Conclusa l’investigazione su Flight 8, SpaceX prepara Starship a Flight 9

Sono passati poco meno di tre mesi dall’ultima missione di Starship, il lanciatore superpesante e completamente riutilizzabile in corso di sviluppo da SpaceX nello spazioporto di Starbase, nel Texas sudorientale. Quella missione (Flight 8) terminò in modo simile alla precedente: il primo stadio – il booster Super Heavy – effettuò nominalmente la propria parte del volo, portando il secondo a circa 60 chilometri di quota e quindi fuori dagli strati più densi dell’atmosfera. A questo punto Ship 34 accese tutti i propulsori Raptor e proseguì in autonomia l’ascesa all’orbita. Dopo alcuni minuti dalla separazione dal booster venne perso il controllo dell’assetto della navetta, che si distrusse poco dopo sopra i cieli della Florida.
Cos’è successo durante Flight 8
In vista di Flight 9, SpaceX ha pubblicato sul proprio sito un dettagliato resoconto di quanto occorso nel volo precedente e i risultati delle indagini.
Come visibile dalla grafica disponibile in diretta durante Flight 8, dopo l’hot staging Booster 13 riaccese 11 dei 13 motori Raptor per effettuare la manovra di boostback, che permette di annullare la componente orizzontale della velocità e di tornare nuovamente verso il sito di lancio. Dopo una fase di discesa in cui le sole grid fin sulla sommità mantenevano l’assetto del booster, 12 motori su 13, incluso uno non attivo durante il boostaback burn, si accesero per il landing burn, la parte finale della fase di ritorno. Poco prima della cattura da parte dei bracci meccanici della torre di lancio (Mechazilla) vennero spenti nove motori, lasciando solo i tre centrali a completare il recupero del terzo Super Heavy in assoluto, dopo quelli di IFT-5 e IFT-7. SpaceX ha indagato su quanto avvenuto e ha concluso che la mancata accensione fu dovuta alle condizioni di temperatura e pressione vicino agli igniter. Il processo di analisi comprendeva anche dei test in cui il problema veniva replicato, con il duplice scopo di comprendere le cause e trovare una soluzione: maggiori strati isolanti nelle zone interessate.
Se quindi i problemi di Super Heavy furono minimali e non ebbero fatto impatti sul suo recupero, quelli di Ship si verificarono dopo circa cinque minuti e mezzo dalla separazione del booster. Un bagliore vicino al Raptor Sea Level (ottimizzato per la spinta in atmosfera) centrale e un successivo «evento energetico», come definito nel comunicato di SpaceX, risultarono nella perdita del motore. Immediatamente dopo i due Raptor centrali e un Raptor Vacuum (ottimizzato per operare nello spazio) si spensero, portando alla perdita dell’assetto di Ship 34. La telemetria venne comunque inviata per altri due minuti circa, prima della perdita di contatto: a quel punto il sistema di terminazione automatica del volo si attivò e portò alla distruzione della navetta. Come avvenuto per Flight 7, i detriti risultarono visibili da gran parte della Florida come uno sciame meteorico molto suggestivo, ma non furono segnalati danni a Terra, nemmeno nelle settimane successive.
Anche in questo caso SpaceX ha trovato la possibile spiegazione per la perdita della navetta: un guasto meccanico al Raptor centrale portò al mescolamento incontrollato dei propellenti, con la conseguente esplosione. Per comprendere però al meglio la problematica sono state effettuate oltre 100 accensioni di motori Raptor presso gli stabilimenti dell’azienda a McGregor (Texas). La soluzione adottata per i voli successivi doterà i propulsori di un nuovo sistema di spurgo all’azoto e miglioramenti nel sistema di drenaggio del metano e dell’ossigeno liquidi. Nel futuro è anche previsto il passaggio ai Raptor 3: il design all’apparenza più semplificato tradisce la complessità di progettazione, oltre ai miglioramenti nella massa e nella spinta del 40% e del 13%.
