Completata la seconda EVA dell’Expedition 42
Mercoledì 25 febbraio 2015 gli astronauti Barry Wilmore e Terry Virts hanno completato con successo la seconda delle tre “passeggiate spaziali” previste per la Expedition 42 e deputate principalmente a preparare la ISS (International Space Station) per l’arrivo delle nuove navicelle americane per equipaggi e per l’aggiunta ed il riposizionamento di due moduli. Rimanendo all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale per 6 ore e 43 minuti i due astronauti hanno completato tutti gli obiettivi previsti.
Come nella EVA (Extra Vehicular Activity) precedente, Wilmore ha indossato la tuta contraddistinta da bande rosse mentre Virts quella tutta bianca.
Dopo aver depressurizzato la parte anteriore del modulo Quest, la passeggiata è ufficialmente iniziata alle 11:51 GMT (le 12:51 in Italia) e cioè nel momento in cui i due astronauti hanno attivato le batterie interne delle loro tute. Barry Wilmore ha aperto il portello esterno ed è uscito per primo, seguito da Virts.
Entrambi si sono subito diretti verso il PMA-2 (Pressurized Mating Adapter 2), il portello di attracco utilizzato dalle navette spaziali (Space Shuttle) durante la costruzione della ISS. Qui hanno rimosso la copertura protettiva che ricopriva il meccanismo di aggancio. Questa copertura fu installata durante una EVA nel 2012 da Sunita Williams e Akihiko Hoshide ed aveva lo scopo di proteggere il meccanismo in quanto con il pensionamento degli Space Shuttle nessun veicolo vi avrebbe più attraccato per molto tempo.
Dopo aver riposto la copertura in un’apposita sacca che hanno portato con loro uscendo da Quest, i due astronauti sono passati al compito successivo, e cioè posare gli ultimi due cavi per assicurare la connessione dati ed elettrica all’adattatore di attracco internazionale IDA (International Docking Adapter) che verrà montato davanti all’attuale portello di attracco e che permetterà l’aggancio dei nuovi veicoli. Nella precedente EVA il duo ne aveva posati altri otto, e grazie a questi cavi i veicoli attraccati potranno al bisogno anche attingere energia dalla Stazione Spaziale, come accadeva con le navette spaziali.
Mentre Virts completava la connessione dei cavi sul PMA-2, Wilmore è rientrato all’interno di Quest riponendo la sacca contenente la copertura precedentemente rimossa e ne è uscito portando con sé altre due sacche vuote. Una di queste l’ha agganciata all’esterno di Quest per il collega Virts e l’altra l’ha portata con sé fino al modulo Curiosity (Nodo 3). Nel tragitto ha prelevato un attrezzo da una apposita cassetta fissata alla sezione Z1 della ISS, giusto sopra Unity (Nodo 1).
Una volta completato il suo lavoro sul PMA-2, Virts è rientrato in Quest riponendo la sacca che conteneva i cavi e uscendo portando fuori uno strumento che sarebbe servito per la lubrificazione di uno dei dispositivi di presa del braccio robotizzato (Canadarm 2), nonché prelevando la sacca vuota lasciatagli all’esterno da Wilmore. Mentre era all’interno di Quest, Terry Virts è rimasto per qualche minuto impigliato nei cavi di sicurezza utilizzati per spostarsi da un punto all’altro della ISS, e c’è voluto l’aiuto visivo della nostra Samantha Cristoforetti per “sgarbugliare” la situazione.
Nel frattempo Wilmore ha iniziato il suo lavoro all’esterno del Nodo 3 rimuovendo un piccolo apparato di sfiato NPV (Non-Propulsive Vent) che avrebbe interferito con la futura installazione del modulo PMM Leonardo (Permanent Multipurpose Module), che attualmente è agganciato sotto il Nodo 1. L’NPV è stato riposto in una sacca e Wilmore ha applicato una placca protettiva sopra la zona dove era fissato in quanto verrà poi rimesso al suo posto una volta agganciato il PMM. Sempre a causa dell’intralcio nell’installazione di Leonardo, Wilmore ha rimosso e riposto nella sacca anche uno dei corrimano fissati all’esterno di Curiosity.
Il lavoro successivo ha riguardato la preparazione dei due boccaporti sui quali verranno agganciati PMM ed il modulo gonfiabile BEAM (Bigelow Expandable Activity Module) fornito dall’azienda privata Bigelow Aerospace e che sarà lanciato nel corso dell’anno. Questi due boccaporti non sono mai stati utilizzati e presentavano ancora al loro posto i fermi di sicurezza atti a sostenere le sollecitazioni dovute al lancio. Il Nodo 3 fu portato in orbita nel febbraio 2010 dalla navetta Endeavour per la missione STS-130, del quale equipaggio faceva tra l’altro parte Terry Virts.
Wilmore ha rimosso per primi gli otto blocchi presenti sul boccaporto posto alla destra di Curiosity (dove verrà agganciato Leonardo) rimuovendo pure la copertura protettiva della finestrella presente al centro del boccaporto. Poi ha ripetuto le stesse operazioni sul boccaporto di sinistra, dove verrà installato BEAM. Con la rimozione delle due protezioni, il Nodo 3 ha ora due piccole finestrelle in più dalle quali gli astronauti potranno osservare l’esterno. Subito dopo la rimozione dei blocchi, da Terra è stato inviato un comando per aprire e chiudere i quattro petali di ogni boccaporto confermando il loro corretto funzionamento.
