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Anniversario ISS: tra Expedition 1 e record

L'equipaggio della Expedition 2, da sinistra a destra: James Voss, Jurij Usačëv, Susan Helms. Credit: NASA Johnson (Flickr)

Come accennato nel precedente articolo, dopo il primo collegamento video dal modulo Zvezda, il comandante William Shepherd e gli ingegneri di volo Sergej Krikalëv e Jurij Gidzenko trascorsero i primi giorni della loro missione sulla Stazione Spaziale Internazionale ad attivare i vari sistemi del supporto vitale e a prepararsi all’arrivo delle missioni di supporto. All’epoca erano abitabili solamente i moduli Zarja e Zvezda, poiché l’energia elettrica generata dai pannelli fotovoltaici non era sufficiente per climatizzare anche il modulo Unity, che di conseguenza è rimasto chiuso.

Il 18 novembre l’equipaggio accolse la navicella Progress M1-4, partita 50 ore prima dal Cosmodromo di Bajkonur, che consegnò circa 2.200 kg tra viveri, carburante (per i razzi di controllo d’assetto) e beni di prima necessità. Tuttavia durante l’avvicinamento si verificò un malfunzionamento del sistema di attracco automatico Kurs della Progress, che obbligò Jurij Gidzenko a prendere il controllo manuale con l’interfaccia d’emergenza TORU.

Configurazione della ISS prima dell’attracco della Progress M1-4. Immagine realizzata da Raffaele Di Palma (ISAA/AstronautiNEWS) con il software NASA/JSC DOUG

Nel frattempo al Kennedy Space Center fervevano i preparativi per la missione STS-97 dello Space Shuttle Endeavour, dedicata all’assemblaggio della prima coppia di pannelli fotovoltaici e del segmento P6 della Struttura a traliccio. La navetta partì regolarmente dalla rampa di lancio 39B, e la sera del 2 dicembre italiano l’Endeavour si agganciò al PMA-3 (Pressurized Mating Adapter-3), situato nel portello di Nadir (quello rivolto verso la Terra) di Unity. Una volta verificato che non ci fossero perdite tra lo Shuttle e il vestibolo del PMA-3, gli astronauti Carlos Noriega e Joseph Tanner aprirono il portello della navetta e lasciarono in questa zona alcuni oggetti (tra i quali un computer portatile, un hard disk e attrezzature varie) che l’equipaggio della Expedition 1 avrebbe recuperato il giorno seguente.

In previsione della prima di 3 EVA pianificate, lo specialista di missione canadese Marc Garneau estrasse con il braccio robotico Canadarm 1 il segmento P6 dalla stiva dell’Endeavour, esponendolo completamente all’ambiente spaziale in modo da raggiungere l’equilibrio termico. Il giorno seguente (il 3 dicembre) gli astronauti Carlos Noriega e Joseph Tanner uscirono per la prima passeggiata spaziale della missione STS-97, e coadiuvati da Marc Garneau (ai comandi del Canadarm 1) imbullonarono, fissarono e cablarono i pannelli fotovoltaici al segmento Z1. Nelle successive due uscite, oltre a terminare il lavoro iniziato nelle EVA precedenti, vennero installate alcune telecamere esterne e preparato il modulo Unity per la connessione col modulo Destiny (il laboratorio statunitense). Si ponevano le basi dell’espansione del segmento statunitense.

Gli equipaggi dello Space Shuttle e della Stazione Spaziale si poterono riunire solamente l’8 dicembre, a conclusione degli obiettivi primari della missione STS-97. Dopo una breve cerimonia di benvenuto, i sei astronauti e due cosmonauti a bordo della ISS svolsero alcune prove strutturali per convalidare le simulazioni effettuate al computer, e verificarono che le telecamere appena montate funzionassero correttamente. Il 9 dicembre alle 20:13 italiane l’Endeavour si sganciò dal PMA-3 e si preparò al viaggio di rientro.

