Francia e Germania potrebbero dire di no al prolungamento della ISS fino al 2024

Francia e Germania sono ancora indecise se continuare o meno il programma della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per altri quattro anni dopo il 2020, data stabilita in origine per la fine della missione. La scelta di continuare con la ISS fino al 2024 è già stata annunciata dagli altri partner internazionali del laboratorio orbitante (Stati Uniti, Giappone, Russia e Canada) nel corso dell’ultimo anno.

La scorsa settimana, in due distinte dichiarazioni rilasciate al sito SpaceNews.com, i numeri uno dell’Agenzia spaziale francese (CNES) e di quelle tedesca (DLR) hanno detto che le due organizzazioni stanno lavorando ad uno studio congiunto per capire i futuri costi operativi della stazione e come gestire l’eventuale aumento di spesa.

In particolare Pascale Ehrenfreund, capo della DLR, ha detto che «in considerazione degli elevati costi e delle conseguenti implicazioni sui bilanci degli Stati membri dell’ESA, dobbiamo valutare attentamente costi e benefici della nostra partecipazione alla ISS. È solo sulla base di questa valutazione che saremo in grado di prendere una posizione definitiva».

La numero uno dell'Agenzia tedesca, Pascale Ehrenfreund; Credits: DLR

La numero uno dell’Agenzia tedesca, Pascale Ehrenfreund; Credits: DLR

Gli ha fatto eco dall’altra parte del Reno il Presidente del CNES Jean-Yves Le Gall, il quale ha detto che la Francia non annuncerà una posizione pro o contro la ISS dopo il 2020 fino a quando non avrà elaborato una strategia comune con la Germania.

In sostanza, prima di decidere, tedeschi e francesi vogliono capire quanto costerà prolungare di quattro anni il programma e, soprattutto, comprendere se il gioco vale la candela dal punto di vista economico e scientifico.

La Germania e la Francia sono rispettivamente il primo e il secondo paese finanziatore dell’ESA: nel 2015 hanno versato nelle casse dell’Agenzia il 46,8% della quota del budget spettante ai paesi membri, pari a circa 1,5 miliardi di euro. Pertanto, per come è strutturata l’Agenzia europea, sono anche i paesi che hanno il maggior peso nello decisioni. C’è inoltre da sottolineare che solo 11 delle 22 nazioni che compongono l’ESA fanno parte della missione ISS (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia e Svizzera), inserita tra quelle facoltative dell’agenzia.

Il Presidente del CNES Jean-Yves Le Gall; Credits: CNES

Il Presidente del CNES Jean-Yves Le Gall; Credits: CNES

Finora l’Europa ha contributo alla stazione con l’equivalente dell’8,2% della spesa totale. Tuttavia, grazie ad un accordo siglato con la NASA nel 1997, gli europei non hanno versato soldi contanti ma ottemperato alla loro parte attraverso la fornitura di diversi moduli orbitanti, con le missioni di rifornimento con il sistema ATV/Ariane5 e grazie alla messa a disposizione delle loro ground station.

Se la vita operativa della stazione dovesse essere allungata di quattro anni, francesi e tedeschi temono che non ci sia tempo per un nuovo accordo e che l’Agenzia europea, la quale ha già ristretto il budget da destinare alla ISS, sia costretta a versare la sua parte in contanti.

Inoltre, come sottolineato da SpaceNews, non bisogna neanche dimenticare le dinamiche politiche intestine all’agenzia europea. «I governi dell’ESA – ha scritto il sito americano – regolarmente giocano una sorta di liar’s poker (letteralmente “poker del bugiardo”, un gioco d’azzardo che combina bluff e ragionamento, ndr) fingendo forza o debolezza per ottenere il sostegno generale per un determinato programma, o per incoraggiare le altre nazioni ad aumentare i loro finanziamenti con la minaccia implicita della cancellazione di un programma».

In sostanza, le dichiarazioni francesi o tedesche potrebbero essere solo una sorta di posizionamento politico in attesa di decidere una strategia unitaria per il futuro, che emergerà dalla prossima ministeriale dell’ESA, attesa per dicembre prossimo a Lucerna, in Svizzera.

(Foto: NASA)

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