La Stazione Spaziale Internazionale nell’era di Barack Obama

Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA
Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA

[b]L’insediamento di Barack Hussein Obama alla Presidenza degli USA è stato accompagnato, fra gli altri, dagli astronauti della NASA. Qual'è il significato di questa partecipazione?[/b]

Negli ultimi 40 anni solo due volte la presenza della NASA è stata così significativa. Il 20 gennaio 1969, quando l'ente spaziale statunitense si presentò all’insediamento di Richard Nixon con gli astronauti che avevano partecipato alla missione Apollo 7 e con un campione della navicella che sarebbe stata utilizzata per le future missioni lunari. Dopo sei mesi esatti, il 20 luglio 1969, il primo uomo metteva piede sulla Luna.

E una scena simile si è svolta di fronte agli occhi di Barack Obama. Il Presidente eletto ha invitato la NASA, che non si è fatta sfuggire l'occasione per dare visibilità alle sue attività e tenere alto l’interesse dei cittadini – e di Barack Obama stesso – nei confronti dell’agenzia spaziale. Alla manifestazione hanno preso parte gli astronauti della più recente missione dello Shuttle, la STS-126. A loro si è aggiunto anche l’astronauta Greg Chamitoff, di ritorno a bordo dello Shuttle dopo 6 mesi trascorsi nello spazio.

In analogia a 40 anni fa, la NASA ha presentato anche un nuovo veicolo spaziale, il Lunar Electric Rover (LER). Il LER ha 12 ruote e ricorda un piccolo caravan. Ha una notevole autonomia e può ospitare due astronauti al proprio interno, fornendo loro tutto l’occorrente per essere completamente indipendenti per un paio di settimane. Permetterà dunque di esplorare la superficie lunare a distanze significative dal luogo dell’atterraggio della navicella. 

[b]Dunque si conferma l'intenzione di tornare sulla Luna con equipaggi umani?[/b]

I programmi per il ritorno dell’uomo sulla Luna e per la successiva esplorazione umana di Marte proseguono e sono previsti, con modalità diverse, dai programmi di diverse agenzie spaziali, che già nel 2007 hanno stabilito un contesto nel quale sviluppare una strategia di esplorazione spaziale condivisa. Hanno aderito tutte le principali agenzie spaziali: dalla NASA all’ESA, dalla CNSA (Agenzia Spaziale Cinese) all’ISRO (Agenzia Spaziale Indiana ), dalla Roscosmos (Agenzia Spaziale russa) alla JAXA (Agenzia Spaziale giapponese), e poi ancora l’ASI, il CNES francese, la CSA canadese, la BNSC del Regno Unito, la DLR tedesca, il CSIRO australiano, la KARI della Repubblica di Corea, la NSAU ucraina.

Per quanto riguarda l’ESA si è appena concluso un incontro a ESRIN, il centro per le osservazioni della Terra dell’Agenzia Spaziale Europea che sorge a Frascati, vicino a Roma, nel quale sono stati presentati i risultati di diversi anni di studio che hanno permesso di mettere a punto un programma complessivo con un’architettura robusta. Si tratta di sviluppare, sulla base dell’esperienza dell’ATV, un veicolo spaziale affidabile e con capacità di rientro sicuro a Terra. Appare opportuno anche che l’ESA sviluppi una propria navicella in grado di atterrare in sicurezza sulla Luna, da adibire essenzialmente al trasporto di materiale di supporto per gli astronauti, in modo da rendere più sicura ed efficace l’esplorazione del nostro satellite. Ci permetterebbe anche di sviluppare un programma europeo indipendente di esperimenti e di esplorazione.

Da quest’ultimo punto di vista, si consideri che si entra in una nuova fase operativa per la ISS e l’ESA avrà modo di coordinare un programma di esperimenti scientifici molto vasto, che ci permetterà di acquisire nuove conoscenze, ma anche competenze gestionali e tecnologiche.