SpaceX ha infine specificato che sebbene le anomalie occorse durante Flight 7 e Flight 8 siano avvenute durante la stessa fase di volo, i due incidenti sono diversi e che le modifiche apportate in seguito all’incidente di Flight 7 hanno funzionato come previsto. Come conseguenza c’è stato però un’estensione delle zone di chiusura dello spazio aereo (Aircraft Hazard Areas, AHA), in quanto le probabilità di un insuccesso sono aumentate rispetto a quanto inizialmente previsto.
Cosa aspettarsi con Flight 9
La partenza è prevista nella notte italiana (il tardo pomeriggio texano) tra il 27 e il 28 maggio: la finestra di lancio si aprirà alle 01:30 (le 18:30 locali) e il razzo seguirà un profilo di missione molto simile a quello di Flight 7 e Flight 8, con la notevole differenza nel recupero del booster. Ammarerà infatti nel Golfo del Messico per motivi di sicurezza: saranno effettuati diversi esperimenti per raccogliere il maggior numero di dati, con lo scopo di migliorare le prestazioni e l’affidabilità dei futuri Super Heavy, anche in contesti di missione non nominale. Il booster inoltre non sarà al primo volo: a decollare sarà infatti Booster 14, che ha servito durante Flight 7, e che è stato solo in minima parte ricondizionato. Alcune componenti soggette a usura, come ad esempio lo scudo termico ablativo, sono state rimpiazzate, ma la gran parte è rimasta e solo ispezionata: dei 33 motori originali 29 voleranno anche in questa missione.
Le altre modifiche riguardano l’hot staging (la separazione dei due stadi quando quello superiore è ancora acceso): dopo il distacco, il booster solitamente ruotava in una direzione casuale, determinata dalle piccole differenze di spinta dei motori di Ship, per poi in seguito orientarsi nel verso opposto al moto ed effettuare il boostback burn. Ora la rotazione avverrà in una direzione prestabilita, grazie al passaggio forzato dei gas di scarico in alcune feritoie dell’interstadio che rimarranno aperte. Conoscere la direzione del ribaltamento permetterà di ridurre la quantità di propellente tenuta da parte per la manovra e quindi di averne di più durante la fase di decollo, aumentando la capacità di carico. Anche la fase successiva permetterà un risparmio di carburante: il booster attraverserà l’atmosfera con un angolo di attacco maggiore, aumentando quindi l’attrito aerodinamico.
Durante il landing burn saranno utilizzati dei motori in posizioni diverse dal solito: uno dei tre centrali verrà intenzionalmente disabilitato e uno dell’anello intermedio lo sostituirà, raccogliendo dati su come si comporta il booster. Dopo lo spegnimento, i due soli Raptor centrali completeranno il landing burn e l’ammaraggio, che sarà probabilmente più duro delle volte precedenti.
Per Ship 35 gli obiettivi saranno gli stessi di Flight 7 e Flight 8, con ovvia attenzione a quelli non raggiunti: la riaccensione di un singolo motore Raptor in orbita e l’utilizzo del dispenser PEZ per il rilascio di satelliti Starlink. Si tratta di otto simulacri non operativi, che seguiranno la stessa traiettoria di Ship e si disintegreranno in atmosfera.
A questi si aggiungeranno diversi esperimenti per lo studio del ritorno di Ship al sito di lancio: è stato rimosso un elevato numero di piastrelle termiche dalla navetta, in modo da testare aree sensibili durante il rientro, mentre altre parti invece sono state riempite con piastrelle metalliche, alcune delle quali con raffreddamento attivo. L’intero scudo termico è stato anche rastremato per evitare la formazione degli hot spot (letteralmente “punti caldi”), visibilmente presenti durante IFT-6.
Fonti: SpaceX (1), SpaceX (2), FAA Flight License
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