Completato il lavoro, Wilmore è tornato verso Quest e nel tragitto ha rimesso al suo posto l’attrezzo precedentemente prelevato dalla cassetta su Z1. Ha inoltre portato all’interno di Quest una sacca (Avionics Bag) fissata all’esterno di Unity.
Nel frattempo Terry Virts ha iniziato il suo lavoro con l’apparato di presa del Canadarm 2, chiamato LEE (Latching End Effector). Per effettuare il lavoro si è posizionato su una delle piattaforme esterne della ISS, chiamata ESP-2 (External Stowage Platform 2), dove ha potuto assicurare i piedi ad una apposita struttura in modo da poter operare con entrambe le mani libere. Questo lavoro di lubrificazione presentava delle difficoltà in quanto non era fra le procedure di manutenzione previste in orbita. Si è però reso necessario in quanto si è notato un aumento nella corrente assorbita dai motori presenti all’interno di LEE.
Una volta pronto, Samantha Cristoforetti gli ha avvicinato il braccio robotizzato comandandolo dall’interno di Cupola, e Virts ha iniziato a lubrificare le varie parti interne di LEE, con Cristoforetti che ruotava il dispositivo e azionava i lacci interni di presa per permettere al collega di raggiungere ogni punto. Dal momento che Virts ha terminato il lavoro in anticipo rispetto al previsto, sono state lubrificate anche alcune parti aggiuntive.
Mentre Terry Virts era impegnato nel suo compito con il Canadarm 2, Barry Wilmore stava lavorando nel posizionare 18 fascette sui segmenti S0 e P1 del gigantesco traliccio della ISS. Questo compito avrebbe dovuto far parte della terza EVA ma dal momento che c’era tempo lo si è effettuato in questa, risparmiando un’ora di lavoro a testa per la prossima uscita. Nel posizionare le fascette, Wilmore è stato assistito dal collega astronauta Joe Acaba presente al centro di controllo missione che gli ha ricordato l’esatta posizione di ognuna. Le fascette serviranno a fissare una serie di cavi che Wilmore e Virts poseranno su entrambi i lati del traliccio durante la prossima EVA i quali assicureranno la connessione con le antenne per la comunicazione con i nuovi veicoli in fase di avvicinamento.
Terminato il proprio lavoro, Wilmore è tornato presso Quest per aspettare il collega. Finito a suo volta il proprio compito, Terry Virts ha scattato alcune foto al dispositivo di presa appena manutenuto e poi, dopo che Samantha Cristoforetti ha riallontanato il braccio robotizzato, ha sganciato i piedi dal sistema di ritenuta e si è diretto verso Quest. Virts è stato il primo a rientrare, mentre Wilmore ha chiuso il portello dietro di sé.
La ripressurizzazione è iniziata alle 18:34 GMT (le 19:34 in Italia) sancendo ufficialmente la fine della EVA durata quindi 6 ore e 43 minuti. Si è trattato della 184a uscita extra-veicolare dedicata all’assemblaggio/manutenzione della ISS, la terza per Wilmore e la seconda per Virts.
Terminata la ripressurizzazione, Virts ha notato dell’acqua attorno ai propri occhi ed ha constatato che la spugna presente all’interno del suo casco era bagnata. Si tratta di una spugna introdotta dopo l’incidente occorso al nostro Luca Parmitano nel luglio 2013 quando una cospicua presenza d’acqua nel casco mise in pericolo la sua stessa vita, e che ha il compito di assorbire l’eventuale acqua permettendo all’astronauta di avere più tempo per rientrare. Samantha Cristoforetti, una volta aperto il portello interno, ha subito tolto il casco al collega notando che l’acqua presente era piuttosto fredda. Virts ha inoltre riferito che l’acqua aveva un sapore chimico escludendo quindi che potesse provenire dal serbatoio che serve a dissetare l’astronauta durante l’uscita. Da Terra è stato ordinato di prelevare l’acqua con una siringa in modo da poterne misurare la quantità, che poi si è stabilita in 15 ml più quella assorbita nella spugna e nella cuffia di Virts.
Questa stessa tuta indossata da Virts, la EMU 3005, ha subito un problema simile al termine di una EVA nel dicembre 2013. Si ipotizza che il problema risieda nel sublimatore (un componente del sistema di rafreddamento), che venendo spento nel momento in cui inizia la ripressurizzazione di Quest può dar vita a della condensa e quindi ad una piccola quantità d’acqua che finisce nel casco. Questo scagionerebbe il FPS (Fan-Pump Separator), l’apparato che ha causato la ben più grave fuoriuscita di acqua nel casco del nostro Parmitano.
Si procederà quindi normalmente con la terza EVA, prevista domenica 1 marzo, a meno che durante i preparativi per l’uscita non si noti una significativa presenza d’acqua, nel qual caso sarebbe senza dubbio da imputarsi al FPS e quindi l’uscita verrebbe cancellata.
Fonte: Spaceflight101
Animazione computerizzata della EVA.
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