Italiani nello spazio: una breve storia del primo mezzo secolo
Pochi giorni fa l’Italia ha festeggiato i suoi primi 50 anni nello spazio. Era infatti il 15 dicembre del 1964 quando dalla base delle Wallops Island in Virgina, nella costa orientale degli Stati Uniti, veniva lanciato il San Marco-1, primo satellite italiano. La ricorrenza cade durante un altro evento storico per l’Italia, la missione di Samantha Cristoforetti sulla stazione spaziale internazionale. Vogliamo quindi festeggiare ulteriormente questo fantastico traguardo ripubblicando, con i dovuti aggiornamenti, un articolo apparso su AstronautiNEWS più di un anno e mezzo fa, all’alba della missione di Luca Parmitano.
Aggiornamenti, dicevamo: infatti in questi 19 mesi l’Italia ha avuto ben due missioni di lunga durata sulla ISS con traguardi storici importanti. Ripercorriamo quindi brevemente le tappe che hanno portato il nostro paese ad essere uno dei protagonisti del volo spaziale umano.
L’Italia nello spazio
Il programma spaziale italiano nasce grazie all’opera di Luigi Broglio che, all’inizio degli anni ’60 riuscì a coinvolgere il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Aeronautica Militare Italiana. Nel 1962 vede la luce con la collaborazione della NASA il Progetto San Marco, che culminerà il 15 dicembre 1964 con la messa in orbita del satellite San Marco 1 dalla base di Wallops Island grazie ad un missile Scout. L’Italia diventa quindi il quinto paese a mettere in orbita un satellite, dopo URSS, USA, Gran Bretagna e Canada, anche se questi ultimi due beneficiarono di notevole apporto di tecnologia americana nei loro satelliti lanciati nel 1962 (Ariel e Alouette). Il primo paese a lanciare un satellite in orbita con hardware interamente prodotto in proprio, oltre a USA e URSS, sarà poi la Francia nel 1965. Il programma San Marco proseguirà poi fino al 1980, con il lancio di diversi satelliti dalla nuova base costruita sulla piattaforma San Marco a largo delle coste del Kenya (la base è oggi ribattezzata in onore del Prof. Luigi Broglio).
Nei primi anni dell’era spaziale, l’accesso allo spazio da parte di astronauti è un duopolio tra USA e URSS. Le cose cambiano negli anni ’70 quando l’Unione Sovietica lancerà il programma Interkosmos, che permetterà a diversi astronauti europei (sopratutto del blocco dell’est, ma anche la Francia parteciperà) di volare su una Sojuz e, spesso, lavorare per qualche giorno sulle stazioni spaziali Salyut. Anche il programma Space Shuttle della NASA promette numerose opportunità per astronauti stranieri e i principali paesi industrializzati cominciano a prepararsi per selezionare payload specialists da far volare grazie alla NASA sullo shuttle per eseguire esperimenti scientifici.
Nel 1975 nasce inoltre l’Agenzia Spaziale Europea, di cui l’Italia è uno dei paesi fondatori. Tra i primi progetti di cui si occuperà ESA ci sarà SpaceLab, il modulo laboratorio progettato per essere utilizzato sullo shuttle. Il progetto SpaceLab permetterà all’ESA di avere diverse occasioni di volo durante le missioni dello spazioplano americano che andranno a integrare gli accordi che le singole agenzie spaziali cominciano a fare con la NASA per far volare i propri astronauti. In previsione dell’inizio dei voli dello shuttle, l’ESA effettuerà la prima selezione di astronauti nel 1978. Dopo una prima pre-selezione effettuata dagli stati membri, verranno scelti quattro astronauti, tra cui l’italiano Franco Malerba. Per motivi medici, però, Malerba verrà inizialmente trasferito all’ESTEC, il centro tecnologico dell’ESA a lavorare come ingegnere allo sviluppo di esperimenti per lo SpaceLab. I tempi sono comunque maturi per il primo assaggio dello spazio da parte di un astronauta italiano.
Il satellite al guinzaglio
Nel 1988 nasce l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Tra le prime attività della neonata agenzia spaziale ci sarà la selezione di alcuni astronauti in previsione di futuri accordi con ESA e NASA, come già stavano facendo altri stati europei, principalmente Francia e Germania. Il primo progetto che ASI svilupperà con NASA riguarda il Tethered Satellite System (TSS), conosciuto dal grande pubblico in Italia come il “satellite al guinzaglio”. Il progetto nasce da un’idea di Giuseppe Colombo e Mario Grossi negli anni ’70 e lo scopo ultimo del sistema è quello di generare energia elettrica tramite un satellite posto all’estremità di un lungo cavo conduttore che si muove nel campo magnetico terrestre.
