PHOEBUS: una grande tecnologia per una piccola molecola

È un dato di fatto che la tecnologia missilistica faccia sempre più uso dei materiali compositi in fibra di carbonio. Generalmente conosciuti come CFRP (Carbon Fibre Reinforced Plastic) sono una miscela di fibre di carbonio super resistenti annegate in una matrice di resina polimerica, e lavorata poi con speciali macchinari. Il pregio dei CFRP è di possedere eccellenti proprietà meccaniche e al contempo più leggeri rispetto alle leghe metalliche di pari caratteristiche. Ciò si traduce in una riduzione del peso a vuoto del lanciatore in favore di un aumento della massa di carico utile trasportato. Ariane 6 e Vega-C già dispongono di parti costruite in materiale composito come le carenature protettive per il carico pagante oppure l’involucro del motore a combustibile solido P120C che funge da razzo ausiliario (booster) e da primo stadio nei due lanciatori europei. Si tratta di un’applicazione degna di nota, poiché è uno dei pezzi in CFRP più grandi realizzati in un blocco unico.
Ma i materiali compositi possono essere impiegati ulteriormente nella costruzione dei lanciatori? È possibile, per esempio, utilizzarli per sostituire le strutture metalliche nei serbatoi criogenici dei razzi?
Per tentare di dare una risposta a questi quesiti, l’Agenzia spaziale europea (ESA) ha avviato da qualche anno il programma PHOEBUS (Prototype for a Highly OptimizEd Black Upper Stage) in collaborazione con ArianeGroup e MT Aerospace. Insieme valuteranno se è fattibile, e quali benefici porterebbe, sostituire il serbatoio metallico dello stadio superiore (upper stage) del lanciatore europeo Ariane 6, con uno realizzato in fibra di carbonio rinforzata. Se da una parte questo materiale estremamente leggero permette di risparmiare alcune tonnellate di massa, dall’altro non è mai stato implementato prima d’ora per impieghi criogenici e implica delle significative sfide tecnologiche.
Per l’Ariane 64 (con quattro razzi ausiliari P120C a propellente solido) impiegato per lanci verso l’orbita di trasferimento geostazionario, è già in fase di studio uno stadio superiore chiamato ICARUS (Innovative Carbon ARiane Upper Stage), per il quale PHOEBUS funge da dimostratore tecnologico. Esso sarà più leggero di circa due tonnellate dell’attuale stadio superiore in lega di alluminio e litio, in quanto costruito con un massiccio utilizzo di materiali compositi. Ciò assicurerà la versatilità e la competitività per l’Ariane 6 nei prossimi anni.

Lo stadio superiore dell’Ariane 6 brucia ossigeno e idrogeno liquidi, che dal punto di vista chimico sono formati da molecole molto differenti fra loro. Pertanto il progetto PHOEBUS richiede lo sviluppo di due tipologie diverse di serbatoi in grado di sostenere queste differenze. Basti pensare per esempio che l’ossigeno liquido viene stoccato a una temperatura di –183℃ ed è inoltre un propellente molto reattivo e corrosivo.
ESA ha rilasciato nei giorni scorsi alcuni aggiornamenti sui progressi relativi al serbatoio dell’idrogeno. Quella dell’idrogeno è la più piccola molecola dell’Universo, e quando questo gas viene usato come propellente per l’Ariane 6, deve essere raffreddato fino a -253℃ affinché si mantenga allo stato liquido, ovvero appena 20 gradi sopra lo zero assoluto, la temperatura più bassa del cosmo.
Notoriamente i compositi mal sopportano le temperature così basse, a causa dei differenti comportamenti tra le fibre di rinforzo e la matrice. Infatti nei serbatoi in fibra di carbonio, riempiti con propellenti criogenici in pressione, si possono sia formare microscopiche cricche pericolosissime sia avere reazioni chimiche tra i composti dell’involucro e l’ossigeno liquido.
La squadra di ingegneri del progetto PHOEBUS è riuscita a superare diverse difficoltà tecniche riguardanti non solo l’aspetto meramente costruttivo, ma anche la raccolta dei dati. Basti pensare che in commercio non esistono dispositivi in grado di rilevare i ratei di propagazione delle minuscole cricche che si formano a temperature criogeniche, pertanto gli ingegneri hanno dovuto sviluppare in maniera autonoma dei sistemi di misurazione atti a questo scopo.

Nel gennaio del 2021 il progetto PHOEBUS ha già avuto un primo incoraggiante successo, testando un serbatoio in scala ridotta da 60 litri con l’ossigeno liquido.
Durante la campagna di test tenutasi in Germania da MT Aerospace, il serbatoio in composito è stato riempito e svuotato diverse volte, è stato pressurizzato al di là dei suoi limiti operativi ed è stato anche sottoposto a degli urti con delle particolari mazze per valutare l’insorgenza di inneschi esplosivi. Il serbatoio testato era equipaggiato con una varietà di sensori per monitorare la pressione, la temperatura, la resistenza alla deformazione ed eventuali perdite. Le analisi dei dati e l’integrità strutturale complessiva del serbatoio hanno promosso questa particolare tecnologia.
Ora, gli ingegneri del gruppo di lavoro sono alle prese con la realizzazione di una versione del serbatoio da 2.600 litri dal progetto rivisto. Questo nuovo prototipo, del diametro di due metri, verrà testato il prossimo anno con l’idrogeno. Lo scorso mese di settembre sono state completate le prime fasi di produzione del suo contenitore interno a pressione presso MT Aerospace di Augusta ed entro la fine di quest’anno è prevista la conclusione della costruzione. Di seguito il serbatoio verrà preso in carico da ArianeGroup per la fase di collaudo, per la quale i suoi ingegneri sono già al lavoro nella progettazione dell’impianto di prova, con una prima campagna di test prevista per aprile 2026.
Nonostante venga tenuto a -253℃, l’idrogeno prende fuoco molto facilmente, pertanto deve essere maneggiato con cura, seguendo in maniera scrupolosa le procedure di sicurezza. La campagna di prove si terrà presso il sito di test di ArianeGroup di Trauen, in Germania. Il serbatoio verrà spinto passo dopo passo fino in prossimità del suo punto di rottura, innescando la formazione di crepe ma non andando oltre per evitare pericolosi cedimenti. I lavori per la realizzazione della nuova struttura dedicata ai collaudi sono iniziati nel febbraio di quest’anno e il progetto preliminare è stato confermato a giugno.

Verranno eseguiti molteplici prove sperimentali per tentare di apprendere il più possibile il comportamento del serbatoio come se fosse sulla rampa di lancio o durante le fasi del decollo, per comprendere come e dove dove potrebbero comparire le prime crepe. I sensori installati sopra e dentro al serbatoio forniranno i dati relativi alla temperatura alla pressione e alla deformazione durante i vari test e verranno valutati attentamente fra una prova e l’altra.
PHOEBUS fa parte del programma Future Launchers Preparatory Programme (FLPP), il quale incentiva lo sviluppo di tecnologia per i futuri sistemi per il trasporto spaziale. Ideando, progettando e investendo in tecnologie non ancora esistenti, questo programma riduce i rischi intrinseci nello sviluppo di progetti spaziali non ancora sperimentati e comprovati.
Fonti: ESA, ArianeGroup
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