Sarà un Falcon 9 di SpaceX a lanciare la missione TRACERS
A fine settembre 2023, l’agenzia spaziale statunitense (NASA) ha comunicato di aver assegnato a SpaceX, e in particolare al vettore Falcon 9, il lancio delle sonde gemelle TRACERS, che avranno lo scopo di studiare il vento solare. La partenza, stando a quanto riportato sul sito ufficiale della missione, è prevista non prima di aprile 2025, quando verrà svolta la Launch Readiness Review, ovvero l’insieme di operazioni e verifiche da svolgere poche settimane prima della effettiva data di lancio. Il razzo Falcon 9, di cui non ancora è noto né il numero seriale né se sarà utilizzato in configurazione riutilizzabile o a perdere (expendable), rilascerà il carico in un’orbita polare eliosincrona a 600 km di quota.
La missione TRACERS (acronimo di Tandem Reconnection and Cusp Electrodynamics Reconnaissance Satellites mission) è gestita dall’Università dell’Iowa ed è costituita da due sonde identiche che orbiteranno in tandem, ovvero a poca distanza l’una dall’altra, con lo scopo di studiare come il vento solare, l’insieme di particelle ionizzate emesse dal Sole, interagisce con la magnetosfera, la regione di spazio dominata dal campo magnetico terrestre.
Per l’eliofisica si tratta di un periodo particolarmente prospero, dal momento che recentemente NASA ha selezionato quattro concept study per altrettante piccole missioni, da lanciare nei prossimi anni.
Uno dei fenomeni che verrà indagato è la cosiddetta riconnessione magnetica, che si verifica quando le linee del campo magnetico si rompono e successivamente ricompongono, a causa dell’impatto con particelle altamente energetiche. Nel caso della Terra e del vento solare avviene nella magnetopausa e comporta l’introduzione di particelle cariche e ad alta velocità nell’atmosfera.
Le particelle, principalmente elettroni ma talvolta anche protoni, vengono accelerate durante il passaggio nella cuspide, avendo così sufficiente energia per l’eccitazione delle molecole di gas atmosferico, in caso di impatto. Quando queste molecole tornano allo stato di minima energia, rilasciano quella in eccesso sotto forma di un fotone che, a seconda del tipo di molecola da cui si è originato, possiede una lunghezza d’onda diversa, dando origine ai diversi colori delle aurore. Se da una parte questo fenomeno è sicuramente affascinante, dall’altro può causare problemi all’elettronica dei satelliti oppure a eventuali astronauti in orbita.
Lo studio della riconnessione magnetica verrà affrontato dalle due sonde passando attraverso la cuspide polare. Si tratta di due buchi nella magnetosfera, causati dalla rarefazione delle linee di campo che si immettono verso il centro della Terra. Da qui le particelle sono incanalate in diverse regioni dell’atmosfera, dove si mescolano e collidono con altre di origine terrestre. La posizione della cuspide è fissa sul mezzogiorno locale e, a causa della rotazione terrestre, permette alle particelle in ingresso di incontrare regioni diverse dell’atmosfera. Ed è proprio sfruttando questa rotazione che diversi team di scienziati utilizzano i razzi sonda, dei vettori in grado di lanciare in traiettorie suborbitali dei payload per le più diverse investigazioni scientifiche, per studiare fenomeni astrofisici ma anche validare il funzionamento di strumenti che voleranno in seguito su vere e proprie missioni spaziali. Si tratta infatti di mezzi economici, se confrontati ai vettori orbitali, e che permettono missioni a quote maggiori dei palloni sonda.
Le due cuspidi sono l’unico punto in cui si formano le dayside aurora, una particolare forma delle northern e southern lights, visibili quando non c’è il Sole e prodotte da un processo diverso da quello delle aurore notturne.
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