La Stazione Spaziale Internazionale fotografata dallo Space Shuttle Endeavour poco dopo essersi sganciato. Credit: NASA Johnson (Flickr)

Per l’equipaggio della Expedition 1 le successive settimane trascorsero regolarmente, dedicandosi alla manutenzione dei sistemi, alla conduzione dei pochi esperimenti scientifici a bordo e allo studio delle procedure per l’installazione di Destiny, il prossimo elemento che sarebbe stato agganciato al lato USOS della Stazione. Con qualche settimana di ritardo sul programma iniziale lo Space Shuttle Atlantis (missione STS-98) raggiunse la ISS il 9 febbraio, portando nella stiva il grande modulo laboratorio. Per installarlo furono necessarie 3 EVA, tutte condotte dagli astronauti NASA Thomas Jones e Robert Curbeam, e il riposizionamento del PMA-2 in precedenza connesso al portello anteriore di Unity.

Configurazione della ISS dopo l’installazione di Destiny. Immagine realizzata da Raffaele Di Palma (ISAA/AstronautiNEWS) con il software NASA/JSC DOUG

Con la partenza dell’Atlantis, l’Expedition 1 entrò nella fase conclusiva della missione. Dopo meno di un mese, infatti, William Shepherd, Sergej Krikalëv e Jurij Gidzenko avrebbero ceduto il testimone all’equipaggio della Expedition 2, composto dal comandante russo Jurij Usačëv e dagli ingegneri di volo James VossSusan Helms. Essi raggiunsero la Stazione Spaziale Internazionale il 10 marzo 2001 a bordo dello Space Shuttle Discovery (missione STS-102), che portò in orbita anche il modulo logistico Leonardo, prodotto dall’Agenzia Spaziale Italiana e dall’azienda italo-francese Thales Alenia Space, progettato per trasportare facilmente grandi quantità di merci e attrezzature nella stiva dello Shuttle.

Schema riepilogativo dei giorni con un determinato numero di veicoli attraccati. I dati tengono conto anche moduli provvisori Leonardo e Raffaello. Credit: Paolo Baldo (ISAA/AstronautiNEWS)

L’arrivo del Discovery stabilì un nuovo primato per la giovane storia della Stazione Spaziale Internazionale, allora nota ancora col nome Alpha: mai prima di allora c’erano state a bordo 10 persone contemporaneamente. Ma non è l’unico record registrato in quel periodo: l’11 marzo, complice qualche imprevisto, James Voss e Susan Helms restarono nel vuoto dello spazio per 8 ore e 56 minuti. Si trattò della passeggiata spaziale più lunga di sempre, un record che perdura ancora oggi.

Giorni trascorsi sulla Stazione Spaziale Internazionale per numero di membri dell’equipaggio. Credit: Paolo Baldo (ISAA/AstronautiNEWS)

Portata a termine con successo il 13 marzo anche la seconda EVA pianificata, gli equipaggi poterono trascorrere qualche giorno insieme sulla Stazione. Fu un’occasione utile sia per affidare le responsabilità dell’avamposto all’Expedition 2, sia per dare modo a William Shepherd, Sergej Krikalëv e Jurij Gidzenko di fare molta attività fisica in previsione del ritorno sulla Terra, e alla piena forza di gravità, dopo oltre 4 mesi in orbita. Stavolta, a differenza della partenza, avrebbero fatto il viaggio di ritorno con il Discovery. Se per i primi due non fu una novità, lo fu invece per il terzo che mai in carriera aveva volato su uno Space Shuttle.

Cinque giorni più tardi, il 19 marzo alle 06:32 italiane, il Discovery iniziò piano piano ad allontanarsi dal modulo Destiny, segnando il termine della Expedition 1. Dopo due giorni trascorsi in volo libero, la navetta ebbe l’autorizzazione per rientrare e atterrare sulla pista della NASA del Kennedy Space Center, la Shuttle Landing Facility. Curiosamente, e quasi simbolicamente, due giorni più tardi i responsabili attuarono le procedure per il rientro atmosferico distruttivo della stazione spaziale Mir.