I candidati astronauti selezionati da ASI e NASA per la missione saranno, tra numerose polemiche, il già citato Franco Malerba, e Franco Rossitto come riserva. Nei mesi successivi Rossitto accetta l’incarico di responsabile del gruppo astronauti dell’ESA e verrà sostituito da Umberto Guidoni. I due cominceranno l’addestramento a Houston nel 1990 per la missione STS-46.
Lo shuttle Atlantis decollerà per la missione STS-46 dal Kennedy Space Center il 31 luglio 1992, portando in orbita Franco Malerba, il primo astronauta italiano. Malerba spenderà quasi 8 giorni in orbita insieme ai suoi 6 compagni di viaggio, 5 astronauti NASA e un astronauta svizzero dell’ESA. L’esperimento TSS-1 verrà dispiegato con un giorno di ritardo sulla tabella di marcia, a causa di alcuni problemi all’altro payload europeo, e purtroppo non sarà possibile raggiungere la lunghezza del cavo prevista di 20 km a causa di un guasto al sistema di dispiegamento che limiterà la lunghezza a soli 260 m. Solo alcune misure ed esperimenti sono possibili e alla fine la missione viene dichiarata un successo parziale.
L’ASI continua comunque a collaborare con NASA e proporrà subito una nuova missione per completare gli esperimenti su TSS. Nel frattempo, grazie sia allo SpaceLab e ad altri esperimenti sullo shuttle, sia al progetto di un piccolo spazioplano tutto europeo, Hermes, si moltiplicano, almeno nei piani, le possibilità di volo per gli astronauti europei e l’ESA decide di bandire una seconda selezione. Anche questa selezione viene preceduta da una pre-selezione a livello nazionale e, nel 1992, verranno annunciati i 6 nuovi astronauti europei, tra cui il nostro Maurizio Cheli.
Il secondo volo del TSS (TSS-1R) avviene durante la missione STS-75 dello shuttle Columbia, lanciata il 22 febbraio 1996. A bordo ci sono ben due italiani: Umberto Guidoni, che si occupa della missione TSS-1R per conto di ASI, e Maurizio Cheli che, insieme allo svizzero Claude Nicollier, si occupa di vari esperimenti per conto di ESA. La missione dura 15 giorni e stavolta il cavo di TSS-1R raggiunge la distanza di 19,7 km prima di spezzarsi. Nonostante la conclusione improvvisa, quasi tutti gli obiettivi vengono raggiunti.
Il primo europeo sulla ISS
Negli anni ’90 i progetti spaziali europei subiscono una piccola battuta di arresto ed il progetto Hermes viene cancellato prima di cominciare lo sviluppo vero e proprio. Per fortuna arriverà la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) a riaccendere le speranze per gli astronauti europei. Ai progetti per il volo spaziale abitato degli anni ’90 dell’ESA riesce infatti a sopravvivere Columbus, un laboratorio orbitante interamente europeo. Con la dissoluzione dell’URSS e il conseguente avvio del progetto della ISS, Columbus viene integrato nel programma internazionale e, insieme alla navetta cargo ATV, rappresenterà il principale contributo di ESA alla stazione spaziale internazionale, aprendo nuove possibilità per gli astronauti europei.
L’Italia e l’ASI rimangono protagonisti del volo spaziale abitato. Sarà infatti un’industria italiana (Alcatel Alenia Spazio, poi diventata Thales Alenia Space) ad occuparsi della costruzione della struttura, del sistema di protezione dai micrometeoriti, del sistema di controllo termico ed ambientale di Columbus prima, e di numerosi altri elementi della ISS poi: il nodo 2 Harmony, il nodo 3 Tranquillity, Cupola e la stessa parte pressurizzata di ATV.
Umberto Guidoni entra nel modulo Zarja sulla ISS durante STS-100. Credit: NASAL’ASI stessa riesce a strappare un accordo direttamente con NASA per la costruzione dei Multi-Purpose Logistics Modules (MPLM) Leonardo, Raffaello e Donatello, di cui si occuperà sempre Alenia. I moduli verranno utilizzati per il trasporto da e per la ISS di rifornimenti all’interno della stiva dello shuttle. Al ritiro dello spazioplano americano, inoltre, Leonardo verrà convertito in Permanent Multipurpose Module e integrato nella ISS come modulo aggiuntivo.