E infine, voglio ricordare che in maggio saranno annunciati i quattro nuovi astronauti europei e che nel corso del 2009 inizierà l’esperimento Mars 500, nel quale un equipaggio umano sarà lasciato in isolamento per 500 giorni, all’interno di ambienti chiusi molto simili a quelli di una stazione spaziale, proprio per simulare una missione completa su Marte. L’Europa ci sarà: sia nella simulazione che nella vera missione fra una ventina di anni.

[b]Ma quali sono le prospettive della Stazione Spaziale nell'era Obama?[/b]

Per quanto riguarda le prospettive a medio e lungo termine dovremo aspettare un piano complessivo del nuovo Presidente, ma le prospettive a breve termine sono già scritte da tempo. A poco più di dieci anni dal lancio in orbita del primo modulo della ISS, la stazione verrà sostanzialmente terminata.

Nei prossimi mesi infatti sarà lanciato l’ultimo elemento strutturale, che porterà in dote alla casa spaziale il quarto set di pannelli solari, aumentando ancora la potenza elettrica a disposizione delle attività scientifiche e di sostegno alla vita degli astronauti. Ma è in primavera che la Stazione fiorirà in modo definitivo. In maggio l’equipaggio sarà portato a sei membri, con l’arrivo in orbita dell’equipaggio 20 (Expedition 20), di cui farà parte anche l’astronauta dell’ESA Frank De Winne, di nazionalità belga. Nel corso della sua missione, che durerà fino al novembre successivo, De Winne assumerà anche il comando della ISS, divenendo così il primo comandante di nazionalità diversa da quella russa o quella statunitense. Per la fine dell’anno è prevista l’installazione di due elementi europei o di fabbricazione europea: il Nodo 3 e la Cupola. Infine, anche il Giappone terminerà il suo contributo in orbita, con il completamento del suo laboratorio, il Kibo, e il primo lancio del vettore spaziale HTV.

[b]In questi giorni cade un anniversario significativo per la storia della Stazione Spaziale. Esattamente 25 anni fa, il 25 gennaio 1984, Ronald Reagan, allora presidente degli USA, invitò gli stati alleati e amici a partecipare alla costruzione di una stazione spaziale, lanciando di fatto il progetto della stazione spaziale internazionale. Da allora il mondo è cambiato. Quanto è ancora attuale questo progetto?[/b]

Nel 1984, la NASA aveva appena realizzato la flotta degli Shuttle, che stavano vivendo il momento del loro primo lancio orbitale. Reagan annunciò il passo successivo: una stazione spaziale internazionale, la stazione Freedom (libertà) da utilizzare solo per scopi pacifici, costruita dagli USA e dalle nazioni alleate e amiche. Il che, a quei tempi, escludeva tutto il blocco sovietico. Freedom doveva essere al tempo stesso un laboratorio scientifico in orbita, un osservatorio astronomico, ma anche un luogo operativo da usare quale, per esempio, per riparare i satelliti in orbita. Un progetto, alla luce dei successivi 25 anni, che aveva alcuni aspetti fantascientifici: un vero e proprio avamposto orbitante, che poteva essere usato anche a livello “industriale”, sfruttando la microgravità.

Vale anche la pena ricordare che appena due anni dopo l’annuncio di Reagan, l’URSS iniziò a mettere in orbita la stazione spaziale MIR. Che certamente non era l’avamposto immaginato da Reagan, ma che lanciava una nuova sfida all’Occidente.

In questo, oltre che in molti aspetti tecnici, il progetto di una stazione spaziale internazionale è attuale: oggi più che mai una sola nazione non può affrontare le spese e gli investimenti tecnologici per sfruttare lo spazio. La conquista dello spazio deve essere un’operazione largamente condivisa: questo appare l’unico modo sensato di condurre questa vera e propria sfida alla Natura. La ISS, con la sua internazionalità ben più ampia di quella pensata da Reagan, ha rappresentato una palestra tecnologica di altissimo livello nella quale molte agenzie spaziali hanno forgiato i muscoli della cooperazione internazionale. È stato il primo vero passo dei popoli della Terra verso le stelle.

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Alberto Zampieron

Appassionato di spazio da sempre e laureato in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Torino, è stato socio fondatore di ISAA. Collabora con Astronautinews sin dalla fondazione e attualmente coordina le attività fra gli articolisti.