Da sinistra a destra Sergej Krikalëv, William Shepherd e Jurij Gidzenko durante una cerimonia di benvenuto alla base aerea di Ellington Field. Credit: NASA Johnson (Flickr)

Curiosità ed eventi significativi

Vediamo ora alcuni dei fatti rilevanti e statistici avvenuti della storia ventennale della Stazione Spaziale Internazionale. Partiamo dalla cosiddetta manovra di redocking, che consiste nello sganciare un veicolo da un modulo e attraccarlo a uno diverso. In genere è utilizzata per liberare un boccaporto per favorire l’attracco di un’altra navicella. È ciò che successe il 24 febbraio 2001 quando l’equipaggio della Expedition 1 ricollocò la propria Sojuz TM-31 dal modulo Zvezda a Zarja, in previsione dell’arrivo del veicolo cargo Progress M-44. Si tratta di una procedura comune, largamente utilizzata sulla Mir, e fino a oggi sulla Stazione è stata effettuata 18 volte, l’ultima delle quali è avvenuta il 28 agosto 2019 con la Sojuz MS-13.

Spesso le tradizioni spaziali traggono ispirazione da usanze militari e la cerimonia del cambio del comandante non fa eccezione. Forse è il rituale più recente istituito sulla Stazione, ma adesso ciascun nuovo comandante riceve da quello uscente simbolicamente la “chiave della ISS”, la cui forma è simile agli attrezzi utilizzati per sbloccare i boccaporti del segmento russo. Il primo a riceverla è stato l’astronauta NASA Randolph Bresnik il 1º settembre 2017, quando l’allora comandante della Expedition 52, il cosmonauta Fëdor Jurčichin, gliela consegnò in una cerimonia solenne.

A proposito di primi comandanti storici non si può non citare Peggy Whitson che, non solo è stata la prima donna a guidare una spedizione (Expedition 16 – 2007), ma ha ricoperto questo ruolo una seconda volta durante l’Expediton 51 del 2017. Oltre a lei solamente Sunita Williams ha avuto questo privilegio con l’Expedition 33.

Oltre a Stati Uniti e Russia, anche il Belgio, Canada, il Giappone, la Germania e l’Italia hanno avuto l’opportunità di avere un loro astronauta al comando della Stazione Spaziale Internazionale, nell’ordine: Frank De Winne (Expedition 21), Chris Hadfield (Expedition 35), Koichi Wakata (Expedition 39), Alexander Gerst (Expedition 57) e Luca Parmitano (Expedition 61).

Per concludere, ecco alcune date che hanno lasciato il segno per quanto riguarda i veicoli spaziali. L’Agenzia Spaziale Europea tra il 2008 e il 2014 lanciò 5 missioni di rifornimento con il veicolo cargo automatico ATV (o Automated Transfer Vehicle). Il primo di essi, soprannominato Jules Verne, si agganciò al modulo Zvezda il 3 aprile 2008 e vi rimase fino al mese di settembre. A differenza delle Progress, da cui ereditava il sistema di aggancio, era capace di trasportare circa il triplo di carico utile. Inoltre complice l’ampia volumetria interna poteva essere utilizzato dagli astronauti come spazio abitabile extra.

Sicuramente uno degli eventi più importanti e significativi che hanno caratterizzato il 2020 è stato il lancio del primo equipaggio su una navicella privata. Stiamo parlando della missione SpaceX Demo-2 che, grazie alla Crew Dragon prodotta dalla compagnia privata SpaceX, permise agli Stati Uniti il 30 maggio di riavere la capacità di lanciare dal proprio suolo degli astronauti. Un momento atteso per 9 anni, dall’ultimo volo nella missione STS-135 dello Space Shuttle Endeavour.

Per questa seconda parte è tutto. Non ci resta che darvi appuntamento al terzo – e ultimo – articolo della serie, nel quale tratteremo il ruolo italiano (ed europeo) del programma ISS.

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