Non sorprende, quindi, che il primo astronauta europeo sulla ISS sia proprio un italiano: Umberto Guidoni, al suo secondo volo, arriverà sulla stazione spaziale internazionale il 21 aprile 2001, dopo il lancio avvenuto due giorni prima dello shuttle Endeavour per la missione STS-100. Guidoni e gli altri sei membri dell’equipaggio (4 americani, 1 russo e 1 canadese) si uniranno per 8 giorni ai 3 astronauti dell’Expedition 2 sulla ISS per continuare la costruzione dell’avamposto orbitale. In particolare verrà attivato il braccio robotico della ISS, il Canadarm 2, e verrà utilizzato per la prima volta il modulo logistico Raffaello.
Marco Polo ed Eneide: un italiano sulla Sojuz
I numerosi voli di astronauti europei negli anni ’90, derivanti da accordi sia di ESA che dei singoli stati membri con NASA e l’agenzia spaziale russa (Roscosmos), convinceranno l’agenzia spaziale europea a centralizzare sia la selezione di astronauti che ad aprire un proprio centro di addestramento. Nel 1998 ESA istituisce ufficialmente l’European Astronaut Corps (EAC), con sede a Colonia, e vi trasferisce tutti gli astronauti dei vari stati membri (i francesi del CNRS, i tedeschi del DLR, gli italiani dell’ASI e gli altri astronauti europei selezionati sia direttamente da ESA che dagli stati più piccoli). Con il ritiro dall’attività spaziale di Malerba e di Cheli, sarà Guidoni il solo italiano a entrare inizialmente nell’EAC. Per integrare gli astronauti che nel frattempo avevano lasciato il servizio attivo, ESA bandisce anche una terza selezione, la prima gestita in maniera centralizzata, in cui verranno annunciati alla fine del 1998 3 nuovi astronauti europei. Grazie al contributo italiano alle attività astronautiche abitate, ben due di questi tre nuovi astronauti saranno italiani: Paolo Nespoli e Roberto Vittori.
Come accennato brevemente sopra, la caduta dell’Unione Sovietica e la conseguente crisi economica russa negli anni ’90 aprirà nuove possibilità per le agenzie spaziali europee. Roscosmos comincerà infatti ad offrire possibilità di volo a pagamento sulla Sojuz per compiere esperimenti sulla stazione spaziale Mir. Le possibilità continueranno per qualche anno anche sulla ISS, grazie ai cosiddetti voli “taxi” della Sojuz: poiché lo shuttle non può rimanere attraccato alla ISS per più di un paio di settimane, la capsula russa è l’unica che può essere utilizzata come “scialuppa di salvataggio” per l’equipaggio della ISS; anche la Sojuz ha comunque un limite di circa 6 mesi di permanenza in orbita e quindi si poneva il problema di sostituire le capsule ogni sei mesi per permettere agli astronauti (che inizialmente venivano spesso portati sulla ISS dallo shuttle) di avere sempre una Sojuz “fresca” a disposizione. Le Sojuz “taxi” risolvono proprio questo problema: un equipaggio arriva sulla stazione spaziale con una nuova Sojuz e torna a terra dopo qualche giorno con la vecchia capsula. Poiché è necessario che solo il comandante sia russo, Roscosmos riesce quindi a subappaltare gli altri due sedili sulla Sojuz spesso ad astronauti europei e a turisti spaziali.
ASI sfrutterà anche queste possibilità stringendo insieme ad ESA nuovi accordi con l’agenzia spaziale russa. E così il 25 aprile 2002 partirà la missione congiunta ESA-ASI Marco Polo con il lancio dal cosmodromo di Bajkonur, in Kazakistan, della Sojuz TM-34 con a bordo l’italiano Roberto Vittori insieme al comandante russo Yuri Gidzenko e al turista spaziale sudafricano Mark Shuttleworth. Dopo dieci giorni passati sulla ISS a compiere vari esperimenti, Vittori tornerà a terra insieme ai suoi compagni sulla Sojuz TM-33, attraccata sei mesi prima sulla ISS.
