltre alle similitudini fra i due mondi ci sono però anche numerose differenze che complicano molto le cose, ad esempio i sistemi di ritenzione dell'astronauta, mentre nel mondo delle corse automobilistiche è ipotizzabile che un pilota anche se ferito o impossibilitato a lasciare la vettura potrà essere soccorso ed estratto da qualcuno in breve tempo, per una capsula lo slacciamento e la fuga dovranno essere quanto più autonome o autonomamente realizzabili possibile.
Le cinture scelte saranno comunque le più classiche a 7 punti, anche queste di derivazione automobilistica, sempre a riguardo è anche in fase di studio un sistema che utilizzi cinture incorporate alla tuta, più critiche però per l'integrità della pressurizzazione della stessa.

Per testare tutto questo è in fase di realizzazione e sperimentazione una speciale piattaforma ( [url=http://www.forumastronautico.it/index.php?topic=10500.0]CIAS[/url] ) che verrà mano a mano equipaggiata con i sistemi di ritenzione, sino ad ospitare manichini e seggiolini reali per poter effettuare crash test sul sistema completo.

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Alberto Zampieron

Appassionato di spazio da sempre e laureato in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Torino, è stato socio fondatore di ISAA. Collabora con Astronautinews sin dalla fondazione e attualmente coordina le attività fra gli articolisti.