L’operazione si ripeterà qualche anno dopo: con lo shuttle bloccato a terra dopo il tragico incidente del Columbia, gli equipaggi della ISS si riducono a due soli membri e le rotazioni avvengono solo con la Sojuz. Circa ogni sei mesi una Sojuz arriva sulla ISS con tre astronauti a bordo; due di loro danno il cambio all’equipaggio della ISS, mentre il terzo rientra con l’Expedition precedente sulla vecchia Sojuz dopo qualche giorno. Sarà nuovamente Vittori a partire insieme ai membri dell’Expedition 11 sulla Sojuz TMA-6 il 15 aprile 2005, arrivando sulla ISS due giorni dopo. L’italiano passerà anche stavolta 10 giorni sulla ISS a compiere gli esperimenti della missione ESA Eneide sponsorizzata da Ministero della Difesa e Regione Lazio e supportata da Finmeccanica e Camera di Commercio di Roma, tornando a terra sulla Sojuz TMA-5 insieme all’Expedition 10.
La missione Esperia e la casa europea in orbita
Per fortuna i voli dello shuttle riprenderanno nel 2005, poco dopo la missione di Vittori, e con essi la costruzione della Stazione Spaziale Internazionale. La missione STS-120 dello shuttle Discovery parte dal Kennedy Space Center il 23 ottobre 2007. A bordo c’è Paolo Nespoli con altri 5 astronauti NASA che collaboreranno all’opera di costruzione della stazione e un altro astronauta americano che darà il cambio ad un membro dell’Expedition 16. Nella stiva di Discovery c’è il nodo 2, Harmony, come già detto costruito in Italia, che segnerà un’importante evoluzione della ISS: sarà proprio ad Harmony che verranno in futuro agganciati i moduli laboratorio Kibo (dell’agenzia spaziale giapponese, JAXA) e Columbus.
Paolo Nespoli sarà il protagonista della missione Esperia, sponsorizzata da ESA ed ASI. Durante i 15 giorni passati in orbita, Nespoli fa da astronauta di supporto agli spacewalkers durante le attività extraveicolari che serviranno ad installare il modulo Harmony, oltre a compiere una serie di esperimenti per conto delle agenzie spaziali europea ed italiana. Le attività extraveicolari (EVA) durante la missione STS-120 saranno anche più numerose del previsto, in quanto ci sarà da riparare un pannello solare danneggiato.
STS-120 rappresenta il punto di svolta per l’ESA. Grazie all’istallazione di Harmony, infatti, la successiva missione dello shuttle Atlantis, STS-122, porterà finalmente sulla ISS il modulo Columbus durante la missione ESA Alissè, aprendo la porta anche agli astronauti europei alle missioni di lunga durata sulla Stazione Spaziale. Fino a quel momento, infatti, l’unico astronauta ESA ad aver avuto la possibilità di una missione di lunga durata era stato il tedesco Thomas Reiter durante la missione Astrolab come membro delle Expedition 13 e 14, nel 2006. Già STS-122 darà un primo assaggio di ulteriori missioni di lunga durata al francese Léopold Eyharts, che farà parte dell’Expedition 16 per circa 1 mese e mezzo, ritornando con la missione STS-123 sullo shuttle Endeavour. Nel 2009 sarà poi il turno del belga Frank De Winne (missione OasISS) che per sei mesi farà parte delle Expedition 20 e 21; De Winne è anche il primo astronauta europeo ad assumere il comando della ISS durante l’Expedition 21. Sono ormai maturi i tempi per un astronauta italiano in una missione di lunga durata.
Sei mesi in orbita e la piccola invasione italiana della ISS
L’occasione arriva finalmente con la missione MagISStra. Il 15 dicembre 2010 parte dal Kazakistan la Sojuz TMA-22 con a bordo Paolo Nespoli, al suo secondo volo, il primo sulla capsula russa. Due giorni dopo la capsula attracca sulla Stazione Spaziale Internazionale, dando il via a cinque mesi e mezzo emozionanti in cui Paolo Nespoli ci ha reso partecipe della sua missione come mai aveva fatto un astronauta italiano prima, documentando ogni momento della sua partecipazione alle attività delle Expedition 26 e 27. Al momento del rientro a terra con la sua Sojuz TMA-22, a Paolo tocca un altro compito storico: saranno sue, infatti, le foto ed i video che riprenderanno per la prima, ed unica, volta la stazione spaziale internazionale con uno shuttle attraccato durante una delle sue ultime missioni.
Lo shuttle attraccato alla ISS durante il rientro della Sojuz TMA-22 è Endeavour alla sua missione STS-134. La missione era stata inizialmente programmata come la missione finale dello space shuttle, e per questo motivo la NASA aveva concesso una deroga alla regola che nessun veicolo potesse arrivare o lasciare la ISS mentre uno shuttle è attraccato in maniera tale da poter avere le storiche foto. Per noi, comunque, STS-134 rimane importante anche per un altro motivo: a bordo c’è infatti l’altro astronauta italiano, Roberto Vittori, al suo terzo volo nello spazio, il primo su uno shuttle. Vittori si sta occupando, in particolare, della missione DAMA (DArk MAtter), sponsorizzata dall’Agenzia Spaziale Italiana. Nei quasi 16 giorni di durata della missione, dal 16 maggio al 1 giugno 2011, Vittori, oltre a partecipare al momento storico in cui due astronauti italiani si sono incontrati sulla ISS, ha condotto vari esperimenti ed ha accompagnato il payload principale di STS-134 ed uno degli strumenti scientifici più importanti al momento sulla ISS, cioè l’Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02).
Gli Shenanigans e il futuro
Grazie agli accordi bilaterali tra ASI e NASA, con la fornitura degli MPLM, e al contributo dell’Italia all’Agenzia Spaziale Europea (il nostro paese è il terzo contributore al budget ESA ed il secondo per le attività della ISS), il futuro si prospetta roseo per gli astronauti italiani. Ed infatti, durante la quarta selezione ESA, saranno ancora una volta due su sei i nuovi astronauti italiani: Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti. La classe ESA del 2009 inaugurerà una nuova stagione di partecipazione del pubblico alle loro attività di addestramento da astronauti, e verranno scherzosamente soprannominati The Shenanigans (approssimativamente traducibile come i “guai”, o i “birboni”).
Sarà proprio un italiano, Luca Parmitano, il primo delle sei nuove reclute a volare sulla ISS. La sua missione, battezzata Volare, comincia il 28 maggio 2013 sulla Sojuz TMA-09M per partecipare alle attività delle Expedition 36 e 37. Anche Luca ci terrà ancorati ad internet, soprattutto su Twitter, condividendo con noi la sua straordinaria avventura. Sarà un’altra missione storica per l’Italia, visto che il 9 luglio 2013 Luca sarà il primo italiano a lavorare all’esterno della stazione spaziale, per una prima attività extraveicolare (EVA) durata 6 ore e 7 minuti. L’astronauta italiano tornerà poi all’esterno della stazione qualche giorno dopo, il 16, quando dovrà interrompere l’EVA dopo poco più di un’ora a causa di una perdita di liquido refrigerante all’interno della tuta, che avrebbe potuto mettere in pericolo di vita il nostro astronauta. La calma e la professionalità dimostrata da Luca, insieme al prezioso supporto del personale a terra e degli altri astronauti a bordo della ISS, hanno permesso di portare a termine l’operazione senza conseguenze per nessuno.
Ma non è finita qui. Anche a Samantha Cristoforetti è stata nel frattempo assegnata una nuova missione di lunga durata, diventando la terza Shenanigan ad andare nello spazio, subito dopo la missione del tedesco Alexander Gerst. Samantha diventa quindi la prima donna italiana nello spazio, quandoil 23 novembre 2014 parte sulla Sojuz TMA-15M per partecipare alle Expedition 42 e 43. Se possibile, Samantha riesce a coinvolgerci ancora più dei suoi predecessori. Fin dal suo addestramento negli anni precedenti alla missione tiene infatti un fantastico diario personale che pubblica, in inglese, sul suo profilo di Google+ e viene tradotto regolarmente in italiano sulle pagine di AstronautiNEWS.
In ambito spaziale il futuro è sempre incerto. Con il rinnovato supporto alle attività della ISS per circa un altro decennio, ed il continuo supporto dell’Italia alle attività dell’ESA, possiamo ragionevolmente prevedere che gli astronauti italiani continueranno ad essere tra i protagonisti dello spazio. Con i recenti accordi tra ESA e NASA riguardanti lo sviluppo del modulo di servizio di Orion, chissà, forse possiamo anche sognare di vedere un giorno un astronauta italiano andare oltre l’orbita terrestre.
Fonti: ASI; ESA; B. Harvey, “Europe’s Space Programme”, Springer/Praxis, 2003; G. Caprara, “Storia italiana dello spazio”, Bompiani, 2012.
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